Discrezionalità del Giudice: la Cassazione Conferma la Pena per Tentato Furto
Quando una sentenza di condanna viene emessa, uno degli aspetti più dibattuti è l’entità della pena. Ma quali sono i limiti per contestarla? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 9054/2024) fa luce su un principio fondamentale del nostro ordinamento: la discrezionalità del giudice nella commisurazione della sanzione penale. Il caso analizzato offre spunti cruciali per comprendere perché un ricorso basato unicamente sulla percezione di una pena ‘troppo alta’ sia destinato a fallire.
I Fatti di Causa
Il procedimento giudiziario trae origine da una sentenza della Corte di Appello che, riformando parzialmente la decisione di primo grado, aveva riqualificato due episodi contestati come tentato furto aggravato. Per uno dei due capi d’imputazione, il procedimento si era concluso con un proscioglimento per mancanza di querela. Per il secondo, invece, l’imputato era stato condannato.
Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la presunta eccessività della pena e il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti. In sostanza, la difesa non contestava la colpevolezza, ma l’entità della sanzione inflitta, ritenendola sproporzionata.
La Decisione della Corte e la Discrezionalità del Giudice
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, bollandolo come manifestamente infondato. La decisione si fonda su un caposaldo della giurisprudenza penale: la graduazione della pena è espressione del potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato nel rispetto dei criteri guida delineati dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di valutare la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo.
La Corte ha sottolineato come non sia compito del giudice di legittimità, quale è la Cassazione, sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, a meno che quest’ultima non sia palesemente illogica o viziata da errori di diritto.
Le Motivazioni
Nelle motivazioni, i giudici hanno chiarito che la Corte d’Appello aveva adempiuto correttamente al proprio onere argomentativo. La sentenza impugnata, infatti, specificava in modo congruo le ragioni che avevano portato a ritenere le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti e alla recidiva, e non prevalenti. In particolare, era stato dato legittimo rilievo agli importanti precedenti penali del ricorrente, un elemento che, secondo la legge, incide direttamente sulla valutazione della sua pericolosità sociale e, di conseguenza, sulla determinazione della pena.
Il giudice di merito aveva quindi esercitato la sua discrezionalità in modo corretto, ancorando la sua decisione a elementi concreti e rilevanti presenti nel fascicolo processuale. Contestare tale valutazione senza evidenziare un vizio logico o una violazione di legge si traduce in una richiesta di nuova valutazione dei fatti, inammissibile in sede di Cassazione.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un concetto fondamentale: non ci si può rivolgere alla Corte di Cassazione come se fosse un terzo grado di giudizio nel merito. Il ricorso è ammissibile solo se denuncia vizi specifici, come l’errata applicazione di una norma o una motivazione inesistente, contraddittoria o manifestamente illogica. La semplice doglianza per una pena ritenuta severa, se adeguatamente motivata dal giudice che ha considerato tutti gli elementi del caso, non costituisce un valido motivo di ricorso. Questa decisione serve da monito: la valutazione dell’entità della pena, se ben argomentata, è un’isola di potere discrezionale del giudice di merito che la Cassazione tende a non sindacare.
È possibile fare ricorso in Cassazione sostenendo semplicemente che la pena è troppo alta?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha stabilito che un ricorso basato unicamente sulla presunta eccessività della pena, senza denunciare una specifica violazione di legge o un’illogicità manifesta nella motivazione del giudice, è inammissibile.
Cosa significa ‘discrezionalità del giudice’ nella determinazione della pena?
Significa che il giudice, nel rispetto dei principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, ha il potere di scegliere la pena più adeguata al caso concreto, bilanciando le circostanze aggravanti, le attenuanti, la gravità del reato e la personalità dell’imputato.
Quali elementi ha considerato il giudice per confermare la pena in questo caso?
Il giudice ha adeguatamente motivato la sua decisione facendo riferimento a elementi ritenuti decisivi, come il bilanciamento di equivalenza tra le attenuanti generiche, le aggravanti contestate e la recidiva, valorizzando legittimamente gli importanti precedenti penali del ricorrente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9054 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9054 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/05/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna che, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, riqualificando entrambi i fatti di cui al capo 1) e capo 2) in tentativo di furto aggrava ha dichiarato, in ordine al capo 1) il non doversi procedere per difetto di querela e, ordine al capo 2,) ha condannato l’imputato per il reato ascrittogli;
Considerato che il primo ed unico motivo di ricorso, con il quale il ricorrente denunzia la violazione di legge penale e processuale in ordine all’eccessività della pena ed al mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ch nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in partico pag. 3 della sentenza impugnata in cui l’organo giudicante specifica le ragioni della confermata equivalenza tra le attenuanti generiche, le aggravanti e la recidiva e motiva il computo del trattamento sanzionatorio), legittimamente valorizzando gli importanti precedenti penali del ricorrente.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 18 gennaio 2024.