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Discrezionalità del giudice sulla pena: appello negato

Un soggetto condannato per tentato furto aggravato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando una pena eccessiva. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, riaffermando il principio secondo cui la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Tale potere, se esercitato con motivazione adeguata e logica, come nel caso di specie che teneva conto dei precedenti penali, non è sindacabile in sede di legittimità.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Discrezionalità del Giudice: la Cassazione Conferma la Pena per Tentato Furto

Quando una sentenza di condanna viene emessa, uno degli aspetti più dibattuti è l’entità della pena. Ma quali sono i limiti per contestarla? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 9054/2024) fa luce su un principio fondamentale del nostro ordinamento: la discrezionalità del giudice nella commisurazione della sanzione penale. Il caso analizzato offre spunti cruciali per comprendere perché un ricorso basato unicamente sulla percezione di una pena ‘troppo alta’ sia destinato a fallire.

I Fatti di Causa

Il procedimento giudiziario trae origine da una sentenza della Corte di Appello che, riformando parzialmente la decisione di primo grado, aveva riqualificato due episodi contestati come tentato furto aggravato. Per uno dei due capi d’imputazione, il procedimento si era concluso con un proscioglimento per mancanza di querela. Per il secondo, invece, l’imputato era stato condannato.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la presunta eccessività della pena e il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti. In sostanza, la difesa non contestava la colpevolezza, ma l’entità della sanzione inflitta, ritenendola sproporzionata.

La Decisione della Corte e la Discrezionalità del Giudice

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, bollandolo come manifestamente infondato. La decisione si fonda su un caposaldo della giurisprudenza penale: la graduazione della pena è espressione del potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato nel rispetto dei criteri guida delineati dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di valutare la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo.

La Corte ha sottolineato come non sia compito del giudice di legittimità, quale è la Cassazione, sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, a meno che quest’ultima non sia palesemente illogica o viziata da errori di diritto.

Le Motivazioni

Nelle motivazioni, i giudici hanno chiarito che la Corte d’Appello aveva adempiuto correttamente al proprio onere argomentativo. La sentenza impugnata, infatti, specificava in modo congruo le ragioni che avevano portato a ritenere le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti e alla recidiva, e non prevalenti. In particolare, era stato dato legittimo rilievo agli importanti precedenti penali del ricorrente, un elemento che, secondo la legge, incide direttamente sulla valutazione della sua pericolosità sociale e, di conseguenza, sulla determinazione della pena.

Il giudice di merito aveva quindi esercitato la sua discrezionalità in modo corretto, ancorando la sua decisione a elementi concreti e rilevanti presenti nel fascicolo processuale. Contestare tale valutazione senza evidenziare un vizio logico o una violazione di legge si traduce in una richiesta di nuova valutazione dei fatti, inammissibile in sede di Cassazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un concetto fondamentale: non ci si può rivolgere alla Corte di Cassazione come se fosse un terzo grado di giudizio nel merito. Il ricorso è ammissibile solo se denuncia vizi specifici, come l’errata applicazione di una norma o una motivazione inesistente, contraddittoria o manifestamente illogica. La semplice doglianza per una pena ritenuta severa, se adeguatamente motivata dal giudice che ha considerato tutti gli elementi del caso, non costituisce un valido motivo di ricorso. Questa decisione serve da monito: la valutazione dell’entità della pena, se ben argomentata, è un’isola di potere discrezionale del giudice di merito che la Cassazione tende a non sindacare.

È possibile fare ricorso in Cassazione sostenendo semplicemente che la pena è troppo alta?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha stabilito che un ricorso basato unicamente sulla presunta eccessività della pena, senza denunciare una specifica violazione di legge o un’illogicità manifesta nella motivazione del giudice, è inammissibile.

Cosa significa ‘discrezionalità del giudice’ nella determinazione della pena?
Significa che il giudice, nel rispetto dei principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, ha il potere di scegliere la pena più adeguata al caso concreto, bilanciando le circostanze aggravanti, le attenuanti, la gravità del reato e la personalità dell’imputato.

Quali elementi ha considerato il giudice per confermare la pena in questo caso?
Il giudice ha adeguatamente motivato la sua decisione facendo riferimento a elementi ritenuti decisivi, come il bilanciamento di equivalenza tra le attenuanti generiche, le aggravanti contestate e la recidiva, valorizzando legittimamente gli importanti precedenti penali del ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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