Discrezionalità del Giudice: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’ordinanza della Corte di Cassazione in esame offre un’importante lezione sul perimetro della discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena e sulle limitate possibilità di censurare tale valutazione in sede di legittimità. Il caso riguarda un ricorso dichiarato inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati, confermando la solidità delle decisioni dei giudici di primo e secondo grado.
I Fatti del Caso
Il procedimento trae origine da una condanna per il reato di cui all’art. 495 del codice penale (falsa attestazione a pubblico ufficiale). L’imputato, a seguito di un giudizio abbreviato, veniva condannato dal Giudice dell’udienza preliminare. Successivamente, la Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la sentenza e riconoscendo le attenuanti generiche come prevalenti sulla recidiva, confermava nel resto la condanna. Insoddisfatto della decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando due specifici vizi della sentenza d’appello.
I Motivi del Ricorso e la Discrezionalità del Giudice
Il ricorrente basava la sua impugnazione su due principali argomentazioni:
1. Vizio di motivazione sulle attenuanti generiche: Si contestava il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche nella loro massima estensione possibile, che avrebbe comportato un’ulteriore riduzione della pena fino al minimo edittale. Secondo la difesa, la Corte d’Appello non avrebbe adeguatamente motivato le ragioni di tale scelta.
2. Violazione di legge sulla pena sostitutiva: Si denunciava la mancata applicazione della pena sostitutiva della libertà controllata, prevista dalla normativa precedente (L. 689/1981), sostenendo che il giudice avrebbe dovuto applicarla in luogo della pena detentiva.
Entrambi i motivi chiamavano in causa i limiti e i contenuti della discrezionalità del giudice nella fase sanzionatoria.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha rigettato entrambe le censure, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. Vediamo nel dettaglio le ragioni della decisione.
Sulla Graduazione della Pena e le Attenuanti
In merito al primo motivo, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la graduazione della pena, inclusa la concessione e la quantificazione delle attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere deve essere esercitato nel rispetto dei criteri guida fissati dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato e capacità a delinquere del reo).
Nel caso specifico, i giudici di legittimità hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione congrua e non illogica. La decisione di non applicare la massima riduzione di pena era stata giustificata valorizzando la “vita anteatta” dell’imputato, segnata da “plurime censure per atti predatori”. Questo elemento, indicativo di una certa pericolosità sociale, è stato considerato un valido fondamento per esercitare la discrezionalità in senso restrittivo. Il ricorso, su questo punto, si limitava a sollecitare una nuova e diversa valutazione di merito, inammissibile in sede di legittimità.
Sull’Applicazione della Pena Sostitutiva
Anche il secondo motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha chiarito che, anche a voler considerare applicabile la disciplina previgente sulle pene sostitutive, la decisione della Corte d’Appello era corretta. Quest’ultima, infatti, aveva operato una prognosi negativa sulla probabilità che l’imputato si attenesse alle prescrizioni della misura della libertà controllata. Tale valutazione prognostica, basata anch’essa su elementi concreti come i precedenti penali, è un presupposto necessario per la concessione delle pene sostitutive. Avendo il giudice di merito motivatamente escluso l’affidabilità del condannato, la sostituzione della pena detentiva non era comunque possibile.
Conclusioni
L’ordinanza ribadisce con forza il principio secondo cui le scelte del giudice di merito relative alla determinazione della pena sono insindacabili in Cassazione, a meno che non siano supportate da una motivazione manifestamente illogica, contraddittoria o basata su una violazione di legge. Il ricorso non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio, dove si tenta di ottenere una valutazione dei fatti più favorevole. La discrezionalità del giudice, se esercitata entro i binari tracciati dalla legge e supportata da una motivazione adeguata, costituisce un pilastro del sistema sanzionatorio penale, volto a personalizzare la pena in base alle specificità del caso concreto e alla personalità dell’autore del reato.
Può la Corte di Cassazione riesaminare la decisione del giudice sulla quantità di pena da applicare?
No, la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione è palesemente illogica o viola la legge, non per rivalutare la scelta fatta.
Perché non sono state concesse le attenuanti generiche nella loro massima estensione?
La Corte d’Appello ha motivato la sua decisione facendo riferimento alla “vita anteatta” dell’imputato, caratterizzata da “plurime censure per atti predatori”, ritenendo tale elemento decisivo per non concedere una riduzione maggiore della pena.
Era possibile applicare una pena sostitutiva come la libertà controllata in questo caso?
No. La Corte d’Appello ha effettuato una prognosi negativa sulla probabilità che l’imputato rispettasse le prescrizioni. Pertanto, anche se la normativa precedente fosse stata astrattamente applicabile, la pena detentiva non sarebbe potuta essere sostituita.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1376 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1376 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 06/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 14/08/1962
avverso la sentenza del 18/04/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
-Rilevato che NOME COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino del 18 aprile 2023 che, nel riformare parzialmente la pronunzia dei Giudice dell’udienza preliminare di Torino del 18 gennaio 2021, a seguito di giudizio abbreviato, ha rideterminato la pena per effetto del riconoscimento delle già concesse attenuanti generiche come prevalenti sulla recidiva, confermando nel resto per il delitto di cui all’art. 495 cod. pen.
-Considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente deduce vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento delle circostanze generiche nella massima estensione con conseguente riduzione della pena al minimo edittale, è manifestamente infondato non confrontandosi con la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e nella individuazione della pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; nella specie l’onere argomentativo del giudice è stato adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (pag. 3 della sentenza impugnata che valorizza ” la vita anteatta, colpita da plurime censure per atti predatori”.);
-Considerato che il secondo motivo, con il quale si denuncia violazione di legge in relazione all’art. 2, comma quarto cod. pen. per la mancata applicazione della pena sostitutiva della libertà controllata di cui ai previgenti artt. 53 ss. I. 689/1981 è manifestamente infondato: anche a voler ritenere applicabile la disciplina anteriore al d.lgs. n. 150/2022, la Corte d’Appello ha operato, ai sensi del previgente art. 58, comma secondo, una prognosi negativa circa il rispetto delle prescrizioni (si veda pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata); pertanto, la pena detentiva non avrebbe potuto, in ogni caso, essere sostituita con la predetta misura.
-Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle :;pese processuall e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.,
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma in data 6 dicembre 2023 Il consigliere estensore COGNOME Il Presidente