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Discrezionalità del giudice: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro la determinazione della pena, ribadendo il principio fondamentale della discrezionalità del giudice di merito. La Corte ha stabilito che la valutazione degli elementi per la graduazione della pena, se motivata adeguatamente secondo gli artt. 132 e 133 c.p., non è sindacabile in sede di legittimità. La ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Discrezionalità del Giudice e Inammissibilità del Ricorso: L’Analisi della Cassazione

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sul principio della discrezionalità del giudice nella determinazione della pena e sui limiti del sindacato della Corte di Cassazione. Quando un ricorso si limita a contestare la quantificazione della sanzione senza evidenziare vizi logici o violazioni di legge, il suo destino è segnato: l’inammissibilità. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere meglio le dinamiche processuali.

I Fatti del Caso

Una persona condannata dalla Corte d’Appello di Napoli ha presentato ricorso per Cassazione avverso la sentenza. L’oggetto della doglianza non riguardava la sussistenza del reato o la colpevolezza, bensì la misura della pena inflitta. La ricorrente, in sostanza, contestava il modo in cui il giudice di merito aveva valutato gli elementi a disposizione per graduare la sanzione, incluse le circostanze aggravanti e attenuanti.

La Decisione della Corte: Piena Discrezionalità del Giudice di Merito

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento penale: la determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice che ha gestito il processo di merito (primo grado e appello). Questo potere non è assoluto, ma deve essere esercitato nel rispetto dei paletti fissati dalla legge, in particolare dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che indicano i criteri guida per il giudice (gravità del reato, capacità a delinquere del reo, etc.).

Il Ruolo Limitato della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito che il suo compito non è quello di sostituirsi al giudice di merito per effettuare una nuova e diversa valutazione sulla congruità della pena. Il suo sindacato è limitato alla verifica che:
1. Il giudice abbia fornito una motivazione.
2. La motivazione non sia manifestamente illogica o contraddittoria.
3. Non vi sia stata una violazione di legge nell’applicazione dei criteri di commisurazione.

Le Motivazioni della Decisione

Nel caso specifico, i giudici di legittimità hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse correttamente esercitato la propria discrezionalità del giudice. La motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata “adeguatamente assolta” attraverso un “congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti”. In altre parole, il giudice di secondo grado aveva spiegato in modo sufficiente e logico perché era giunto a quella determinata quantificazione della pena, tenendo conto di tutti gli elementi del caso. Poiché il ricorso si limitava a proporre una diversa valutazione di quegli stessi elementi, senza denunciare un vero e proprio vizio di legittimità, è stato considerato manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato: un ricorso in Cassazione non può essere una sorta di “terzo grado di giudizio” dove ridiscutere l’entità della pena. Le impugnazioni che si basano su una mera contestazione della valutazione operata dal giudice di merito sono destinate all’insuccesso. Per avere una possibilità di accoglimento, è necessario individuare e dimostrare un errore specifico nella motivazione, come una palese illogicità o una violazione di una norma di legge. La conseguenza pratica dell’inammissibilità è severa: non solo la condanna diventa definitiva, ma il ricorrente viene anche condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende.

Quando un ricorso contro la quantificazione della pena viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando critica la discrezionalità del giudice nella determinazione della pena senza dimostrare una manifesta illogicità nella motivazione o una violazione di legge, poiché tale valutazione rientra nelle prerogative del giudice di merito.

Qual è il ruolo della Corte di Cassazione nel valutare la pena decisa da un altro giudice?
La Corte di Cassazione non ricalcola la pena, ma si limita a verificare che il giudice di merito abbia esercitato la sua discrezionalità nel rispetto dei principi legali (artt. 132 e 133 c.p.) e abbia fornito una motivazione logica e coerente per la sua decisione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, oltre a rendere definitiva la sentenza di condanna impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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