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Discrezionalità del giudice: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro la determinazione della pena, ribadendo che la graduazione rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Se la motivazione della sentenza impugnata è congrua e aderente ai principi di legge (artt. 132 e 133 c.p.), il ricorso non può essere accolto. La decisione sottolinea come la valutazione degli elementi per fissare la pena, incluse circostanze aggravanti e attenuanti, non sia sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente argomentata.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Discrezionalità del Giudice: Quando il Ricorso sulla Pena è Inammissibile

Il principio della discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena è un cardine del nostro sistema penale. Significa che, entro i limiti fissati dalla legge, il magistrato ha il potere di adattare la sanzione alla gravità del reato e alla personalità del colpevole. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire i confini di questo potere e i limiti di un eventuale ricorso. Vediamo come la Suprema Corte ha affrontato un caso in cui un imputato contestava proprio la quantificazione della sua pena.

I Fatti del Caso: La Contestazione della Pena

Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato dalla Corte d’Appello. L’imputato non contestava la sua colpevolezza, bensì il modo in cui i giudici di secondo grado avevano calcolato la pena finale. In particolare, la doglianza riguardava la cosiddetta “graduazione della pena”, ovvero la valutazione delle circostanze aggravanti e attenuanti e la determinazione della pena base. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello non aveva motivato in modo adeguato le proprie scelte, esercitando in modo errato il proprio potere discrezionale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione (cioè non stabilisce se la pena fosse “giusta” o “sbagliata”), ma si ferma a un livello precedente, affermando che il ricorso non poteva nemmeno essere discusso. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Il Principio della Discrezionalità del Giudice

La Corte ha basato la sua decisione su un principio consolidato. La determinazione della pena, inclusa la scelta della pena base e gli aggiustamenti per le circostanze, rientra pienamente nella discrezionalità del giudice di merito (cioè il giudice di primo e secondo grado). Questo potere non è assoluto, ma deve essere esercitato seguendo i criteri guida indicati dagli articoli 132 e 133 del Codice Penale, che impongono di considerare la gravità del danno, l’intensità del dolo o il grado della colpa, i motivi a delinquere e altri elementi.

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse adempiuto al suo obbligo di motivazione. I giudici di merito avevano fatto riferimento a elementi concreti e rilevanti per giustificare la loro decisione. Anzi, la Suprema Corte ha sottolineato che proprio tali valutazioni avevano portato a una riduzione della pena rispetto a quanto forse si sarebbe potuto applicare. Pertanto, attaccare questa valutazione in sede di Cassazione si traduce in una richiesta di riesaminare il merito della vicenda, un’operazione che è preclusa alla Corte di legittimità, il cui compito è solo quello di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame conferma un’importante lezione pratica: un ricorso in Cassazione che si limiti a criticare l’entità della pena decisa dal giudice di merito ha scarse probabilità di successo, a meno che non si dimostri un vizio logico palese o una violazione di legge nella motivazione. Non è sufficiente sostenere che la pena sia “eccessiva”; è necessario provare che il giudice abbia ignorato i criteri di legge o abbia fornito una giustificazione manifestamente illogica o contraddittoria. La discrezionalità del giudice, se correttamente esercitata e motivata, è insindacabile in sede di legittimità. Questo rafforza il ruolo del giudice di merito come unico soggetto deputato a valutare nel concreto tutti gli aspetti del fatto e della personalità dell’imputato per giungere a una pena equa.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la determinazione dell’entità della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La Corte di Cassazione ha ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata fosse adeguata e congrua, e che non spettasse alla Corte di legittimità effettuare una nuova valutazione dei fatti.

Quale potere ha il giudice nel decidere la pena?
Il giudice di merito ha il potere discrezionale di graduare la pena, fissando la pena base e applicando gli aumenti o le diminuzioni per le circostanze aggravanti e attenuanti. Questo potere deve essere esercitato nel rispetto dei principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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