Discrezionalità del Giudice: Quando la Pena Non Può Essere Contestata
Nel sistema penale italiano, la determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo. La legge fornisce dei limiti, ma all’interno di questi spetta al magistrato trovare il giusto equilibrio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui confini invalicabili della discrezionalità del giudice e sui motivi per cui un ricorso basato sulla presunta eccessività della pena può essere respinto.
I Fatti del Caso
Un imputato, a seguito di una condanna da parte della Corte d’Appello, ha presentato ricorso in Cassazione. L’unica doglianza sollevata riguardava l’eccessività del trattamento sanzionatorio, ritenuto sproporzionato rispetto ai fatti commessi. L’obiettivo era ottenere una riduzione della pena inflitta nei precedenti gradi di giudizio.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento: la graduazione della pena è espressione del potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere, se esercitato correttamente, sfugge al controllo della Cassazione, che non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato i fatti.
Le Motivazioni: i limiti della discrezionalità del giudice
La Corte ha spiegato in modo chiaro le ragioni del suo verdetto, offrendo spunti fondamentali sulla discrezionalità del giudice.
1. Natura del Sindacato di Legittimità: Il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti. Il suo scopo è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Contestare la “giustezza” della pena rientra in una valutazione di merito, preclusa alla Suprema Corte.
2. Sufficiente Motivazione: I giudici hanno sottolineato che, affinché la pena sia legittima, è sufficiente che sia sorretta da una motivazione non illogica e adeguata. Non è richiesta una disamina analitica di ogni singolo elemento. Anche espressioni sintetiche come “pena congrua” o “pena equa” possono bastare, specialmente se la sanzione si attesta su valori inferiori alla media edittale prevista dalla legge.
3. Onere Argomentativo: Il potere discrezionale del giudice trova il suo fondamento nell’art. 133 del codice penale, che elenca i criteri per la commisurazione della pena (gravità del reato, capacità a delinquere, etc.). Nel caso specifico, i giudici di merito avevano ampiamente argomentato la loro scelta, tenendo conto della gravità della condotta, esercitando quindi correttamente la loro discrezionalità.
4. Genericità del Ricorso: L’impugnazione è stata giudicata anche priva di concreta specificità, limitandosi a contestare l’entità della pena senza individuare vizi logici o giuridici nel ragionamento dei giudici d’appello.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio consolidato: non ci si può rivolgere alla Corte di Cassazione lamentando semplicemente che una pena sia troppo severa. Per avere successo, un ricorso deve evidenziare un’errata applicazione della legge o un vizio manifesto nella motivazione, come un’argomentazione palesemente illogica, contraddittoria o basata su elementi inesistenti. La discrezionalità del giudice nella quantificazione della pena resta un caposaldo del sistema, un potere ampio ma non arbitrario, il cui corretto esercizio è garantito dall’obbligo di una motivazione coerente e logica.
È possibile contestare in Cassazione una pena ritenuta troppo alta?
No, non se la contestazione riguarda esclusivamente la sua entità. La quantificazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. È possibile contestarla solo se la motivazione è assente, manifestamente illogica o contraddittoria, oppure se viola la legge.
Cosa si intende per ‘discrezionalità del giudice’ nella determinazione della pena?
È il potere-dovere del giudice di commisurare la sanzione al caso specifico, utilizzando i criteri indicati dalla legge (art. 133 c.p.), come la gravità del reato e la personalità dell’imputato, all’interno dei limiti minimi e massimi previsti per quel reato.
Perché il ricorso in esame è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava unicamente l’eccessività della pena, un aspetto di merito non valutabile in Cassazione, e perché la decisione della Corte d’Appello era supportata da una motivazione considerata sufficiente e non illogica.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10668 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10668 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 29/08/1993
avverso la sentenza del 09/07/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si contesta l’eccessività del trattamento sanzionatorio, oltre ad essere privo di concreta specificità, non è consentito in quanto inerente al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione;
che, invero, trattandosi di esercizio della discrezionalità attribuita al giudice del merito, la graduazione della pena – sia con riguardo alla individuazione della pena base che in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previste per le circostanze e per i reati in continuazione – sfugge al sindacato di legittimità laddove la relativa determinazione, sorretta da sufficiente motivazione, non sia stata frutto di mero arbitrio o di ragionamento manifestamente illogico;
che, in particolare, l’onere argomentativo del giudice può ritenersi adeguatamente assolto attraverso il richiamo agli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. ritenuti decisivi o rilevanti ovvero attraverso espressioni del tipo “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, non essendo necessaria una specifica e dettagliata motivazione nel caso in cui venga irrogata una pena inferiore alla media edittale;
che, nella specie, i giudici del merito hanno correttamente esercitato la discrezionalità attribuita, ampiamente argomentando sul punto (si veda, in particolare, pag. 2 sulla congruità ed adeguatezza della pena, che è stata ridotta, tenendo tuttavia conto della gravità della condotta posta in essere);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 18 febbraio 2025.