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Discrezionalità del giudice: quando il ricorso è vago

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22412/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello di Firenze, ritenendolo privo di specificità. Il caso verte sulla discrezionalità del giudice nel determinare la pena. La Corte ha stabilito che, per pene inferiori alla media edittale, non è richiesta una motivazione dettagliata, essendo sufficienti espressioni come ‘pena congrua’. Anche il diniego delle attenuanti generiche è legittimo se motivato dall’assenza di elementi positivi, senza dover analizzare ogni singolo aspetto.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Discrezionalità del Giudice e Motivazione della Pena: L’Ordinanza della Cassazione

La recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, fornisce chiarimenti cruciali sui limiti dell’impugnazione in materia di sanzioni e sul perimetro della discrezionalità del giudice di merito. Con una decisione netta, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile un ricorso, giudicato troppo generico, ribadendo principi fondamentali sulla motivazione della pena e sul riconoscimento delle attenuanti. Questo provvedimento è un monito sull’importanza di formulare ricorsi specifici e tecnicamente fondati.

I Fatti del Caso

Un imputato, a seguito di una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Firenze, ha presentato ricorso per Cassazione. Le sue doglianze si concentravano esclusivamente su due aspetti: il trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivo, e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. L’appellante lamentava, in sostanza, un cattivo esercizio del potere decisionale da parte dei giudici di merito nella quantificazione della pena.

L’Analisi della Corte e la discrezionalità del giudice

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso bollandolo come inammissibile per mancanza di ‘concreta specificità’. I giudici supremi hanno sottolineato che i giudici di merito avevano esercitato correttamente la loro discrezionalità del giudice, esplicitando in modo adeguato le ragioni del loro convincimento. La decisione si articola su due pilastri fondamentali.

La Motivazione sulla Quantificazione della Pena

Un punto centrale della decisione riguarda l’onere di motivazione nella dosimetria della pena. La Corte ha chiarito che, quando la pena inflitta è inferiore alla media edittale (ovvero la media tra il minimo e il massimo previsti dalla legge per quel reato), non è necessaria una motivazione analitica e dettagliata.

In tali circostanze, l’obbligo di motivazione può considerarsi assolto attraverso l’uso di espressioni sintetiche ma significative come ‘pena congrua’, ‘pena equa’ o ‘congruo aumento’. Questo orientamento mira a snellire il processo decisionale e a riconoscere l’ampio margine di valutazione che la legge affida al giudice di merito, a patto che la decisione finale sia ragionevole e non si discosti in modo palese ed immotivato dai parametri legali.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Anche riguardo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato. Il giudice non è tenuto a prendere in considerazione e a confutare ogni singolo elemento, favorevole o sfavorevole, dedotto dalle parti o emergente dagli atti.

È invece sufficiente che la motivazione si basi su un ‘congruo riferimento’ agli elementi negativi ritenuti decisivi, oppure sulla constatazione dell’assenza di elementi positivi di rilievo. Una volta effettuata questa valutazione, tutti gli altri argomenti proposti dalla difesa si considerano implicitamente superati e disattesi.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda sulla necessità di preservare l’autonomia e la discrezionalità del giudice di merito nelle valutazioni che gli sono proprie, come la determinazione della pena. Il ricorso per Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito, dove si ripropone semplicemente una diversa valutazione dei fatti già esaminati. L’impugnazione è ammissibile solo se denuncia vizi specifici di legittimità, come una motivazione mancante, palesemente illogica o contraddittoria, e non una mera divergenza di opinioni sulla congruità della sanzione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame ha importanti implicazioni pratiche per la difesa. Dimostra che un ricorso basato su una generica lamentela contro l’entità della pena, senza individuare specifici errori nel ragionamento del giudice, è destinato all’inammissibilità. Per avere successo, l’atto di impugnazione deve articolare critiche precise, evidenziando dove e come il giudice abbia violato la legge o sia incorso in un vizio logico nel suo percorso argomentativo. Questa pronuncia rafforza l’idea che la valutazione del trattamento sanzionatorio è un’area in cui la discrezionalità del giudice di merito, se correttamente esercitata, è difficilmente censurabile in sede di legittimità.

Quando un ricorso contro la quantificazione della pena è considerato inammissibile per genericità?
Un ricorso è considerato generico e quindi inammissibile quando si limita a contestare l’entità della pena senza individuare specifici vizi logici o errori di diritto nel ragionamento del giudice, ma lamentando semplicemente un non corretto esercizio del potere discrezionale.

È sempre necessaria una motivazione dettagliata per la pena inflitta?
No. Secondo la Corte, qualora la pena irrogata sia inferiore alla media edittale, non è necessaria una motivazione specifica e dettagliata. Sono sufficienti espressioni sintetiche come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’ per assolvere l’onere motivazionale.

Come deve motivare il giudice il diniego delle attenuanti generiche?
Il giudice non è tenuto ad analizzare tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli. È sufficiente che motivi il diniego facendo riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o all’assenza di elementi positivi, ritenendo così implicitamente superati tutti gli altri argomenti a favore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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