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Discrezionalità del giudice: quando è insindacabile?

Un’ordinanza della Cassazione Penale stabilisce che la discrezionalità del giudice nel quantificare la pena, se motivata e non illogica, è insindacabile. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le attenuanti generiche erano già state applicate nella massima estensione.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Discrezionalità del Giudice nella Pena: Limiti e Insindacabilità secondo la Cassazione

L’esercizio della discrezionalità del giudice nella determinazione della pena rappresenta uno dei cardini del sistema penale. Tuttavia, quali sono i confini di questo potere e quando può essere contestato? Con l’ordinanza n. 30901/2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la graduazione della pena, se correttamente motivata e non arbitraria, sfugge al sindacato di legittimità. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il Caso in Esame: Un Ricorso contro la Determinazione della Pena

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’unico motivo di doglianza riguardava la quantificazione della pena. Secondo il ricorrente, la motivazione della Corte territoriale era viziata, nonostante il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e la conseguente riduzione della sanzione. La questione sottoposta alla Suprema Corte era, quindi, se la valutazione operata dal giudice di merito sulla misura della pena fosse censurabile in sede di legittimità.

La Discrezionalità del Giudice: Un Potere Ancorato alla Legge

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per riaffermare i principi che governano la materia. La graduazione della pena è un’attività che rientra pienamente nella discrezionalità del giudice di merito. Questo potere, tuttavia, non è assoluto o arbitrario, ma deve essere esercitato nel rispetto dei paletti fissati dal legislatore.

I Criteri Guida degli Artt. 132 e 133 del Codice Penale

Il giudice deve attenersi ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 del codice penale. Questi articoli impongono al magistrato di tenere conto della gravità del reato (valutando la natura, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione, la gravità del danno o del pericolo cagionato) e della capacità a delinquere del colpevole (considerando i motivi a delinquere, il carattere del reo, i suoi precedenti e, in generale, la sua condotta di vita).

Quando la Motivazione Rende la Scelta Insindacabile

La decisione sulla pena diventa insindacabile in Cassazione quando non è il risultato di un mero arbitrio o di un ragionamento illogico, ma è supportata da una motivazione sufficiente. Il compito della Suprema Corte non è quello di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma solo di verificare che quest’ultima sia conforme alla legge e logicamente coerente.

La Decisione sul Ricorso Specifico

Nel caso specifico, la Cassazione ha osservato che la Corte d’Appello non solo aveva riconosciuto le circostanze attenuanti generiche, ma le aveva applicate nella loro massima estensione possibile. La pena era stata, infatti, ridotta nella misura massima di un terzo, come previsto dalla legge. Di fronte a una tale applicazione, che già rappresentava il trattamento più favorevole per l’imputato sotto quel profilo, il ricorso volto a ottenere un’ulteriore, imprecisata diminuzione di pena risultava privo di fondamento.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto che il ricorso dovesse essere dichiarato inammissibile. La motivazione della sentenza impugnata era stata considerata adeguata, poiché la scelta sulla pena era stata esercitata nell’ambito del potere discrezionale del giudice di merito, senza arbitrarietà o illogicità. La Corte ha sottolineato che, essendo state le attenuanti generiche già concesse nella massima misura, non vi era ulteriore spazio per una riduzione della pena su tale base. Pertanto, il ricorso non superava il vaglio di ammissibilità, portando alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni

L’ordinanza in commento consolida un orientamento giurisprudenziale pacifico: la discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena è ampia, ma non illimitata. Il suo esercizio è legittimo e insindacabile in Cassazione a condizione che sia ancorato ai criteri legali e sorretto da una motivazione congrua e non manifestamente illogica. La decisione serve da monito: un ricorso per cassazione che si limiti a contestare l’entità della pena senza evidenziare vizi di legittimità concreti, come l’arbitrarietà o una palese illogicità della motivazione, è destinato all’inammissibilità.

Quando è possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
Solo quando la decisione sulla pena è frutto di mero arbitrio, di un ragionamento palesemente illogico o è priva di una motivazione sufficiente, in violazione dei principi stabiliti dagli artt. 132 e 133 del codice penale.

Cosa significa che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice?
Significa che il giudice, nel rispetto dei limiti minimi e massimi previsti dalla legge, ha il potere di scegliere la pena più adeguata al caso concreto, basandosi su una valutazione ponderata della gravità del reato e della personalità del colpevole.

In questo caso, perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché la Corte d’Appello aveva già esercitato correttamente la propria discrezionalità, riconoscendo le circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione e riducendo la pena nella misura massima di un terzo. La decisione era quindi ben motivata e non arbitraria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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