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Discrezionalità del giudice: limiti e motivazione pena

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso sul trattamento sanzionatorio, ribadendo l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella determinazione della pena. La pronuncia chiarisce che, in assenza di arbitrarietà o illogicità manifesta, la motivazione può essere sintetica, utilizzando formule come ‘pena congrua’, specialmente se la sanzione è inferiore alla media edittale.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Discrezionalità del giudice: quando la motivazione della pena è insindacabile?

La discrezionalità del giudice nella determinazione della pena rappresenta uno dei pilastri del nostro sistema penale. Tuttavia, quali sono i confini di questo potere? Fino a che punto una decisione sulla quantificazione della pena può essere contestata in Cassazione? Con l’ordinanza n. 22896/2024, la Suprema Corte torna su questo tema cruciale, offrendo chiarimenti importanti sui limiti del sindacato di legittimità e sui requisiti di motivazione richiesti al giudice di merito.

Il caso in esame

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino. L’unico motivo di doglianza riguardava il trattamento sanzionatorio, ritenuto ingiusto e immotivato. La ricorrente contestava, in sostanza, il modo in cui i giudici di secondo grado avevano esercitato il loro potere discrezionale nel definire l’entità della condanna.

La decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La Corte ha stabilito che i giudici di merito avevano correttamente esercitato la loro discrezionalità, esplicitando in modo adeguato le ragioni del loro convincimento. La decisione finale ha quindi confermato la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: la vasta discrezionalità del giudice nella pena

Il cuore della pronuncia risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha respinto il ricorso. I giudici supremi hanno ribadito un principio consolidato: la graduazione della pena è un’attività che rientra pienamente nella discrezionalità del giudice di merito. Questo potere si estende a tutti gli aspetti della sanzione:

* Individuazione della pena base: la scelta del punto di partenza all’interno della cornice edittale.
* Aumenti e diminuzioni: la valutazione delle circostanze aggravanti e attenuanti.
* Bilanciamento delle circostanze: la decisione su quale circostanza debba prevalere o se debbano essere considerate equivalenti.

Secondo la Corte, queste valutazioni sfuggono al sindacato di legittimità a condizione che siano supportate da una motivazione sufficiente e non siano il risultato di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. Non è compito della Cassazione sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato i fatti.

La Corte ha inoltre precisato che l’obbligo di motivazione può essere assolto anche in forma sintetica. Non è sempre necessaria una disamina dettagliata di ogni singolo elemento previsto dall’art. 133 del codice penale. Espressioni come “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento” possono essere sufficienti, specialmente quando la pena inflitta è inferiore alla media prevista dalla legge per quel reato.

Le Conclusioni: implicazioni pratiche

L’ordinanza in esame rafforza la posizione e l’autonomia dei giudici di merito nel definire la giusta pena per il caso concreto. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Onere della prova per chi ricorre: Chi intende impugnare una sentenza per la sola quantificazione della pena deve dimostrare non una semplice divergenza di valutazione, ma un vizio grave della motivazione, come l’arbitrarietà o la manifesta illogicità. Si tratta di un onere probatorio molto difficile da assolvere.
2. Stabilità delle decisioni: Questo orientamento garantisce una maggiore stabilità alle sentenze di merito, evitando che la Cassazione si trasformi in un terzo grado di giudizio sui fatti.
3. Fiducia nel giudizio di merito: La Corte suprema conferma la fiducia nel prudente apprezzamento del giudice che, avendo diretto contatto con le prove e le parti processuali, è nella posizione migliore per calibrare la sanzione.

Quando la Corte di Cassazione può rivedere la decisione di un giudice sulla quantità della pena?
La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione della sentenza è assente, puramente apparente, arbitraria o manifestamente illogica. Non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito semplicemente perché ritiene più equa una pena diversa.

È sempre necessaria una motivazione dettagliata per giustificare l’entità della pena?
No. Secondo questa ordinanza, l’obbligo di motivazione è adeguatamente assolto anche con l’uso di espressioni sintetiche come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’, oppure richiamando gli elementi ritenuti decisivi ai sensi dell’art. 133 cod. pen., soprattutto se la pena irrogata è inferiore alla media edittale.

Cosa succede se un ricorso basato solo sulla misura della pena viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro, a titolo di sanzione, in favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, tale somma è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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