Discrezionalità del Giudice nella Determinazione della Pena: Un’Analisi della Cassazione
La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale. La legge fornisce dei criteri, ma spetta al magistrato tradurli in una sanzione concreta. Questo potere, noto come discrezionalità del giudice, è fondamentale ma non illimitato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire i confini di questo potere e l’importanza di una motivazione adeguata.
I Fatti del Caso: Lesioni e Violenza Privata
Il caso trae origine da una sentenza della Corte di Appello che aveva parzialmente riformato una condanna di primo grado per i reati di lesioni personali aggravate e violenza privata. La Corte territoriale, riconoscendo la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, aveva rideterminato la pena finale in otto mesi di reclusione.
Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione. Il motivo principale della sua doglianza riguardava proprio il trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivamente severo. A suo dire, i giudici non avrebbero tenuto adeguatamente conto dei disagi personali da cui era affetto, che avrebbero dovuto giustificare una pena ancora più mite.
La Decisione della Corte e il Ruolo della Discrezionalità del Giudice
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. La decisione si fonda su un principio consolidato della giurisprudenza: la graduazione della pena è espressione della discrezionalità del giudice di merito, il quale la esercita seguendo i principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale.
Il motivo del ricorso: una pena ritenuta eccessiva
Il ricorrente lamentava un vizio di motivazione, sostenendo che la pena inflitta fosse sproporzionata. Tuttavia, la sua argomentazione si basava su un generico riferimento a ‘disagi’ personali, senza fornire elementi specifici in grado di incrinare la logicità della decisione dei giudici di appello.
La valutazione della Suprema Corte
Gli Ermellini hanno evidenziato come il giudice di merito avesse adempiuto al proprio onere motivazionale. La Corte di Appello non solo aveva considerato le circostanze attenuanti, ma le aveva ritenute prevalenti, un’operazione che aveva già portato a un significativo abbassamento della pena. Infatti, la pena base era stata fissata in un anno di reclusione, a fronte di un anno e tre mesi stabiliti in primo grado. Questo dimostra un esercizio concreto e ponderato del potere discrezionale.
Le Motivazioni
La Corte ha ribadito che il controllo di legittimità sulla motivazione in tema di trattamento sanzionatorio non può trasformarsi in un nuovo giudizio di merito. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato le prove e conosciuto direttamente le parti del processo. Il suo compito è verificare che la decisione sia logica, coerente e non contraddittoria.
Nel caso specifico, la motivazione della Corte di Appello è stata giudicata ‘congrua’ e adeguata. I giudici avevano fatto riferimento a elementi decisivi emersi nel processo per giustificare la pena inflitta. Di conseguenza, il generico richiamo ai disagi dell’imputato non era sufficiente a scalfire la solidità di una motivazione ben argomentata, che si inseriva correttamente nel perimetro della discrezionalità del giudice.
Conclusioni
Questa ordinanza conferma un punto cruciale del nostro sistema penale: la discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena è ampia, ma deve essere sempre ancorata ai criteri legali e supportata da una motivazione trasparente e logica. Un ricorso in Cassazione che si limiti a contestare l’entità della pena senza evidenziare vizi logici o violazioni di legge è destinato all’inammissibilità. La decisione finale non è un mero calcolo matematico, ma il risultato di una valutazione complessa che, se ben motivata, è difficilmente censurabile in sede di legittimità. Per il condannato, ciò si è tradotto non solo nella conferma della pena, ma anche nella condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Un imputato può ottenere una pena più mite basandosi su generici disagi personali?
No, secondo questa ordinanza, un semplice riferimento a disagi personali non è sufficiente per contestare la pena decisa dal giudice. È necessario che la motivazione della sentenza presenti vizi logici o violazioni di legge, poiché la determinazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, se correttamente esercitata e motivata.
Come esercita il giudice la sua discrezionalità nel quantificare una pena?
Il giudice esercita la sua discrezionalità valutando tutti gli elementi previsti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, come la gravità del fatto, le modalità dell’azione e la personalità del colpevole. Deve bilanciare le circostanze aggravanti e attenuanti e fornire una motivazione chiara e logica a supporto della sua decisione.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che la sentenza impugnata diventi definitiva e non possa più essere contestata. Inoltre, il soggetto che ha proposto il ricorso viene condannato a pagare le spese del procedimento e una somma di denaro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10056 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10056 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/06/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
-Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Torino del 30 giugno 2023 ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale cittadino in ordine al reato di lesioni personali aggravate (artt. 582 e 585 cod. pen. capo A) e violenza privata (art.610 cod. pen. capo B), valutando in regime di prevalenza le già riconosciute circostanze attenuanti generiche e rideterminando la pena inflitta in mesi otto di reclusione;
Ritenuto che il primo ed unico motivo – con cui il ricorrente lamenta vizio di motivazione quanto al trattamento sanzioNOMErio irrogatogli che sarebbe dovuto essere più mite in considerazione dei disagi da cui è affetto – è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti: a seguito del giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche la Corte territoriale ha fissato la pena base in anni 1 di reclusione laddove il giudice di primo grado aveva fissato la pena base in anni 1 e mesi 3 di reclusione.
Rilevato pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7/2/2024