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Discrezionalità del giudice: limiti al riesame in Cassazione

Un imputato ha contestato la sua condanna, ritenendola eccessiva. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella determinazione della pena. La Suprema Corte ha specificato che per pene inferiori alla media edittale non è richiesta una motivazione dettagliata, essendo sufficiente che le ragioni siano desumibili dal contesto della sentenza, come nel caso di specie, dove si è tenuto conto dei precedenti penali dell’imputato.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Discrezionalità del Giudice: la Cassazione fissa i paletti sulla motivazione della pena

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti della discrezionalità del giudice nella determinazione della pena e sul sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare su tale valutazione. La Suprema Corte ha ribadito che, specialmente quando la sanzione è contenuta, la motivazione può essere sintetica, purché ancorata a elementi concreti come la personalità dell’imputato e i suoi precedenti.

Il caso in esame: un ricorso contro la quantificazione della pena

I fatti all’origine della pronuncia riguardano un ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la sua condanna a due mesi di arresto. Il ricorrente lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivo.

La Corte d’Appello aveva giustificato la pena inflitta sulla base della gravità del fatto e, soprattutto, della personalità dell’imputato, gravato da numerosi precedenti penali e già destinatario in passato di una misura di sorveglianza speciale e di un’altra condanna per violazione del foglio di via obbligatorio.

La decisione della Corte di Cassazione: il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 577/2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile, definendolo manifestamente infondato. Secondo i giudici di legittimità, le censure sollevate dal ricorrente erano di mero fatto e miravano a ottenere una nuova valutazione degli elementi processuali, attività preclusa in sede di Cassazione. La Corte ha colto l’occasione per riaffermare alcuni principi cardine in materia di determinazione e motivazione della pena.

Le motivazioni: i principi sulla discrezionalità del giudice e sull’onere di motivazione

La decisione si fonda su consolidati principi giurisprudenziali che delineano il perimetro del potere del giudice di merito e del controllo di legittimità.

La Discrezionalità del Giudice secondo l’art. 133 c.p.

Il fulcro della questione risiede nel potere discrezionale che la legge, all’art. 133 del codice penale, conferisce al giudice di merito per la determinazione della pena. Questo potere deve essere esercitato valutando una serie di criteri, come la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole. La Cassazione ha ricordato che tale valutazione è insindacabile in sede di legittimità, a condizione che sia argomentata e non sia il risultato di un mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.

Il Limite alla Motivazione per pene sotto la media

Un punto cruciale evidenziato dall’ordinanza riguarda l’onere di motivazione. La Corte ha precisato che, qualora venga irrogata una pena inferiore alla media edittale (il punto medio tra il minimo e il massimo previsto dalla legge), non è necessaria un’argomentazione specifica e dettagliata da parte del giudice. In questi casi, il parametro valutativo può essere desunto implicitamente dal testo complessivo della sentenza. Nel caso specifico, il richiamo ai numerosi precedenti penali dell’imputato è stato ritenuto un elemento sufficiente a giustificare la pena di due mesi di arresto, adempiendo così all’obbligo di motivazione.

Le conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione riafferma con forza l’autonomia e la discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena. Essa stabilisce che un ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. Per l’imputato che intende contestare la quantificazione della pena, non è sufficiente lamentarne l’eccessività, ma è necessario dimostrare un vizio logico manifesto o un’arbitrarietà nella valutazione del giudice. In assenza di tali vizi, e soprattutto in presenza di una pena contenuta e giustificata da elementi concreti come i precedenti penali, il controllo di legittimità si arresta, confermando la decisione dei giudici di merito.

La Corte di Cassazione può riesaminare la congruità di una pena decisa da un giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito la congruità della pena. Il suo compito è limitato a verificare che la decisione del giudice sia motivata in modo non arbitrario o illogico, senza procedere a una nuova valutazione dei fatti.

Un giudice deve sempre fornire una motivazione dettagliata quando decide l’entità di una pena?
Non sempre. Secondo l’ordinanza, quando la pena inflitta è al di sotto della media edittale, non è necessaria un’argomentazione specifica e dettagliata, poiché le ragioni della decisione possono essere desunte dal complesso della motivazione della sentenza.

Quali elementi ha considerato la Corte per ritenere adeguata la motivazione sulla pena in questo caso?
La Corte ha ritenuto sufficiente la motivazione basata sulla gravità del fatto e sulla personalità dell’imputato. Quest’ultima è stata desunta dai numerosi precedenti penali, dalla precedente sottoposizione alla sorveglianza speciale e da una successiva condanna per un reato della stessa indole.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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