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Discrezionalità del giudice: limiti al ricorso Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro la mancata applicazione della massima riduzione di pena per le attenuanti generiche. La sentenza ribadisce che la discrezionalità del giudice di merito nella quantificazione della sanzione non è sindacabile in sede di legittimità, se la motivazione non è palesemente illogica o arbitraria.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Discrezionalità del Giudice e Pena: quando la Cassazione dice No

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso in Cassazione quando si contesta la misura della pena. In particolare, la Corte Suprema si è pronunciata sul tema della discrezionalità del giudice nel concedere le attenuanti generiche, stabilendo principi chiari su quando una doglianza di questo tipo possa essere considerata ammissibile. Questo caso ci permette di approfondire come e perché il potere del giudice di merito nel quantificare la pena sia ampio, ma non illimitato.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Firenze. Quest’ultima, decidendo in sede di rinvio dalla stessa Cassazione, aveva parzialmente riformato la condanna di primo grado. Pur concedendo le circostanze attenuanti generiche, la Corte d’Appello aveva rideterminato la pena in 10 mesi di reclusione e 300 euro di multa.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha deciso di ricorrere nuovamente in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. L’unico motivo del ricorso era incentrato sulla mancata applicazione della riduzione della pena nella misura massima di un terzo, che la legge prevede come limite per le attenuanti.

La Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione si fonda su due pilastri: i motivi del ricorso non erano consentiti in sede di legittimità e, in ogni caso, erano manifestamente infondati.

Di conseguenza, la Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione prevista proprio per i ricorsi inammissibili.

Le Motivazioni: la Discrezionalità del Giudice e i Limiti del Ricorso

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nel principio della discrezionalità del giudice di merito. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato: la graduazione della pena, inclusa la determinazione degli aumenti per le aggravanti e delle diminuzioni per le attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice che valuta i fatti (primo e secondo grado).

Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato in aderenza ai principi guida stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono al giudice di tenere conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del colpevole.

La Cassazione, in quanto giudice di legittimità, non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. Il suo compito non è decidere se la pena sia ‘giusta’ o ‘congrua’, ma solo verificare che la decisione sia stata presa nel rispetto della legge e con una motivazione logica e non contraddittoria. Pertanto, un ricorso che si limita a chiedere una nuova e diversa valutazione sulla congruità della pena, senza dimostrare che la decisione del giudice di merito sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, è destinato a essere dichiarato inammissibile.

Nel caso specifico, la Suprema Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse adeguatamente motivato le ragioni per cui non aveva concesso la massima riduzione per le attenuanti generiche, rendendo così l’impugnazione infondata.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio fondamentale del nostro sistema processuale penale: la determinazione della pena è un compito affidato alla prudente valutazione del giudice di merito. Il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato come un ‘terzo grado’ di giudizio per ridiscutere l’entità della sanzione. Solo in presenza di una motivazione palesemente viziata da illogicità o arbitrarietà, la Suprema Corte può intervenire. Per i difensori, ciò significa che un ricorso sulla quantificazione della pena deve essere attentamente costruito, non sulla base di una mera richiesta di clemenza, ma dimostrando una reale violazione dei criteri legali o un difetto logico nel percorso argomentativo del giudice.

È possibile contestare in Cassazione la misura della riduzione della pena decisa dal giudice?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione sulla congruità della pena. Un ricorso è ammissibile solo se si dimostra che la decisione del giudice di merito è frutto di arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.

Cosa si intende per discrezionalità del giudice nella determinazione della pena?
Si intende il potere del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) di graduare la pena, incluse le riduzioni per le attenuanti, basandosi sui principi degli articoli 132 e 133 del codice penale, come la gravità del reato e la personalità dell’imputato.

In quali casi un ricorso contro la quantificazione della pena può essere accolto dalla Cassazione?
Un ricorso di questo tipo può essere accolto solo quando la determinazione della pena da parte del giudice di merito non sia semplicemente ritenuta ‘severa’, ma sia il risultato di un palese arbitrio o di un ragionamento illogico e contraddittorio, come evidenziato nella motivazione della sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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