Discrezionalità del Giudice: la Cassazione Conferma i Limiti all’Impugnazione della Pena
L’esercizio della discrezionalità del giudice nella determinazione della pena rappresenta uno dei pilastri del nostro sistema sanzionatorio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 22710 del 2024, offre un’importante occasione per ribadire i confini entro cui tale potere può essere esercitato e i limiti del sindacato di legittimità su di esso. La pronuncia chiarisce perché una contestazione generica sulla misura della pena sia destinata all’inammissibilità se non supportata da vizi concreti di illogicità o arbitrarietà.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato, condannato nei gradi di merito per i reati di tentata rapina impropria e lesioni personali. L’appellante non contestava la sua responsabilità penale, ma si doleva esclusivamente della quantificazione della pena operata dalla Corte di Appello di Bologna, ritenendola eccessiva. Il ricorso per cassazione si fondava, infatti, su un unico e generico motivo: la critica al trattamento sanzionatorio applicato dai giudici.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la graduazione della pena è un’attività che rientra pienamente nel potere discrezionale del giudice di merito. Di conseguenza, questa scelta non può essere messa in discussione davanti alla Cassazione, a meno che non emergano profili di manifesta illogicità, arbitrarietà o assenza di motivazione.
Le Motivazioni: La Discrezionalità del Giudice e il Ruolo della Cassazione
La Corte ha spiegato che la legge, attraverso gli articoli 132 e 133 del codice penale, fornisce al giudice i criteri guida per commisurare la pena alla gravità del reato e alla capacità a delinquere del reo. L’applicazione di tali criteri costituisce una valutazione di merito che, se adeguatamente motivata, sfugge al controllo della Corte di Cassazione. Il ruolo della Suprema Corte non è quello di un terzo grado di giudizio sui fatti, ma di custode della corretta applicazione della legge (sindacato di legittimità).
Nel caso specifico, i giudici di merito avevano fornito una motivazione sufficiente a giustificare la loro decisione, evidenziando le ragioni per cui la pena si era discostata, seppur di poco, dal minimo edittale. L’assenza di un ragionamento palesemente illogico o contraddittorio ha reso la decisione incensurabile in sede di legittimità. Il ricorso, essendo basato su una critica generica e non su uno specifico vizio di legge, è stato quindi ritenuto inammissibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: non basta un semplice disaccordo con la pena inflitta per ottenere una sua riforma in Cassazione. È necessario dimostrare che il giudice di merito abbia esercitato la sua discrezionalità in modo arbitrario o senza fornire una giustificazione logica e coerente. Questa pronuncia serve da monito: i ricorsi generici, volti a ottenere una semplice rivalutazione della pena, non solo non hanno possibilità di successo, ma comportano anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende. Per un’efficace difesa, è quindi indispensabile concentrarsi su eventuali vizi di legittimità concreti e dimostrabili.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice di merito?
No, una contestazione generica sulla misura della pena non è ammissibile. La sua determinazione rientra nella discrezionalità del giudice di merito e può essere sindacata in sede di legittimità solo se la decisione è frutto di mero arbitrio, di un ragionamento palesemente illogico o se è priva di una motivazione sufficiente.
Quali principi guidano il giudice nella determinazione della pena?
Il giudice deve esercitare il suo potere discrezionale attenendosi ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 del codice penale, i quali impongono di valutare la gravità del reato (considerando natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo dell’azione, gravità del danno) e la capacità a delinquere del colpevole.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro a favore della Cassa delle Ammende. Inoltre, non viene esaminato il merito della questione, rendendo definitiva la sentenza impugnata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22710 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22710 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/09/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna che ha confermato la responsabilità dell’imputato per i reati di tentata rapina impropria e lesioni personali;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale genericamente si contesta la determinazione del trattamento sanzionatorio operata dai giudici di merito, non è consentito in quanto la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., e sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (si veda, in particolare, pag. 2 sulle ragioni dell’esiguo scostamento dal minimo edittale);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE, non ravvisandosi cause d’esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma il 7 maggio 2024
La Consigliera estensore
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