La Discrezionalità del Giudice nella Pena: Limiti e Poteri
L’applicazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale. Ma fino a che punto un imputato può contestare la decisione del giudice? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 14550/2024) offre un’importante occasione per approfondire il tema della discrezionalità del giudice nella determinazione della sanzione, chiarendo i confini del sindacato di legittimità.
I Fatti del Ricorso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino. Il ricorrente lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione per due ragioni principali: il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione e l’entità degli aumenti di pena applicati a titolo di continuazione tra i reati.
In sostanza, l’imputato non contestava la sua colpevolezza, ma riteneva che la pena inflitta fosse eccessivamente severa e che i giudici di merito non avessero valutato correttamente gli elementi a suo favore per mitigarla.
La Decisione della Cassazione e la Discrezionalità del Giudice
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile per manifesta infondatezza. Il fulcro della decisione risiede in un principio consolidato del nostro ordinamento: la graduazione della pena è espressione della discrezionalità del giudice di merito. Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato seguendo i criteri guida stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di valutare la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo.
La Cassazione ha chiarito che il suo ruolo non è quello di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di primo e secondo grado, ma di verificare che la decisione sia stata presa nel rispetto della legge e supportata da una motivazione logica e coerente. Se la motivazione esiste e non presenta vizi palesi, la scelta del giudice di merito è insindacabile in sede di legittimità.
Le Motivazioni
Nel motivare la sua decisione, la Corte ha sottolineato come il giudice d’appello avesse adeguatamente adempiuto al proprio onere argomentativo. La sentenza impugnata, infatti, conteneva un “congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti” per giustificare sia il limitato riconoscimento delle attenuanti sia l’entità degli aumenti per la continuazione. I giudici di merito avevano, quindi, spiegato le ragioni della loro scelta, rendendola immune da censure.
Un altro aspetto interessante dell’ordinanza riguarda la posizione della parte civile. La Corte ha stabilito che non era dovuta alcuna liquidazione delle spese processuali a suo favore, non solo perché non richieste, ma soprattutto perché la parte civile non era legittimata a intervenire in un giudizio che verteva esclusivamente sul trattamento sanzionatorio penale, un aspetto che non incide direttamente sui suoi interessi risarcitori.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: non si può ricorrere in Cassazione semplicemente perché non si è d’accordo con la quantità di pena inflitta. L’appello alla Suprema Corte deve basarsi sulla denuncia di un errore di diritto o di un vizio logico manifesto nella motivazione, non su una diversa interpretazione degli elementi fattuali. La discrezionalità del giudice di merito, se correttamente esercitata e motivata, rimane un pilastro del sistema sanzionatorio, garantendo che la pena sia il più possibile adeguata alla specificità del singolo caso.
È possibile contestare in Cassazione la quantità di pena decisa dal giudice di merito?
No, se la contestazione riguarda unicamente la valutazione discrezionale del giudice. Il ricorso è ammissibile solo se si lamenta una violazione di legge o un vizio logico della motivazione, non se si propone semplicemente una diversa valutazione degli elementi già considerati dal giudice.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché è stato ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha stabilito che la graduazione della pena e degli aumenti per la continuazione rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, nel caso di specie, aveva motivato in modo adeguato la sua decisione, rispettando i criteri di legge.
Perché la parte civile non ha ottenuto il pagamento delle spese processuali in Cassazione?
Per due ragioni: in primo luogo, perché non ne aveva fatto richiesta. In secondo luogo, e in via dirimente, la Corte ha ritenuto che la parte civile non fosse legittimata a partecipare a un giudizio di legittimità che riguardava esclusivamente il trattamento sanzionatorio penale, e non gli aspetti civilistici della condanna.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14550 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14550 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME, nato a Udine il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/07/2023 della Corte d’appello di Torino dato avviso alle parti;
letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, difensore della parte civile RAGIONE_SOCIALE, il quale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile e l conferma della sentenza impugnata;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento nella massima estensione delle concesse circostanze attenuanti generiche e all’entità degli aumenti operati a titolo di continuazione, è manifestamente Infondato poiché la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti per continuazione, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai criter enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
che nella specie l’onere argomentativo del giudice è stato adeguatamente assolto, per respingere le medesime doglianze proposte in appello, attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si vedano, i particolare, le pagg. 4 e 5);
•
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, c condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma d euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
ritenuto, infine, che non si deve provvedere alla liquidazione delle s processuali della parte civile sia in quanto essa non ne ha fatto richiest 11402- 01: ct, twite quanto, in ogni caso, la stessa si deve reputare 96neegittimata1a costituir interloquire in un giudizio di legittimità che, come nel caso di specie, a esclusivamente al capo della sentenza di condanna che riguarda il trattamen sanzionatorio.
P.Q.NII.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso, in data 6 marzo 2024.