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Discrezionalità del giudice e pena: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la determinazione della pena, ribadendo che la valutazione rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Se la decisione è motivata logicamente, come in questo caso dove si è tenuto conto della personalità dell’imputato e del danno arrecato, non è censurabile in sede di legittimità.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Discrezionalità del Giudice: Quando la Pena non si Può Contestare in Cassazione

La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, un’attività che la legge affida alla discrezionalità del giudice. Ma cosa significa esattamente e quali sono i limiti di questo potere? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 43323/2024) offre chiarimenti cruciali, stabilendo che un ricorso basato unicamente sul dissenso verso la quantificazione della pena, senza evidenziare vizi logici nella motivazione, è destinato all’inammissibilità.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’unico motivo di doglianza riguardava il trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivo. Secondo la difesa, la Corte territoriale non aveva motivato adeguatamente la decisione di non applicare la pena nella misura minima prevista dalla legge. Il ricorrente, in sostanza, lamentava una graduazione della pena a suo dire ingiusta, chiedendo alla Corte di Cassazione di rivalutare la decisione dei giudici di merito.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla discrezionalità del giudice

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: la valutazione e la quantificazione della pena rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere, esercitato nel rispetto dei principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del Codice Penale, non è sindacabile in sede di legittimità.

L’intervento della Cassazione è ammesso solo in casi eccezionali, ovvero quando la motivazione del giudice di merito risulta palesemente illogica, arbitraria o contraddittoria. Nel caso di specie, il ricorso è stato giudicato totalmente generico e aspecifico, poiché non si confrontava concretamente con le ragioni esposte nella sentenza d’appello, limitandosi a esprimere un mero dissenso.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha sottolineato come la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione chiara e coerente per la sua decisione. I giudici di secondo grado avevano infatti considerato attentamente diversi fattori cruciali per escludere la concessione della pena minima. In particolare, avevano valorizzato:

1. La personalità dell’imputato: un elemento chiave nella valutazione complessiva del fatto.
2. L’entità del danno: il pregiudizio significativo arrecato alla persona offesa dal reato.
3. L’assenza di tentativi di rimedio: l’imputato non aveva mostrato alcuna volontà di rimediare, neanche parzialmente, alle conseguenze della sua condotta.

Questi elementi, secondo la Cassazione, giustificavano ampiamente la decisione di infliggere una pena superiore al minimo edittale, escludendo ogni profilo di arbitrarietà o illogicità. La discrezionalità del giudice era stata, quindi, esercitata correttamente, all’interno dei binari tracciati dalla legge e dalla logica.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma con forza i confini del sindacato di legittimità sul trattamento sanzionatorio. Chi intende contestare in Cassazione la misura di una pena non può limitarsi a una critica generica, ma deve dimostrare in modo specifico e puntuale un vizio grave nella motivazione del giudice, come l’irragionevolezza manifesta o l’arbitrio. La discrezionalità del giudice rimane un pilastro del sistema penale, a condizione che sia supportata da una motivazione congrua e aderente ai criteri normativi. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’atto di appello e il successivo ricorso devono essere costruiti non su una semplice speranza di riduzione della pena, ma sulla rigorosa allegazione di un errore logico-giuridico nel percorso decisionale del giudice.

Quando è possibile contestare in Cassazione la misura di una pena decisa da un giudice?
La misura della pena può essere contestata in Cassazione solo se la motivazione del giudice di merito è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico, e non semplicemente perché si ritiene la pena troppo severa. Il ricorso non può essere generico.

Quali elementi considera un giudice per determinare la pena?
Il giudice, nell’esercizio della sua discrezionalità, considera i principi enunciati negli artt. 132 e 133 del codice penale. Nel caso specifico, sono stati valutati la personalità dell’imputato, l’entità del danno arrecato alla persona offesa e l’assenza di tentativi di porvi rimedio.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende. La sentenza impugnata diventa definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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