Discrezionalità del Giudice: la Cassazione fissa i paletti per i ricorsi sulla pena
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna a fare luce su un tema centrale del diritto penale: i limiti del sindacato sulla discrezionalità del giudice nella determinazione della pena. Con la decisione in esame, i giudici supremi hanno dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati, ribadendo che la valutazione sulla congruità della sanzione è un’attività quasi esclusiva del giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità se non per vizi logici macroscopici.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dai ricorsi presentati da due individui contro una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. Entrambi i ricorsi si concentravano esclusivamente sulla questione della pena inflitta. 
Il primo ricorrente lamentava due aspetti: l’eccessività della pena complessiva, calcolata in continuazione tra più reati, e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Il secondo ricorrente, pur avendo ottenuto il riconoscimento di una circostanza attenuante, contestava l’entità della diminuzione di pena applicata dal giudice, ritenendola insufficiente.
La Decisione della Cassazione e la Discrezionalità del Giudice
La Corte di Cassazione ha respinto entrambi i ricorsi, dichiarandoli inammissibili. La decisione si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza: la graduazione della pena, così come la valutazione delle circostanze attenuanti e aggravanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere deve essere esercitato seguendo i criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del colpevole, etc.), ma la scelta finale non può essere messa in discussione davanti alla Cassazione.
L’intervento della Corte Suprema è possibile solo quando la motivazione del giudice di merito è talmente illogica o contraddittoria da risultare inesistente o puramente apparente. In questo caso, invece, i giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse adeguatamente giustificato le proprie decisioni.
Le motivazioni della Corte
Analizzando i singoli motivi di ricorso, la Corte ha specificato che:
1.  Sull’eccessività della pena: La quantificazione della pena base e gli aumenti o le diminuzioni per le varie circostanze sono espressione della discrezionalità del giudice. Non è compito della Cassazione sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato i fatti. Nel caso specifico, la motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata congrua e adeguata.
2.  Sulle attenuanti generiche: Anche il diniego delle attenuanti generiche è una valutazione di merito. La Corte ha ricordato che il giudice non è obbligato a esaminare analiticamente tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli portati dalla difesa. È sufficiente che indichi quali elementi ha ritenuto decisivi per la sua scelta, superando implicitamente tutti gli altri. La motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta esente da evidenti illogicità.
3.  Sull’entità della riduzione per l’attenuante: Similmente al primo punto, la determinazione della misura della riduzione di pena per un’attenuante riconosciuta rientra pienamente nella discrezionalità del giudice e non è sindacabile in questa sede.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma che i ricorsi in Cassazione basati unicamente sulla percezione di un’ingiusta severità della pena hanno scarse probabilità di successo. Per ottenere un annullamento, non basta sostenere che la pena sia ‘troppo alta’, ma è necessario dimostrare un vizio logico grave e manifesto nel ragionamento del giudice di merito. La decisione sottolinea l’importanza di costruire una solida difesa già nei primi gradi di giudizio, dove la valutazione dei fatti e della personalità dell’imputato ha il suo fulcro. Per gli avvocati, ciò significa che l’appello alla Corte Suprema deve concentrarsi su errori di diritto o su palesi contraddizioni nella motivazione, piuttosto che tentare una nuova valutazione nel merito della congruità della sanzione.
 
Posso ricorrere in Cassazione se ritengo che la mia pena sia eccessiva?
No, non è possibile ricorrere in Cassazione contestando semplicemente l’eccessività della pena. Tale valutazione rientra nella discrezionalità del giudice di merito e può essere censurata solo se la motivazione della sentenza è manifestamente illogica o contraddittoria, non per una diversa valutazione della congruità della sanzione.
Cosa si intende per ‘discrezionalità del giudice’ nella determinazione della pena?
Si intende il potere che la legge conferisce al giudice di merito di stabilire la misura concreta della pena (pena base, aumenti per aggravanti, diminuzioni per attenuanti) all’interno dei limiti edittali, basandosi sui criteri legali degli articoli 132 e 133 del codice penale, come la gravità del danno e la capacità a delinquere del reo.
Il giudice deve spiegare perché non ha concesso le attenuanti generiche analizzando ogni elemento a mio favore?
No. Secondo la Corte, per motivare il diniego delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice di merito prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti. È sufficiente che faccia riferimento agli elementi ritenuti decisivi per la sua decisione, implicitamente disattendendo o superando tutti gli altri.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4498 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4498  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a SANTA MARIA CAPUA VETERE il DATA_NASCITA
NOME COGNOME nato a CASERTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/03/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Letti i ricorsi di COGNOME e COGNOME
Ritenuto che il primo motivo del ricorso COGNOME che contesta l’eccessività della pena in continuazione non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artti 132 e 133 cod. pen. che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag della sentenza impugnata);
Ritenuto che il secondo motivo del ricorso COGNOME che contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in presenza (si veda pag. 5 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che fa riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione;
Ritenuto che il motivo di ricorso del COGNOME che contesta l’entità della diminuzione per la riconosciuta attenuante non è consentito dalle legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 13 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, particolare pag. 5 della sentenza impugnata);
Rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila ciasc:uno alla cassa delle ammende
Roma 9/01/24