LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Discrezionalità del giudice: Cassazione e pena congrua

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una condanna per reati contro il patrimonio culturale. La sentenza ribadisce la vasta discrezionalità del giudice nella determinazione della pena, specificando che l’uso di formule come “pena congrua” è sufficiente, a meno che la sanzione non sia eccessivamente superiore alla media edittale. L’impugnazione non può mirare a una mera rivalutazione nel merito della congruità della pena.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Discrezionalità del giudice e pena: quando il ricorso è inammissibile

L’ordinanza n. 26712/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti dell’impugnazione in materia di quantificazione della pena, sottolineando l’ampia discrezionalità del giudice di merito. Il caso analizzato riguarda un ricorso dichiarato inammissibile, con la Corte che ribadisce principi consolidati sulla sufficienza di una motivazione sintetica, come l’uso dell’espressione “pena congrua”, per giustificare la sanzione inflitta.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale ha origine da una condanna emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Napoli. L’imputato era stato ritenuto colpevole del reato previsto dall’art. 176 del d.lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), con assorbimento del concorrente reato di ricettazione (art. 648 c.p.). La pena inflitta era di 5 mesi e 10 giorni di reclusione, oltre a una multa.

L’imputato ha proposto ricorso per cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Mancanza di motivazione: si lamentava che la Corte d’Appello si fosse limitata a confermare la sentenza di primo grado “per relationem”, senza analizzare specificamente le critiche mosse nell’atto di appello.
2. Violazione dell’art. 133 c.p.: si contestava la dosimetria della pena, ritenuta eccessiva.

La Decisione della Corte: la discrezionalità del giudice è sovrana

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi. Per quanto riguarda la presunta mancanza di motivazione, i giudici di legittimità hanno osservato che la Corte d’Appello non si era limitata a un mero richiamo della prima sentenza, ma aveva fondato la sua decisione anche su elementi concreti come il verbale di perquisizione e sequestro e la relazione peritale, ritenuti privi di vizi.

Il punto cruciale della decisione, tuttavia, riguarda il secondo motivo, relativo alla quantificazione della pena. La Corte ha riaffermato che la graduazione del trattamento sanzionatorio rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere deve essere esercitato seguendo i principi degli artt. 132 e 133 del codice penale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte Suprema ha chiarito che, per adempiere all’obbligo di motivazione sulla pena, è sufficiente che il giudice utilizzi espressioni sintetiche come “pena congrua”, “pena equa” o faccia riferimento alla gravità del reato e alla capacità a delinquere dell’imputato. Una motivazione specifica e dettagliata è richiesta solo quando la pena inflitta sia di gran lunga superiore alla misura media prevista dalla legge per quel reato. Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva giustificato il diniego delle attenuanti generiche e la quantificazione della pena in base al valore del bene e a una prognosi negativa sulla futura condotta dell’imputato, esercitando correttamente la propria discrezionalità del giudice.

Citando un consolidato orientamento giurisprudenziale, la Corte ha specificato che nel giudizio di cassazione è inammissibile una censura che miri a una nuova valutazione della congruità della pena, a meno che la determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. Il ricorso, in sostanza, non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio di merito.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la determinazione della pena è una prerogativa quasi esclusiva del giudice di merito. Per chi intende impugnare una sentenza per questo motivo, non è sufficiente lamentare una presunta eccessività della sanzione. È invece necessario dimostrare un vizio logico manifesto nel ragionamento del giudice o una palese violazione dei criteri legali. In assenza di tali vizi, il ricorso che si limita a sollecitare una valutazione più favorevole sulla congruità della pena è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.

È possibile contestare in Cassazione una pena ritenuta troppo severa?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una semplice rivalutazione della congruità della pena. Il ricorso è ammissibile solo se si dimostra che la decisione del giudice di merito è frutto di un errore di diritto, di un ragionamento palesemente illogico o di arbitrarietà.

Quando il giudice deve motivare in modo dettagliato la quantità della pena inflitta?
Secondo la sentenza, una motivazione dettagliata è richiesta solo quando la pena applicata è notevolmente superiore alla media edittale prevista per quel tipo di reato. In tutti gli altri casi, sono sufficienti formule sintetiche come “pena congrua” o un richiamo alla gravità del fatto.

Cosa succede se il ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale e confermato in questo caso, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati