Discrezionalità del Giudice: Quando il Ricorso sulla Pena è Inammissibile
La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui si manifesta la discrezionalità del giudice. Tuttavia, questo potere non è assoluto. Con l’ordinanza n. 3540/2024, la Corte di Cassazione torna a tracciare i confini del sindacato di legittimità sulla quantificazione della sanzione, chiarendo quando un ricorso che lamenta una pena eccessiva rischia di essere dichiarato inammissibile.
I Fatti del Processo
Il caso nasce da una sentenza della Corte di Appello che, riformando parzialmente una decisione di primo grado, aveva condannato un imputato per una serie di reati, tra cui detenzione illegale di armi. La pena finale era stata rideterminata in un anno e due mesi di reclusione e cinquecento euro di multa, anche a seguito del riconoscimento di attenuanti generiche e della prescrizione di un’altra contravvenzione.
L’imputato, non soddisfatto della pena inflitta, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge riguardo al trattamento sanzionatorio. In particolare, la difesa sosteneva che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente considerato le modalità concrete dei fatti nel calcolare l’aumento di pena per la continuazione tra i reati.
Il Ricorso in Cassazione e la Discrezionalità del Giudice
Il fulcro del ricorso verteva sulla critica alla valutazione operata dai giudici di merito. Secondo il ricorrente, l’aumento di pena non era stato motivato in modo sufficientemente approfondito, ignorando elementi che avrebbero dovuto portare a una sanzione più mite. La doglianza mirava, in sostanza, a ottenere una nuova e più favorevole valutazione degli stessi elementi già esaminati nei gradi precedenti.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto categoricamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La motivazione si fonda su un principio consolidato: la valutazione degli elementi utili a determinare la pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere, se esercitato in modo logico, congruente e coerente, non può essere censurato in sede di legittimità.
La Cassazione ha chiarito che l’onere di motivazione del giudice non richiede un’analisi dettagliata di ogni singolo parametro indicato dall’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo, etc.). È sufficiente che la decisione sia giustificata da un ragionamento non manifestamente illogico e che non si basi su errori di diritto.
Il ricorso è stato giudicato “fortemente generico e meramente assertivo” perché non denunciava un vizio di legittimità, ma si limitava a sollecitare una riconsiderazione del merito, cosa preclusa alla Corte di Cassazione. Chiedere di “valorizzare” elementi che si presumono trascurati equivale a chiedere un nuovo giudizio di fatto, non un controllo sulla corretta applicazione della legge.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un’importante lezione pratica: per contestare la misura della pena in Cassazione non basta lamentarsi della sua severità. È necessario individuare un vizio specifico nel ragionamento del giudice, come una palese illogicità o una violazione di legge. Un ricorso generico, che si limita a proporre una diversa lettura dei fatti, è destinato all’inammissibilità. Tale esito comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una condanna al pagamento di tremila euro.
È possibile contestare in Cassazione la misura della pena decisa da un giudice?
Sì, ma solo se si lamenta un errore di diritto o un vizio logico manifesto nella motivazione del giudice. Non è possibile chiedere alla Cassazione di rivalutare nel merito gli elementi già considerati dal giudice per decidere la pena, poiché tale valutazione rientra nella sua discrezionalità.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato ritenuto “fortemente generico e meramente assertivo” perché non ha evidenziato vizi di legge o illogicità nel ragionamento della Corte d’Appello, ma si è limitato a chiedere una nuova valutazione di elementi che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3540 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3540 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MAGISTRO NOME nato a TRIGGIANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/10/2022 della CORTE APPELLO di BARI er v,/ a c pte n udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Bari ha parzialmente riformato la decisione del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale della stessa città del 18/01/2017, che aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME, in ordine ai reati di cui agli artt. 648 e 697 cod. pen., nonché 10 e 14 legge 14 ottobre 1974, n. 497 e, infine, 23 legge 18 aprile 1975, n. 110 e – previo assorbimento del primo reato nell’alveo previsionale della seconda fattispecie incriminatrice, oltre che con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e, infine, con declaratoria di estinzione per intervenuta prescrizione della contravvenzione ex art. 697 cod. pen. – ha rideterminato la pena inflitta in primo grado all’imputato, quanto alle residue imputazioni, nella misura di anni uno e mesi due di reclusione ed euro cinquecento di multa.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME propone, tramite il proprio difensore AVV_NOTAIO, ricorso per cassazione, deducendo erronea applicazione della legge ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., quanto al trattamento sanzionatorio, in riferimento all’operato aumento a titolo di continuazione. La difesa si duole che la Corte di appello non abbia tenuto conto in sede di quantificazione dell’aumento di pena – delle modalità concrete, in base alle quali si è determinato il reato.
Il ricorso è inammissibile, in quanto fortemente generico e meramente assertivo. Deve, invero, osservarsi che la valutazione attinente ad aspetti che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito – laddove questo risulti esercitato congruamente, logicamente ed anche in coerenza con il principio di diritto secondo il quale l’onere motivazionale da soddisfare non richiede necessariamente l’esame di tutti i parametri fissati dall’art. 133 cod. pen. – si sottrae alle censure che reclamino una rivalutazione in fatto di elementi già oggetto di valutazione, ovvero la valorizzazione di elementi che si assumano essere stati indebitamente pretermessi nell’apprezzamento del giudice impugnato.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone la declaratoria di inammissibilità. Segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non potendosi escludere profili di colpa – anche alla sanzione in favore della cassa delle ammende (Corte cost. n. 186 del 2000) che si ritiene equo quantificare in euro tremila.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso in Roma, il 07 dicembre 2023.