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Discrezionalità del giudice: Cassazione e pena

Un imputato ha presentato ricorso in Cassazione contro la determinazione della pena, ritenendola ingiusta. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione sulla misura della sanzione rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Tale potere non è sindacabile se esercitato in modo logico e coerente, anche senza un’analisi esplicita di ogni singolo parametro normativo. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Discrezionalità del Giudice: Quando il Ricorso sulla Pena è Inammissibile

La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui si manifesta la discrezionalità del giudice. Tuttavia, questo potere non è assoluto. Con l’ordinanza n. 3540/2024, la Corte di Cassazione torna a tracciare i confini del sindacato di legittimità sulla quantificazione della sanzione, chiarendo quando un ricorso che lamenta una pena eccessiva rischia di essere dichiarato inammissibile.

I Fatti del Processo

Il caso nasce da una sentenza della Corte di Appello che, riformando parzialmente una decisione di primo grado, aveva condannato un imputato per una serie di reati, tra cui detenzione illegale di armi. La pena finale era stata rideterminata in un anno e due mesi di reclusione e cinquecento euro di multa, anche a seguito del riconoscimento di attenuanti generiche e della prescrizione di un’altra contravvenzione.

L’imputato, non soddisfatto della pena inflitta, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge riguardo al trattamento sanzionatorio. In particolare, la difesa sosteneva che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente considerato le modalità concrete dei fatti nel calcolare l’aumento di pena per la continuazione tra i reati.

Il Ricorso in Cassazione e la Discrezionalità del Giudice

Il fulcro del ricorso verteva sulla critica alla valutazione operata dai giudici di merito. Secondo il ricorrente, l’aumento di pena non era stato motivato in modo sufficientemente approfondito, ignorando elementi che avrebbero dovuto portare a una sanzione più mite. La doglianza mirava, in sostanza, a ottenere una nuova e più favorevole valutazione degli stessi elementi già esaminati nei gradi precedenti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto categoricamente le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. La motivazione si fonda su un principio consolidato: la valutazione degli elementi utili a determinare la pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere, se esercitato in modo logico, congruente e coerente, non può essere censurato in sede di legittimità.

La Cassazione ha chiarito che l’onere di motivazione del giudice non richiede un’analisi dettagliata di ogni singolo parametro indicato dall’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo, etc.). È sufficiente che la decisione sia giustificata da un ragionamento non manifestamente illogico e che non si basi su errori di diritto.

Il ricorso è stato giudicato “fortemente generico e meramente assertivo” perché non denunciava un vizio di legittimità, ma si limitava a sollecitare una riconsiderazione del merito, cosa preclusa alla Corte di Cassazione. Chiedere di “valorizzare” elementi che si presumono trascurati equivale a chiedere un nuovo giudizio di fatto, non un controllo sulla corretta applicazione della legge.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un’importante lezione pratica: per contestare la misura della pena in Cassazione non basta lamentarsi della sua severità. È necessario individuare un vizio specifico nel ragionamento del giudice, come una palese illogicità o una violazione di legge. Un ricorso generico, che si limita a proporre una diversa lettura dei fatti, è destinato all’inammissibilità. Tale esito comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una condanna al pagamento di tremila euro.

È possibile contestare in Cassazione la misura della pena decisa da un giudice?
Sì, ma solo se si lamenta un errore di diritto o un vizio logico manifesto nella motivazione del giudice. Non è possibile chiedere alla Cassazione di rivalutare nel merito gli elementi già considerati dal giudice per decidere la pena, poiché tale valutazione rientra nella sua discrezionalità.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato ritenuto “fortemente generico e meramente assertivo” perché non ha evidenziato vizi di legge o illogicità nel ragionamento della Corte d’Appello, ma si è limitato a chiedere una nuova valutazione di elementi che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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