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Discrezionalità del giudice: Cassazione e pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato furto aggravato. La sentenza ribadisce che la valutazione dei fatti e l’ampia discrezionalità del giudice nel determinare la pena, se motivata logicamente, non sono sindacabili in sede di legittimità, specialmente se la pena è giustificata dalla gravità del reato e dai precedenti dell’imputato.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Discrezionalità del giudice: quando la pena è insindacabile?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27281/2024, è tornata a pronunciarsi su un tema centrale del diritto penale: la discrezionalità del giudice nella determinazione della pena. Questa decisione ribadisce con chiarezza i confini del giudizio di legittimità, sottolineando come la valutazione dei fatti e la quantificazione della sanzione, se adeguatamente motivate, rientrino nel potere esclusivo dei giudici di merito. L’ordinanza offre spunti fondamentali per comprendere perché un ricorso basato su tali aspetti rischi quasi certamente di essere dichiarato inammissibile.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna per tentato furto aggravato in concorso, emessa dal Tribunale di Bergamo e successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Brescia. All’imputato era stata inflitta una pena di due mesi di reclusione e duecento euro di multa. Non ritenendosi soddisfatto della decisione, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando vizi relativi sia alla ricostruzione dei fatti e alla valutazione del materiale probatorio, sia al trattamento sanzionatorio ritenuto eccessivo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi distinti ma collegati: l’impossibilità di rivalutare i fatti in sede di legittimità e l’ampio potere discrezionale del giudice di merito nella commisurazione della pena.

Le Motivazioni della Corte sulla discrezionalità del giudice

La Corte ha innanzitutto chiarito che le censure mosse dall’imputato relative alla ricostruzione della vicenda e all’apprezzamento delle prove non sono ammesse nel giudizio di Cassazione. Quest’ultimo è un giudizio di legittimità, il cui scopo è verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare il merito dei fatti. Se il giudice dei gradi precedenti ha fornito una motivazione congrua, logica e basata su corrette massime di esperienza, la sua valutazione è insindacabile.

Il cuore della decisione, però, riguarda il trattamento sanzionatorio. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la determinazione della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere viene esercitato correttamente anche quando il giudice valuta globalmente gli elementi indicati nell’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del colpevole, ecc.) senza una disamina analitica di ciascuno.

Nel caso specifico, la pena inflitta è stata considerata legittima per due ragioni principali:

1. Entità della Pena: La sanzione non era superiore alla media edittale. In tali circostanze, la giurisprudenza costante non richiede una motivazione particolarmente dettagliata da parte del giudice.
2. Giustificazione Concreta: La Corte ha ritenuto che la pena fosse stata legittimamente giustificata in relazione alla gravità del reato e, soprattutto, alla personalità dell’imputato, come desunta dai suoi numerosi precedenti penali. Il giudice non è tenuto a considerare ogni singolo elemento favorevole addotto dalla difesa, essendo sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento rappresenta un’importante conferma dei limiti del ricorso per Cassazione. Essa chiarisce che tentare di trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito, volto a ottenere una nuova valutazione dei fatti o una riconsiderazione della pena, è una strategia destinata al fallimento. La discrezionalità del giudice di merito, se esercitata entro i binari della legge e supportata da una motivazione logica, anche se sintetica, è sovrana. Per gli operatori del diritto, ciò significa che i motivi di ricorso devono concentrarsi esclusivamente su vizi di legge o su manifeste illogicità della motivazione, senza sperare in una revisione completa del processo.

È possibile contestare la ricostruzione dei fatti davanti alla Corte di Cassazione?
No, il ricorso in Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. La Corte non può riesaminare i fatti o valutare nuovamente le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici precedenti, a condizione che la loro motivazione sia logica e adeguata.

Quando è legittima la discrezionalità del giudice nel decidere l’entità della pena?
La discrezionalità del giudice è legittima quando la pena viene stabilita all’interno dei limiti minimi e massimi previsti dalla legge. Il giudice deve basare la sua decisione sui criteri dell’art. 133 del codice penale (come la gravità del reato e la personalità del reo), e una motivazione anche sintetica è sufficiente per giustificare la scelta.

Il giudice deve motivare dettagliatamente una pena non superiore alla media prevista dalla legge?
No. Secondo la Corte, se la pena irrogata non supera la “media edittale” (il punto intermedio tra il minimo e il massimo della pena prevista), non è necessaria un’argomentazione particolarmente dettagliata da parte del giudice per giustificarne l’entità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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