Discrezionalità del Giudice: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui confini invalicabili del giudizio di legittimità, in particolare per quanto riguarda la discrezionalità del giudice nella valutazione delle prove e nella commisurazione della pena. Con la pronuncia in esame, i Giudici Supremi hanno ribadito un principio fondamentale: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti, ma un organo deputato a controllare la corretta applicazione della legge. Analizziamo insieme questa importante decisione.
Il Caso Processuale
La vicenda trae origine da un ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza di condanna della Corte d’Appello. Il ricorrente lamentava due aspetti principali: in primo luogo, un’errata qualificazione giuridica dei fatti, proponendo di fatto una ricostruzione alternativa delle vicende basata su una diversa interpretazione delle prove; in secondo luogo, contestava il trattamento sanzionatorio, ritenendo ingiustificata la pena inflittagli dal giudice del merito.
I Motivi del Ricorso: Tra Fatto e Diritto
Il ricorrente ha tentato di portare all’attenzione della Suprema Corte due questioni distinte:
1. Errata Valutazione delle Prove: Si contestava il modo in cui i giudici di merito avevano interpretato le prove, suggerendo una diversa lettura che avrebbe portato a una differente qualificazione del reato. Questa censura, tuttavia, mirava a una rivalutazione del fatto, attività preclusa in sede di legittimità.
2. Violazione della Discrezionalità del Giudice: L’imputato criticava la quantificazione della pena, sostenendo che i giudici non avessero adeguatamente motivato la loro scelta, violando così i principi che regolano l’esercizio del potere discrezionale.
La Decisione della Corte: i Limiti alla Discrezionalità del Giudice
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. I giudici hanno chiarito che il primo motivo era generico e tendeva a sollecitare una nuova valutazione delle prove, estranea al giudizio di cassazione. La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero correttamente inquadrato i fatti nella fattispecie di cui all’art. 628 del codice penale, fornendo un’ampia e logica motivazione.
Relativamente al secondo motivo, quello sulla discrezionalità del giudice nella determinazione della pena, la Corte ha ribadito che tale potere non è sindacabile in Cassazione se non in casi eccezionali, ovvero quando la decisione è frutto di puro arbitrio o di un ragionamento manifestamente illogico. Nel caso di specie, la pena era stata fissata in una misura vicina al minimo edittale, e secondo la Corte, tale scelta non richiede una motivazione analitica, poiché la sua stessa entità ridotta permette di desumere implicitamente che il giudice abbia tenuto conto dei criteri di cui all’art. 133 del codice penale in senso favorevole all’imputato.
Le Motivazioni
La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità basandosi su principi consolidati. In primo luogo, il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un appello mascherato. Il suo scopo è garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle norme processuali, non riesaminare il merito delle decisioni. Qualsiasi tentativo di indurre la Corte a una “rivalutazione delle fonti probatorie” o a una “alternativa ricostruzione dei fatti” è destinato a fallire.
In secondo luogo, per quanto riguarda la pena, la graduazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere è ampio e può essere censurato solo se esercitato in modo palesemente irragionevole. Se la pena inflitta è vicina al minimo legale, si presume che il giudice abbia considerato positivamente gli elementi di valutazione, e una giustificazione specifica e dettagliata non è necessaria, essendo implicita nella mitezza della sanzione stessa.
Le Conclusioni
L’ordinanza in commento rappresenta un’importante conferma dei limiti del sindacato della Corte di Cassazione. La decisione riafferma che non è possibile contestare in sede di legittimità l’apprezzamento dei fatti compiuto dai giudici di merito, né la quantificazione della pena, a meno che non emerga una palese illogicità o arbitrarietà. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a causa dell’evidente infondatezza del suo ricorso.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione non è un giudice di merito e non può effettuare una nuova valutazione delle prove o una ricostruzione alternativa dei fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non sostituire il proprio giudizio a quello dei giudici dei gradi precedenti.
Quando si può contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
La contestazione della pena è possibile solo in casi limitati. Il ricorso è ammesso solo se la determinazione della pena da parte del giudice di merito è sorretta da una motivazione manifestamente illogica o è frutto di mero arbitrio, ma non per una semplice divergenza sulla sua congruità.
Il giudice deve sempre giustificare in modo dettagliato una pena vicina al minimo previsto dalla legge?
No. Secondo la Corte, quando viene irrogata una pena corrispondente o prossima al minimo edittale, non è necessaria un’espressa e dettagliata giustificazione. La stessa scelta di una sanzione mite lascia desumere, anche implicitamente, che il giudice abbia considerato i criteri di valutazione in modo favorevole all’imputato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19047 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19047 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PISA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/09/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, in punto di qualificazione giuridica privo di concreta specificità e tende a prefigurare una rivalutazione delle probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valut diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato del pr giudizio ed avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisam di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che, invero, i giudici del merito hanno correttamente sussunto il fatto, come ricostruito, nella fattispecie di cui all’art. 628 cod. pen., ampi esplicitando le ragioni del loro convincimento (si veda, in particolare, pag. 4
considerato che il secondo motivo, inerente al trattamento sanzioNOMErio, non è consentito in quanto, trattandosi di esercizio della discrezionalità attrib giudice del merito, la graduazione della pena – sia con riguardo alla individuaz della pena base, che in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previste pe circostanze e per i reati in continuazione – non può costituire oggetto di ri per cassazione laddove la relativa determinazione, sorretta da suffici motivazione, non sia stata frutto di mero arbitrio o di ragioname manifestamente illogico;
che, invero, l’uso del potere discrezionale non deve essere espressamente giustificato nell’ipotesi in cui venga irrogata una pena in misura corrisponden minimo edittale o prossima a tale minimo in quanto, proprio in ragione della rido entità della sanzione determinata, è possibile desumere, anche implicitamente, quale modo abbiano influito i criteri fissati dall’art. 133 cod. pen., come avv nella specie (si vedano pagg. 2 e 4);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con l condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso, il 19 marzo 2024.