Discrezionalità del Giudice: la Cassazione Conferma i Limiti del Ricorso
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale penale: la quantificazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non può essere oggetto di una nuova valutazione in sede di legittimità, a meno che non emergano vizi logici o violazioni di legge. L’ordinanza n. 44919/2024 offre uno spunto cruciale per comprendere i confini tra il giudizio di merito e quello della Suprema Corte.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato dalla difesa di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. L’unico motivo di doglianza riguardava il trattamento sanzionatorio. In particolare, la difesa sosteneva che, pur essendo state riconosciute le circostanze attenuanti generiche, queste non avessero prodotto una riduzione della pena nella massima estensione possibile. L’imputato, in sostanza, lamentava una pena ritenuta eccessiva nonostante il riconoscimento di elementi a suo favore.
La Discrezionalità del Giudice e la Decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. La decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale. Secondo la Corte, la graduazione della pena, così come la valutazione degli aumenti per le aggravanti e delle diminuzioni per le attenuanti, costituisce un’attività che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito.
Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato in aderenza ai principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono al giudice di tenere conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del colpevole. La Corte di Cassazione, in quanto giudice di legittimità, non può riesaminare i fatti e sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha condotto il processo, ma può solo verificare che la decisione sia stata motivata in modo logico e senza violare le norme di legge.
Le Motivazioni della Sentenza
Nelle motivazioni, i giudici supremi hanno sottolineato come, nel caso specifico, il giudice d’appello avesse adeguatamente adempiuto al suo onere argomentativo. La sentenza impugnata conteneva un ‘congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti’, rendendo la decisione sulla pena immune da censure di legittimità. Il tentativo della difesa di ottenere una rivalutazione nel merito della quantificazione della pena è stato quindi respinto, poiché tale richiesta esula dalle competenze della Corte di Cassazione. Il ricorso è stato giudicato non consentito dalla legge in sede di legittimità, portando alla sua inammissibilità.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma che la strategia difensiva in Cassazione non può basarsi su una semplice contestazione della severità della pena. Per avere successo, un ricorso deve evidenziare un errore di diritto o un vizio manifesto nella motivazione della sentenza, come un’argomentazione illogica, contraddittoria o carente. La discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena rimane un pilastro del sistema, e la sua valutazione, se correttamente motivata, è insindacabile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a conferma della totale infondatezza del suo ricorso.
È possibile contestare in Cassazione la misura della pena decisa dal giudice?
No, di regola non è possibile contestare la misura della pena se la decisione rientra nella discrezionalità del giudice di merito e se è stata motivata in modo logico e conforme alla legge. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato i fatti.
Cosa significa che la graduazione della pena rientra nella ‘discrezionalità del giudice’?
Significa che il giudice, nel rispetto dei limiti minimi e massimi previsti dalla legge (artt. 132 e 133 del codice penale), ha il potere di stabilire l’entità della pena basandosi su una valutazione complessiva degli elementi del reato e della personalità dell’imputato.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava un aspetto, la graduazione della pena, che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non costituisce un vizio di legittimità che può essere esaminato dalla Corte di Cassazione. Inoltre, la motivazione della sentenza impugnata è stata ritenuta adeguata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44919 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44919 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NAPOLI il 23/03/1981
avverso la sentenza del 19/06/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che l’unico motivo di ricorso con il quale la difesa dell’imputato contesta violazione di legge e vizi di motivazione della sentenza impugnata in relazione al fatto che le circostanze attenuanti generiche riconosciute all’imputato non hanno portato ad una riduzione del trattamento sanzionatorio irrogato allo stesso nella massima estensione possibile non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen. e che nella specie l’onere argomentativo del giudice è stato adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12 novembre 2024.