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Disastro ambientale da pesca: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato, confermando la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di disastro ambientale. L’indagato, insieme al padre, è accusato di aver istigato e alimentato una vasta attività di pesca abusiva di oloturie, causando un grave danno all’ecosistema marino. La Corte ha ritenuto che il loro ruolo di principali acquirenti costituisse un contributo causale determinante (concorso morale) al reato, e ha confermato la sussistenza di un concreto pericolo di reiterazione.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disastro Ambientale: Il Ruolo Chiave del Compratore nella Pesca Illegale

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato un caso emblematico di disastro ambientale causato dalla pesca illegale, chiarendo la responsabilità penale non solo di chi compie materialmente il danno, ma anche di chi lo alimenta creando il mercato. La decisione conferma la linea dura della giurisprudenza nella tutela dell’ecosistema, sottolineando come il contributo “morale” sia sufficiente per essere considerati corresponsabili di un crimine così grave.

I Fatti: Una Rete Commerciale Dietro la Pesca Abusiva

Il caso trae origine da un’indagine che ha smascherato una vasta e continuativa attività di pesca abusiva di tonnellate di oloturie (comunemente note come cetrioli di mare) dai fondali marini di Taranto. Tale attività illegale ha causato un grave danno alla biodiversità e un’alterazione irreversibile dell’ecosistema locale.

Al centro della vicenda non vi sono solo i pescatori, ma anche due figure chiave, padre e figlio, che fungevano da principale canale di commercializzazione del prodotto illecitamente pescato. Secondo l’accusa, erano loro a garantire l’acquisto di qualunque quantitativo di oloturie, incentivando e di fatto rendendo possibile la prosecuzione del saccheggio ambientale. L’indagato più giovane ha impugnato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, sostenendo di non aver partecipato direttamente alla pesca e di aver avuto un ruolo marginale.

La Decisione della Corte di Cassazione e il disastro ambientale

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in pieno l’ordinanza del Tribunale del Riesame. I giudici hanno ritenuto che gli argomenti difensivi fossero un tentativo di rivalutare i fatti, compito precluso in sede di legittimità. La Corte ha invece validato la logica del provvedimento impugnato, fondato su solide prove come intercettazioni telefoniche e dichiarazioni, che dimostravano il ruolo centrale e attivo dell’indagato e di suo padre nell’intera filiera criminale.

Le Motivazioni: Il Concorso Morale nel Reato Ambientale

Il fulcro della motivazione risiede nel concetto di concorso morale. La Cassazione ha stabilito che, per essere responsabili di disastro ambientale, non è necessario impugnare una rete da pesca. L’attività dell’indagato e del padre, garantendo un acquisto sicuro e continuativo del pescato, ha costituito l’impulso decisivo per la commissione del reato. Essi non erano semplici acquirenti, ma veri e propri istigatori, la cui richiesta costante ha determinato e rafforzato la risoluzione criminosa dei pescatori.

La Corte ha evidenziato come le intercettazioni dimostrassero che, dopo un importante sequestro di merce, l’attività di pesca si era drasticamente ridotta, per poi riprendere solo quando i due avevano trovato un nuovo “posto garbato per continuare a lavorare”. Questo prova il legame causale diretto tra la loro domanda e l’offerta illegale, e quindi il danno ambientale.

Inoltre, i giudici hanno confermato la necessità della custodia in carcere, ritenendo le misure meno afflittive, come gli arresti domiciliari, inadeguate. La spregiudicatezza dimostrata, la capacità di mantenere contatti internazionali e la persistenza nell’attività illecita anche dopo precedenti sequestri indicavano un altissimo e attuale pericolo di reiterazione del reato, che solo la detenzione in carcere poteva scongiurare.

Le Conclusioni: Implicazioni della Sentenza

Questa sentenza invia un messaggio chiaro: nella lotta ai crimini ambientali, la responsabilità si estende a tutta la filiera. Chiunque crei, alimenti o tragga profitto da un’attività che devasta l’ambiente può essere chiamato a risponderne penalmente, anche se non è l’esecutore materiale. Il principio del concorso morale assume qui un’importanza cruciale, riconoscendo che il danno all’ecosistema spesso nasce da un incentivo economico. La decisione ribadisce la severità con cui l’ordinamento giuridico tratta il disastro ambientale, considerandolo un reato per il quale le esigenze di prevenzione possono giustificare le misure cautelari più restrittive.

Chi commette il reato di disastro ambientale può essere considerato responsabile anche se non partecipa materialmente all’azione dannosa?
Sì. Secondo la sentenza, chi fornisce un contributo causale determinante, come istigare o rafforzare il proposito criminoso altrui garantendo un mercato per i prodotti illeciti, è responsabile a titolo di concorso morale nel reato, anche senza partecipare fisicamente all’azione che causa il danno.

Perché la Corte ha ritenuto necessaria la custodia in carcere invece degli arresti domiciliari?
La Corte ha ritenuto la custodia in carcere l’unica misura adeguata a causa dell’elevato e attuale pericolo di reiterazione del reato. Tale pericolo era desunto dalla spregiudicatezza dell’indagato, dalla sua capacità di mantenere contatti nel commercio illegale e dalla sua persistenza nell’attività criminale anche dopo precedenti sequestri.

Quale tipo di condotta integra il “concorso morale” in un reato ambientale?
Nel caso specifico, il concorso morale è stato integrato dalla condotta di chi, agendo come principale acquirente, ha garantito ai pescatori un canale di vendita sicuro e profittevole per le oloturie pescate illegalmente. Questa garanzia ha costituito l’impulso decisivo che ha spinto i pescatori a commettere e a proseguire il reato di disastro ambientale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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