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Diritto soggettivo detenuto: No a farina e lievito

La Corte di Cassazione ha stabilito che il divieto imposto dall’amministrazione penitenziaria sull’acquisto di farina e lievito da parte di un detenuto non lede un suo diritto soggettivo. Sebbene il diritto a una sana alimentazione sia tutelato, la scelta dei singoli prodotti rientra nella discrezionalità dell’amministrazione per motivi di sicurezza. La Corte ha quindi annullato l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza che aveva autorizzato l’acquisto, affermando che le modalità di esercizio di un diritto, a differenza del diritto stesso, non sono sindacabili in sede giurisdizionale se non manifestamente irragionevoli.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto soggettivo detenuto: No all’acquisto di farina e lievito

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 25665/2025, affronta un tema cruciale nell’ambito dell’ordinamento penitenziario: la distinzione tra il diritto soggettivo detenuto a una sana alimentazione e le modalità con cui tale diritto viene esercitato. La Corte ha chiarito che negare l’acquisto di specifici alimenti come farina e lievito non costituisce una violazione di un diritto fondamentale, rientrando invece nelle scelte discrezionali dell’amministrazione penitenziaria.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Farina e Lievito

Un detenuto si era visto negare dal Magistrato di sorveglianza l’autorizzazione all’acquisto di lievito e farina. L’amministrazione penitenziaria aveva giustificato il divieto sulla base di ragioni di sicurezza. Successivamente, il Tribunale di sorveglianza aveva accolto il reclamo del detenuto, ritenendo la limitazione illegittima, irragionevole e priva di una reale motivazione legata alla sicurezza, sottolineando anche una disparità di trattamento rispetto ai detenuti di altre regioni dove l’acquisto era consentito.

Contro questa decisione, l’Amministrazione Penitenziaria ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che non si trattasse della violazione di un diritto soggettivo, ma di una semplice modalità di esercizio del diritto alla sana alimentazione, materia sulla quale l’amministrazione gode di autonomia organizzativa.

La Posizione della Cassazione sul diritto soggettivo detenuto

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’amministrazione, annullando senza rinvio l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza. Il punto centrale della decisione risiede nella netta distinzione tra il nucleo intangibile di un diritto e le sue modalità di esercizio.

I giudici hanno ribadito un principio consolidato: il reclamo giurisdizionale previsto dall’art. 35-bis dell’ordinamento penitenziario è esperibile solo quando la condotta dell’amministrazione lede un vero e proprio ‘diritto’ del detenuto, causando un pregiudizio grave e attuale. Non può essere utilizzato per contestare le scelte discrezionali che regolamentano la vita interna dell’istituto, a meno che non siano manifestamente irragionevoli o tali da svuotare completamente il diritto stesso.

Il Diritto alla Sana Alimentazione

Il diritto a una sana alimentazione è indiscutibilmente un diritto soggettivo detenuto, protetto e azionabile. Tuttavia, la Corte specifica che questo diritto è garantito dalla varietà e dall’idoneità nutrizionale dei prodotti alimentari presenti nel catalogo approvato dall’istituto penitenziario. La possibilità di scegliere specifici ingredienti, come farina e lievito, non rientra nel nucleo essenziale di questo diritto. Essi non sono considerati ‘assolutamente indispensabili’ per un’alimentazione sana, che può essere assicurata attraverso numerosi altri prodotti disponibili.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione affermando che la scelta di quali generi alimentari ammettere all’acquisto attiene alle modalità di esercizio del diritto alla salute e non al diritto in sé. Queste modalità sono rimesse alle scelte discrezionali dell’amministrazione, che deve bilanciare le esigenze dei detenuti con quelle di ordine e sicurezza interna. Tali scelte non sono sindacabili dal giudice di sorveglianza, a meno che non risultino palesemente irragionevoli o impediscano di fatto la fruizione del diritto.

Nel caso specifico, il divieto di acquistare farina e lievito, motivato da potenziali rischi per la sicurezza (legati alla loro infiammabilità), è stato considerato una misura organizzativa legittima. La Corte ha concluso che, poiché il diritto a una sana alimentazione del detenuto era comunque garantito dalla possibilità di acquistare un’ampia gamma di altri prodotti, non sussisteva la lesione di un diritto soggettivo che potesse giustificare l’intervento del giudice.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un confine importante tra la tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali dei detenuti e l’autonomia gestionale dell’amministrazione penitenziaria. Il diritto soggettivo detenuto è protetto nel suo nucleo essenziale, ma le modalità pratiche del suo esercizio possono essere legittimamente limitate per esigenze di ordine e sicurezza, purché tali limitazioni siano proporzionate e non arbitrarie. La decisione di non permettere l’acquisto di specifici beni non essenziali, come farina e lievito, rientra in questo ambito di discrezionalità e, pertanto, non può essere oggetto di reclamo giurisdizionale.

Un detenuto ha il diritto di acquistare qualsiasi genere alimentare in carcere?
No. Il detenuto ha diritto a una sana alimentazione, ma non a scegliere specifici generi alimentari. La selezione dei prodotti acquistabili è una decisione discrezionale dell’amministrazione penitenziaria, che deve bilanciare le esigenze nutrizionali con quelle di sicurezza e ordine dell’istituto.

Qual è la differenza tra un diritto soggettivo del detenuto e le modalità del suo esercizio?
Il diritto soggettivo è il nucleo fondamentale e intangibile tutelato dalla legge (es. il diritto alla salute e a una sana alimentazione). Le modalità di esercizio sono le regole pratiche e organizzative attraverso cui tale diritto viene goduto (es. quali specifici cibi possono essere acquistati). Solo la lesione del diritto in sé, e non la contestazione delle sue modalità, può essere oggetto di reclamo al magistrato di sorveglianza.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione che autorizzava l’acquisto di farina e lievito?
La Corte ha annullato la decisione perché ha ritenuto che il divieto di acquistare farina e lievito non ledesse il diritto soggettivo a una sana alimentazione, ma riguardasse solo le modalità di esercizio di tale diritto. Poiché il detenuto aveva accesso a una varietà di altri alimenti per garantirsi una dieta sana, la scelta dell’amministrazione di escludere tali prodotti per motivi di sicurezza è stata considerata legittima e non sindacabile dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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