Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25665 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25665 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 1895/2025
CC – 29/05/2025
R.G.N. 12803/2025
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria
Nel procedimento contro COGNOME Alessandro nato a Palermo il 27/11/1960
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 12 dicembre 2024 il Tribunale di sorveglianza di Sassari ha accolto il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso il provvedimento emesso il 26 settembre 2024 dal Magistrato di sorveglianza di Nuoro con il quale era stata rigettata la richiesta di autorizzazione all’acquisto di lievito e farina sulla base della insussistenza, in capo ai detenuti, di un diritto soggettivo all’acquisto di tali prodotti.
La limitazione all’acquisto, secondo la ricostruzione operata nel provvedimento impugnato, non Ł uguale su tutto il territorio nazionale e il divieto imposto dal PRAP Sardegna con nota del 16 dicembre 2016 pone un primo problema di uniformità della regolamentazione atteso che si verifica, nella prassi, che detenuti i quali, in altre zone, possono acquistare tali beni, una volta trasferiti in Sardegna non possono piø farlo.
La limitazione Ł stata ritenuta illegittima e sostanzialmente priva di motivazione, oltre che irragionevole, in quanto non funzionale al perseguimento di alcun effettivo obiettivo di sicurezza.
Il Tribunale di sorveglianza Ł pervenuto a tali conclusioni sulla scorta di considerazioni di fatto, stante l’acquisita informazione circa l’impossibilità per la farina di esplodere, se non a contatto con materiali che i detenuti non potrebbero, in alcun modo, procurarsi.
Ha inoltre segnalato l’irragionevolezza della esclusione, tenuto conto della natura e delle caratteristiche di altri alimenti che, invece, possono essere liberamente acquistati (ad esempio, olio di oliva e di semi).
Valutate complessivamente tali emergenze, il Tribunale si Ł consapevolmente posto in
contrapposizione alla giurisprudenza di questa Corte che, in materia, afferma principi opposti a quelli fatti propri dal provvedimento impugnato.
Hanno proposto ricorso per cassazione la Casa Circondariale di Nuoro, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e il Ministero della Giustizia articolando tre motivi.
2.1. Con il primo hanno eccepito violazione di legge stante la carenza dei presupposti per l’esercizio del potere da parte del giudice di sorveglianza.
Il detenuto non ha fatto valere situazioni di diritto soggettivo, non venendo in questione il diritto alla tutela della salute ovvero alla sana alimentazione
2.2. Con il secondo motivo Ł stata eccepita la falsa applicazione del principio di non discriminazione dei detenuti che presuppone l’omogeneità delle situazioni poste a confronto.
Nel caso di specie il divieto di acquisto di lievito e farina vale per tutti i detenuti (comuni e in regime speciale) e, pertanto, non può essere considerata illegittima.
2.3. Con il terzo motivo hanno eccepito violazione di legge con riferimento all’art. 41bis , comma 2quater , lett. a) e c), ord. pen. atteso che il Tribunale di sorveglianza ha disconosciuto le ragioni sottese al divieto di acquisto di lievito e farina.
Il divieto, peraltro, si palesa del tutto ragionevole trattandosi di prodotti pericolosi in quanto infiammabili.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento senza rinvio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso merita accoglimento
Va preliminarmente trattato il tema della sussistenza del potere del Tribunale di sorveglianza sulla questione ad esso sottoposta, ovvero se la stessa attiene al pregiudizio grave e attuale di un diritto soggettivo.
Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte esprime principi consolidati e qui ribaditi.
Il reclamo giurisdizionale al magistrato di sorveglianza, previsto dagli artt. 35- bis e 69, comma 6, lett. b) , ord. pen., ammette la tutela delle posizioni giuridiche soggettive qualificabili in termini di «diritto», incise da condotte dell’Amministrazione che violino disposizioni previste dalla legge penitenziaria, e dal relativo regolamento, dalle quali «derivi al detenuto o all’internato un attuale e grave pregiudizio».
Presupposti essenziali di tale strumento sono l’esistenza, in capo al detenuto, di una posizione giuridica attiva, non riducibile (o non riducibile ulteriormente) per effetto della carcerazione e direttamente meritevole di protezione, e l’esistenza di una condotta, imputabile all’Amministrazione penitenziaria, che si ponga con tale posizione soggettiva in illegittimo contrasto (Sez. 1, n. 36865 del 08/06/2021, Ministero della Giustizia, Rv. 281907, in motivazione).
Questa Corte ha anche precisato, peraltro, che dalla condizione detentiva possano derivare limitazioni, anche significative, alla ordinaria sfera dei diritti soggettivi della persona, anche quale diretta conseguenza dell’adozione di misure e provvedimenti organizzativi dell’Amministrazione stessa volti a disciplinare la vita degli istituti e a garantire l’ordine e la sicurezza interna e l’irrinunciabile principio della natura rieducativa del trattamento; misure e provvedimenti che, ove adottati nel rispetto dei canoni di ragionevolezza e proporzionalità, incidono legittimamente sulla posizione soggettiva del ristretto, andando ad integrarne l’ambito di autorizzata e lecita compressione (Sez. 1, n. 4030 del 04/12/2020, Ministero della Giustizia, Rv. 280532).
Il diritto soggettivo del detenuto, nel suo nucleo intangibile, cui Ł garantita protezione, non va, pertanto, confuso con le mere modalità di esercizio di esso, inevitabilmente assoggettate a regolamentazione (Sez. 1, n. 23533 del 07/07/2020, COGNOME, Rv. 279456; Sez. 1, n. 767 del 15/11/2013, COGNOME, Rv. 258398); soltanto la negazione del diritto in quanto tale integra lesione suscettibile di reclamo giurisdizionale, mentre le modalità di esplicazione del diritto restano affidate alle scelte discrezionali dell’Amministrazione penitenziaria, in funzione delle esigenze di ordine e disciplina interne, che, ove non manifestamente irragionevoli, ovvero sostanzialmente inibenti la fruizione del diritto, non sono sindacabili in sede giudiziaria (Sez. 7, n. 373 del 29/05/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 261549-01).
Il diritto all’alimentazione sana del detenuto rientra in quella posizione giuridica attiva, non riducibile per effetto della carcerazione e direttamente meritevole di protezione, che Ł azionabile attraverso lo strumento dell’art. 35bis ord. pen. (Sez. 1 n. 50731 del 20/10/2023, Ministero della Giustizia, n.m.; Sez. 1, n. 33917 del 15/07/2021, Ministero della Giustizia, Rv. 281794), ma esso Ł garantito dalla varietà dei prodotti alimentari acquistabili e dalla loro idoneità a corrispondere ai bisogni nutritivi di un individuo sano, mentre la individuazione dei singoli alimenti attraverso cui deve essere perseguito il diritto all’alimentazione sana costituisce mera modalità dell’esercizio di tale diritto, atteso che, per rimanere al caso in esame, nØ la farina nØ il lievito sono assolutamente indispensabili per un’alimentazione sana, che può essere coltivata anche attraverso altri prodotti facenti parte del catalogo approvato dall’istituto penitenziario.
Le questioni che attengono alla individuazione dei generi alimentari acquistabili, pertanto, riguardano le modalità di esercizio del diritto alla salute non giustiziabile in sede giurisdizionale, non anche quel nucleo intangibile del diritto in sØ che permette l’utilizzazione dello strumento dell’art. 35bis ord. pen.
Deve, pertanto assicurarsi, continuità al principio di diritto in base al quale «in tema di ordinamento penitenziario, il provvedimento dell’amministrazione di diniego dell’autorizzazione all’acquisto di generi alimentari non previsti dal catalogo approvato dall’istituto (nella specie, lievito e farina) non può essere oggetto di reclamo giurisdizionale al magistrato di sorveglianza, non determinando la lesione di un diritto soggettivo del detenuto. (In motivazione la Corte ha chiarito che il diritto del detenuto ad una sana alimentazione Ł garantito dalla varietà dei prodotti inseriti nel catalogo e dalla loro idoneità a soddisfare i bisogni nutritivi, e che l’individuazione dei generi alimentari acquistabili, attenendo alle modalità di esercizio del diritto del detenuto, Ł rimessa alle scelte discrezionali dell’amministrazione penitenziaria e non Ł giustiziabile in sede giurisdizionale)». (Sez. 1, n. 23731 del 17/05/2024, Ministero della Giustizia, Rv. 286672 – 01 la cui motivazione Ł stata integralmente ribadita in questa sede).
In termini di continuità, peraltro, sul medesimo tema, si pone il principio in base al quale «in tema di regime differenziato ai sensi dell’art. 41-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, Ł legittimo il provvedimento con il quale l’Amministrazione penitenziaria non autorizzi l’acquisto al sopravvitto e la detenzione di alimenti, sulla base di obiettive esigenze di ordine e di sicurezza interna, ove le conseguenti limitazioni non incidano sui diritti del detenuto alla salute e all’alimentazione. (Fattispecie relativa al diniego all’acquisto al sopravvitto di farina e lievito, adottato per la loro facile infiammabilità nonchØ per la loro non essenzialità, potendo il detenuto usufruire del vitto fornito dall’Amministrazione, conforme alle tabelle nutrizionali ministeriali)» (Sez. 1, n. 17489 del 29/03/2024, Casa, Rv. 286328 – 01; fra le successive, in termini, Sez. 1, n. 30294 del 25/06/2024, Polverino, n.m.).
Ciò posto, assorbita ogni altra questione posta con il ricorso, deve essere disposto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata. Così Ł deciso, 29/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME