Diritto di Querela: Quando la Cassazione Dichiara Inammissibile il Ricorso
L’esercizio del diritto di querela rappresenta un pilastro fondamentale nel nostro ordinamento penale, specialmente per i reati che tutelano il patrimonio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire chi sia il soggetto legittimato a sporgere querela in caso di danneggiamento e quali siano i requisiti di ammissibilità di un ricorso, pena una declaratoria di inammissibilità. Analizziamo insieme la decisione per trarne utili insegnamenti.
Il Fatto in Breve
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato una condanna per il reato di danneggiamento di un’autovettura. L’imputato, tramite il suo difensore, sollevava diverse questioni dinanzi alla Suprema Corte, tra cui:
1. La presunta carenza di legittimazione della parte civile, in quanto non era stato provato che fosse l’effettivo utilizzatore del veicolo danneggiato.
2. La mancanza del potere di querela in capo alla persona offesa.
3. La mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
4. L’errata quantificazione del risarcimento del danno.
5. La mancata declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.
L’Analisi della Corte: Diritto di Querela e Limiti dell’Impugnazione
La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso, dichiarandolo nel suo complesso inammissibile. La decisione si fonda su principi consolidati sia nel diritto penale sostanziale che in quello processuale.
Il Diritto di Querela Esteso all’Utilizzatore del Bene
Il punto centrale della controversia riguardava il diritto di querela. La Corte ha rigettato la tesi difensiva, definendola manifestamente infondata. Citando la propria giurisprudenza consolidata (Sez. 2, n. 17418 del 2015), ha ribadito un principio cruciale: il diritto di sporgere querela per il reato di danneggiamento (art. 635 c.p.) non spetta esclusivamente al proprietario del bene.
La tutela penale si estende a chiunque abbia un rapporto di fatto con la cosa, purché di origine non illegale. Questo significa che anche chi semplicemente utilizza il bene o ne trae una qualsiasi utilità (ad esempio, chi ha l’auto in comodato o in noleggio) è legittimato a querelare l’autore del danneggiamento. La norma, infatti, protegge non solo la proprietà, ma l’integrità materiale della cosa e l’interesse di chiunque ne faccia uso.
La Reiterazione dei Motivi e l’Inammissibilità
Per quanto riguarda gli altri motivi, come la contestazione sulla costituzione di parte civile, la non punibilità e la quantificazione del danno, la Corte li ha giudicati inammissibili perché rappresentavano una mera e pedissequa reiterazione di argomenti già presentati e correttamente respinti dalla Corte d’Appello. Un ricorso in Cassazione non può limitarsi a riproporre le stesse censure, ma deve contenere una critica specifica e argomentata delle ragioni esposte nella sentenza impugnata. In assenza di questo, i motivi sono considerati non specifici e, quindi, inammissibili.
Prescrizione e Inammissibilità: Un Binomio Indissolubile
Infine, la Corte ha respinto anche il motivo relativo alla prescrizione. La difesa sosteneva che il reato fosse ormai estinto per il decorso del tempo. Tuttavia, la Cassazione ha applicato il principio, sancito dalle Sezioni Unite, secondo cui l’inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di rilevare una causa di estinzione del reato, come la prescrizione, che sia maturata successivamente alla data della sentenza impugnata. In altre parole, un ricorso inammissibile ‘cristallizza’ la situazione giuridica al momento della decisione di secondo grado, impedendo al tempo di produrre ulteriori effetti estintivi.
Le Motivazioni
La decisione della Suprema Corte si fonda su solidi e consolidati principi di diritto. La motivazione principale per la declaratoria di inammissibilità risiede nella natura dei motivi di ricorso, giudicati come una semplice ripetizione di argomentazioni già valutate e respinte in appello, prive di una reale critica alla sentenza impugnata. La Corte ha colto l’occasione per ribadire che il diritto di querela in materia di danneggiamento è esteso a chiunque abbia un legame fattuale e legittimo con il bene, proteggendo l’uso oltre alla proprietà. Inoltre, è stato riaffermato il principio processuale secondo cui l’inammissibilità dell’impugnazione impedisce al giudice di legittimità di considerare l’eventuale prescrizione del reato maturata dopo la sentenza di secondo grado, consolidando di fatto la condanna.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre due importanti spunti di riflessione. Sul piano sostanziale, conferma l’ampia portata della tutela offerta contro il danneggiamento, che salvaguarda non solo il diritto di proprietà ma anche le legittime situazioni di fatto. Sul piano processuale, costituisce un monito per gli operatori del diritto: il ricorso per cassazione deve essere uno strumento di critica puntuale e argomentata della sentenza di appello, non una sterile riproposizione di vecchie tesi. La conseguenza di un ricorso inammissibile è drastica, poiché non solo preclude l’esame nel merito, ma ‘congela’ la condanna, rendendola insensibile a eventi successivi come il decorso della prescrizione.
Chi può sporgere querela per il danneggiamento di un bene?
Non solo il proprietario legale, ma chiunque abbia un rapporto di fatto di origine non illegale con il bene danneggiato, come chi lo utilizza o ne riceve una qualsiasi utilità.
Un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile se ripropone gli stessi motivi dell’appello?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la ‘pedissequa reiterazione’ dei motivi già dedotti in appello e correttamente disattesi dal giudice di merito rende il ricorso inammissibile per mancanza di specificità.
Se il reato si prescrive dopo la sentenza d’appello, la Cassazione può dichiarare la prescrizione anche se il ricorso è inammissibile?
No. Secondo un principio consolidato, l’inammissibilità del ricorso preclude alla Corte di Cassazione la possibilità di rilevare e dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione maturata in un momento successivo alla sentenza impugnata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18924 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18924 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a TRIESTE il 18/06/1965
avverso la sentenza del 16/05/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN CONSIDERATO DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la costituzione di parte civile dello COGNOME, non avendo quest’ultimo provato di essere effettivamente l’utilizzatore dell’autovettura danneggiata, non è consentito perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito a pag. 5 della sentenza impugnata, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
considerato, inoltre, che la doglianza relativa all’assenza del potere di querela in capo al danneggiato è manifestamente infondata poiché prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con i principi affermati dalla consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui «il diritto di querela per il reato previst dall’art. 635 cod. pen. spetta anche a chi che abbia solo un rapporto di fatto di origine non illegale con la cosa danneggiata, in quanto la tutela accordata dalla indicata previsione incriminatrice si riferisce a qualunque soggetto che, per un qualsiasi titolo giuridico, utilizzi il bene interessato o comunque ne riceva una utilità» (Sez. 2, n. 17418 del 13/01/2015, COGNOME, Rv. 263574 – 01);
osservato che il secondo e il terzo motivo di ricorso, che contestano, rispettivamente, la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. e la quantificazione del risarcimento del danno non sono consentiti poiché non risultano connotati dai requisiti, previsti a pena di inammissibilità del ricorso, dall’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. essendo fondati su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e correttamente disattesi dal giudice di merito nella sentenza impugnata (cfr. pagg. 4-6), dovendosi gli stessi considerare non caratterizzati da un effettivo confronto con le ragioni poste a base della decisione;
ritenuto che il quarto motivo di ricorso che deduce la mancata declaratoria del reato per intervenuta prescrizione è manifestamente infondato in considerazione del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui l’inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della eventuale prescrizione maturata successivamente alla sentenza impugnata (Sez. 2, n. 28848 del 08/05/2013, COGNOME Rv. 256463 – 01; Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268966 – 01; Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266818 01; Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D., Rv. 217266 – 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore delle Cassa delle
ammende.
Così deciso, 10 aprile 2025.