Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26142 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26142 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nata a Napoli il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza del 14 dicembre 2023 della Corte d’appello di Milano; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memoria depositata il 17 aprile 2024 dall’AVV_NOTAIO, nell’interesse della ricorrente, con la quale si insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della condanna pronunciata in primo grado, ha ritenuto NOME COGNOME responsabile dei reati di cui agli artt. 56, 640 cod. pen. (capo A), 56, 494 cod. pen. (così riqualificato il capo B) e 477, 482 cod. pen. (capo C), per
aver tentato di incassare, presso l’Ufficio Postale di Rogoredo, un assegno intestato a NOME COGNOME, esibendo falsi documenti intestati alla effettiva beneficiaria del titolo.
Il ricorso, proposto nell’interesse dell’imputata, si compone di quattro motivi di censura.
2.1. I primi due sono formulati sotto i profili dell’inosservanza di norma processuale e del connesso vizio di motivazione e deducono l’insussistenza della necessaria condizione di procedibilità in relazione al reato di cui al capo A), in quanto, sostiene la difesa, l’unico soggetto legittimato a sporgere querela (la compagnia di assicurazione, con i cui fondi doveva essere pagato l’assegno), non lo aveva fatto.
Viceversa, né la COGNOME, né le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE potrebbero essere ritenute “persone offese dal reato”: la prima (la cui querela, peraltro mancherebbe della chiara manifestazione di volontà di procedere) essendo stata soddisfatta con i fondi del bonifico; le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE potendo pagare l’assegno solo in presenza di fondi disponibili.
2.2. Il terzo attiene, invece, alla ritenuta colpevolezza dell’imputata in relazione al capo C), mancando, secondo la difesa, la prova che sia stata la NOME a contraffare il documento.
2.3. Il quarto attiene al trattamento sanzionatorio e deduce l’eccessività della pena irrogata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è infondato.
Il titolare del diritto di querela, a norma dell’art. 120 cod. pen., è soltanto «persona offesa da un reato» (nonché soggetto passivo del reato), intesa come la persona titolare dell’interesse direttamente protetto dalla norma penale e la cui lesione o esposizione a pericolo costituisce l’essenza dell’illecito (Sez. 2, n. 55945 del 20/07/2018, COGNOME, Rv. 274255); non anche il mero danneggiato (il quale avendo subito un qualsiasi altro danno di natura patrimoniale derivante dalla commissione del fatto può – diversamente dalla prima – costituirsi parte civile all’interno del procedimento penale oppure agire direttamente all’interno di un autonomo giudizio civile avanzando richiesta di risarcimento del danno), non anche, quindi, colui che, nel reato di truffa, sia stato solo indotto in errore (Se 2, n. 27061 del 28/04/2023, COGNOME, Rv. 284793).
Ebbene, in concreto, la condotta fraudolenta della COGNOME era sì finalizzata ad incassare l’assegno emesso dalla compagnia assicurativa in favore della COGNOME,
ma attraverso un atto di disposizione patrimoniale di RAGIONE_SOCIALE immediatamente lesivo, a prescindere dai rapporti interni esistenti con l’assicurazione (rilevanti nella successiva regolazione economica), del suo interesse patrimoniale, bene giuridico tutelato dalla norma.
Cosicché la querela sporta da NOME COGNOME, direttrice dell’ufficio postale ove materialmente è stata tentata la negoziazione, ben può rappresentare una valida condizione di procedibilità per perseguire il delitto contestato. Ed è appena il caso di precisare che la facoltà di proporre querela deve essere riconosciuta non solo ai rappresentanti legali della società, ma anche ai soggetti che in una specifica articolazione, in ragione dell’organizzazione interna dell’ente e dei ruoli in esso rivestiti, sono contrattualmente obbligati a vigilare sulle attività svolte nei conta con il pubblico e a garantire la tutela del patrimonio aziendale (Sez. 2, n. 25134 del 07/03/2023, COGNOME, Rv. 284631).
Il terzo motivo è, invece, indeducibile (in quanto diretto a sindacare la valutazione della prova e non già la motivazione che di essa ne dà la Corte) e, comunque, manifestamente infondato, atteso che la presenza della foto dell’imputata sulla patente recante le false generalità presenta una significativa efficacia indiziaria in ordine alla condotta di concorso nella contraffazione (con riferimento alla falsificazione di una carta di identità: Sez. 5, n. 48241 de 04/11/2019, Kanthasamy, Rv. 277427).
Il quarto, in ultimo, è formulato in termini manifestamente generici, limitandosi il ricorrente a dedurre l’eccessività della pena. E la mancanza di una chiara indicazione di elementi (di fatto e di diritto) da porre a fondamento delle censure formulate, impedisce a questa Corte di esercitare il sindacato richiesto.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese rocessuali.
Così deciso il 24 aprile 2024
Il Consigliere estensore