Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5708 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5708 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato in Gambia, il 01/01/1989
avverso l’ordinanza del 18/10/2024 del tribunale della Libertà di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME
lette le conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
lette le note depositate dall’avv. NOME COGNOME difensore dell’imputato, che, riportandosi integralmente ai motivi di ricorso, ne ha invocato l’accoglimento, con annullamento della ordinanza impugnata, con o senza rinvio al tribunale del Riesame per nuovo giudizio;
Con ordinanza del 4 giugno 2024 il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria ha applicato a Touray Ebrahim la misura del divieto di dimora nella regione Calabria in quanto ritenuto gravemente indiziato dei delitti contestati nei capi 1, 6, 10, 12, 19, 21, 26, 28, 36, 38, 43, 45, 57, 62e 66 dell’incolpazione provvisoria, relativi, il primo, al delitto di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90, gli altri ai delitti di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90, e ritenute sussist le esigenze cautelari di cui all’art. 274 lett c) cod proc pen.
Il Tribunale della Libertà, pronunciandosi ex art. 309 cod proc pen, in parziale accoglimento dell’istanza di riesame proposta avverso l’ordinanza genetica, annullava il provvedimento impugnato in relazione ai capi 21 e 62, sostituendo, con riferimento ai restanti capi di imputazione, la misura in esecuzione con quella dell’obbligo di presentazione alla P.G. per tre giorni a settimana, nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì.
Con istanza del 12 settembre 2024 la difesa di Touray chiedeva, ex art. 294, comma 2, cod proc pen, che venisse dichiarata la perdita di efficacia della misura cautelare in atto per violazione del diritto di difesa (dovendosi intendersi la mancata conoscenza della lingua italiana al pari di impedimento assoluto ai sensi dell’art. 294, comma 2, cod proc pen).
Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, il giudice per le indagini preliminari, avvedutosi della mancata conoscenza della lingua italiana da parte del prevenuto, sospendeva l’udienza in attesa dell’interprete cui conferiva l’incarico di tradurre l’ordinanza nel termine di venti giorni, e proseguiva l’interrogatorio in presenza dell’interpreta, quale ausiliario. Su parere del pubblico ministero procedente contrario all’accoglimento dell’istanza- il giudice per le indagini preliminari rigettava l’istanza sul presupposto che la mancata conoscenza della lingua italiana era emersa solo in sede dell’udienza fissata per l’interrogatorio di garanzia; che era stato immediatamente nominato un interprete cui era stato affidato non solo l’incarico della traduzione dell’ordinanza genetica, ma anche di ausiliario del giudice e che, in tale ruolo, aveva reso edotto l’indagato delle contestazioni a suo carico e delle ragioni che avevano condotto all’applicazione della misura cautelare, garantendo allo stesso il diritto di difesa e la consapevole partecipazione al compimento dell’atto; che la traduzione dell’ordinanza genetica era stata comunque notificata al prevenuto il 29 agosto 2024; che la omessa traduzione dell’ordinanza genetica prima dell’interrogatorio di garanzia non poteva, comunque, equipararsi all’assoluto impedimento dell’indagato alla partecipazione all’interrogatorio di cui all’art. 294, comma 2, cod proc pen., potendo, al più integrare un’ipotesi di nullità dell’ordinanza genetica conseguente alla mancata
traduzione del provvedimento genetico entro un termine congruo, quale obbligo che sorge per il caso in cui la mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell’indagato emerga successivamente all’emissione dell’ordinanza cautelare (cfr. SS.UU.n. 15069/2024), ipotesi tuttavia in concreto nella specie non ricorrente tenuto conto che la traduzione era stata prontamente disposta, e che l’ordinanza tradotta era stata notificata al prevenuto sì successivamente, ma entro un termine ritenuto congruo alla luce della mole del materiale da tradurre.
Con atto di appello la difesa riproponeva le considerazioni svolte a sostegno dell’istanza come sopra rigettata, e deduceva la contraddittorietà del provvedimento impugnato nella parte in cui, da un lato, giustificava il deposito tardivo mediante il richiamo alla mole del materiale da tradurre e, dall’altro, affermava la congruità del termine per il deposito della traduzione, pari a 63 giorni, nonostante quello originariamente fissato per l’assolvimento dell’incarico era stato disposto in soli 20 giorni.
Con l’ordinanza del 18 ottobre 2024 il Tribunale della Libertà ha rigettato l’appello, rilevando che:
la vicenda in questione non è inquadrabile nei termini dell’impedimento assoluto dell’indagato a partecipare all’interrogatorio ai sensi dell’art. 294, connnna 2, cod proc pen.;
avvedutosi della mancata conoscenza in capo all’indagato della lingua italiana il giudice per le indagini preliminari ha sospeso l’udienza, nominato un interprete di lingua inglese; ha conferito «l’incarico di tradurre oralmente al prevenuto tutto ciò che veniva compiuto nel corso dell’udienza e dunque anche le contestazioni elevate a carico del Touray nonché gli elementi posti a fondamento dell’applicazione della misura cautelare, consentendo allo stesso di partecipare coscientemente al compimento dell’atto, e dunque di esercitare le prerogative di difesa allo stesso riconosciute dall’ordinamento; In aggiunta il G.i.p. conferiva all’interprete l’incarico di tradurre in lingua inglese l’ordinanza applicativa della misura cautelare, attribuendo allo stesso il termine di 20 giorni decorrente dalla data dell’interrogatorio di garanzia, ovvero il 25 giugno 2024», termine poi prorogato, prima della scadenza di quello originariamente fissato, di ulteriori giorni 20, entro i quali la traduzione è stata depositata, per essere immediatamente notificata al prevenuto il 28 agosto 2024;
la vicenda deve piuttosto ricondursi nell’alveo di una eventuale ipotesi di nullità generale a regime intermedio dell’ordinanza genetica conseguente alla mancata traduzione del provvedimento applicativo della misura cautelare entro un termine congruo, quale obbligo insorgente per il caso in cui la mancata conoscenza della
lingua italiana da parte dell’indagato emerga successivamente all’emissione dell’ordinanza cautelare (in termini SS.UU n. 15069/2024); situazione nella specie non sussistente perché il termine entro cui è stata effettuata non può ritenersi incongruo: la nomina dell’interprete è stata immediata allo svelarsi della condizione che la imponeva, la traduzione è stata effettuata entro il termine (sia pur prorogato a seguito del vaglio della istanza di proroga positivamente compiuto dal giudice), il termine, complessivo, non può ritenersi incongruo, attesa la difficoltà intrinseca dell’incarico commesso e delle condizioni lavorative, documentate, dell’interprete traduttore, l’ordinanza tradotta in lingua inglese è stata poi notificata al prevenuto il 28 agosto 2024; con la conseguenza che nessuna nullità si è determinata nello specifico;
l’infondatezza dell’istanza della difesa si sostanzia, anche, nella mera prospettazione della incongruenza del termine, in difetto di indicazione di un interesse a ricorrere concreto, attuale e verificabile, non essendo sufficiente la mera allegazione di un pregiudizio astratto e potenziale.
6. COGNOME ha proposto, a mezzo del difensore di fiducia, tempestivo ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale della Libertà di Reggio Calabria, affidandosi ad un unico motivo con cui deduce il vizio di violazione di legge, illogicità, contraddittorietà e apparenza di motivazione in relazione al disposto di cui all’art. 294 cod proc pen, riproponendo le argomentazioni di cui alla primigenia istanza ed all’appello spiegato avverso la decisione del giudice per le indagini preliminari e, dunque, invocando l’annullamento di quella del tribunale della Libertà sostenendo la ricorrenza di una ipotesi di impedimento assoluto dell’indagato a partecipare all’udienza ex art. 294 cod proc pen in ragione della mancata conoscenza della lingua italiana, il vulnus difensivo concretizzatosi nella partecipazione alla stessa senza aver previamente potuto leggere l’ordinanza nella propria lingua, l’incongruenza del termine entro cui è stata effettuata la traduzione dell’ordinanza genetica sì che il giudice sarebbe incorso in violazione di legge al riguardo, la contraddittorietà della ordinanza impugnata nella parte in cui motiva circa la congruità del termine stesso (con riferimento agli originari venti giorni concessi per l’assolvimento dell’incarico, poi prorogati di ulteriori venti, termine ritenuto congruo in ragione delle motivazioni -anche soggettive essendo correlate alla necessità di assolvere ad altro contestuale incarico- allegate dal traduttore a sostegno della richiesta proroga).
Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità. La difesa, con note di replica, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza del 4 giugno 2024 il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria ha applicato a Touray Ebrahim la misura del divieto di dimora nella regione Calabria in quanto ritenuto gravemente indiziato dei delitti contestati nei capi 1, 6, 10, 12, 19, 21, 26, 28, 36, 38, 43, 45, 57, 62e 66 dell’incolpazione provvisoria, relativi, il primo, al delitto di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90, gli altri ai delitti di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90, e ritenute sussiste le esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett c) cod proc pen..
A seguito di proposizione di istanza di riesame la misura originariamente applicata è stata annullata in relazione ai capi 21 e 62, e sostituita, con riferimento ai restanti capi di imputazione, con quella dell’obbligo di presentazione alla P.G. per tre giorni a settimana, nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì.
Con l’istanza, postuma, del 12 settembre 2024 la difesa di COGNOME chiedeva, ex art. 294, comma 2, cod proc pen, che venisse dichiarata la perdita di efficacia della misura cautelare in atto per violazione del diritto di difesa (dovendosi intendersi la mancata conoscenza della lingua italiana al pari di impedimento assoluto ai sensi dell’art. 294, comma 2, cod proc pen), argomentando – secondo quanto è dato leggere nella parte introduttiva del provvedimento impugnato- che nel corso dell’interrogatorio di garanzia, il giudice per le indagini preliminari, avvedutosi della mancata conoscenza della lingua italiana da parte del prevenuto, sospendeva l’udienza e nominato un interprete, gli conferiva l’incarico di tradurre l’ordinanza nel termine di venti giorni, per proseguire l’interrogatorio in sua presenza, quale ausiliario.
Su parere del pubblico ministero procedente -contrario all’accoglimento dell’istanza- il giudice per le indagini preliminari rigettava l’istanza sul presupposto che la mancata conoscenza della lingua italiana era emersa solo in sede dell’udienza fissata per l’interrogatorio di garanzia; che era stato immediatamente nominato un interprete cui era stato affidato non solo l’incarico della traduzione dell’ordinanza genetica, ma anche di ausiliario del giudice e che, in tale ruolo, aveva reso edotto l’indagato delle contestazioni a suo carico e delle ragioni che avevano condotto all’applicazione della misura cautelare, garantendo allo stesso il diritto di difesa e la consapevole partecipazione al compimento dell’atto; che la traduzione dell’ordinanza genetica era stata comunque notificata al prevenuto il 29 agosto 2024; che la omessa traduzione dell’ordinanza genetica prima dell’interrogatorio di garanzia non poteva, comunque, equipararsi all’assoluto impedimento dell’indagato alla partecipazione all’interrogatorio di cui all’art. 294, comma 2, cod proc pen., potendo, al più integrare un’ipotesi di nullità dell’ordinanza genetica conseguente alla mancata traduzione del provvedimento
genetico entro un termine congruo, quale obbligo che sorge per il caso in cui la mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell’indagato emerga successivamente all’emissione dell’ordinanza cautelare (cfr. SS.UU.n. 15069/2024), ipotesi tuttavia in concreto nella specie non ricorrente tenuto conto che la traduzione era stata prontamente disposta, e che l’ordinanza tradotta era stata notificata al prevenuto sì successivamente, ma entro un termine ritenuto congruo alla luce della mole del materiale da tradurre.
Con atto di appello la difesa riproponeva le considerazioni svolte a sostegno dell’istanza come sopra rigettata, e deduceva la contraddittorietà del provvedimento impugnato nella parte in cui, da un lato, giustificava il deposito tardivo mediante il richiamo alla mole del materiale da tradurre e, dall’altro, affermava la congruità del termine per il deposito della traduzione, pari a 63 giorni, nonostante quello originariamente fissato per l’assolvimento dell’incarico era stato disposto in soli 20 giorni.
Con l’ordinanza del 18 ottobre 2024 il Tribunale della Libertà rigettava l’appello, rilevando che: a)la vicenda in questione non è inquadrabile nei termini dell’impedimento assoluto dell’indagato a partecipare all’interrogatorio ai sensi dell’art. 294, comma 2, cod proc pen.; b)avvedutosi della mancata conoscenza in capo all’indagato della lingua italiana il giudice per le indagini preliminari ha sospeso l’udienza, nominato un interprete di lingua inglese; conferito «l’incarico di tradurre oralmente al prevenuto tutto ciò che veniva compiuto nel corso dell’udienza e dunque anche le contestazioni elevate a carico del COGNOME nonché gli elementi posti a fondamento dell’applicazione della misura cautelare, consentendo allo stesso di partecipare coscientemente al compimento dell’atto, e dunque di esercitare le prerogative di difesa allo stesso riconosciute dall’ordinamento. In aggiunta il G.i.p. conferiva all’interprete l’incarico di tradurre in lingua inglese l’ordinanza applicativa della misura cautelare, attribuendo allo stesso il termine di 20 giorni decorrente dalla data dell’interrogatorio di garanzia, ovvero il 25 giugno 2024», termine poi prorogato, prima della scadenza di quello originariamente fissato, di ulteriori giorni 20, entro i quali la traduzione è stata depositata, per essere immediatamente notificata al prevenuto il 28 agosto 2024; c)la vicenda deve ricondursi nell’alveo di una eventuale ipotesi di nullità generale a regime intermedio dell’ordinanza genetica conseguente alla mancata traduzione del provvedimento applicativo della misura cautelare entro un termine congruo, quale obbligo insorgente per il caso in cui la mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell’indagato emerga successivamente all’emissione dell’ordinanza cautelare (in termini SS.UU n. 15069/2024); situazione nella specie non sussistente perché il termine entro cui è stata effettuata non può ritenersi incongruo: la nomina dell’interprete è stata immediata allo svelarsi della
condizione che la imponeva, la traduzione è stata effettuata entro il termine (sia pur prorogato a seguito del vaglio della istanza di proroga positivamente compiuto dal giudice), il termine, complessivo, non può ritenersi incongruo, attesa la difficoltà intrinseca dell’incarico commesso e delle condizioni lavorative, documentate, dell’interprete traduttore, l’ordinanza tradotta in lingua inglese è stata poi notificata al prevenuto il 28 agosto 2024; con la conseguenza che nessuna nullità si è determinata nello specifico; d)l’infondatezza dell’istanza della difesa si sostanzia, anche, nella mera prospettazione della incongruenza del termine, in difetto dell’indicazione di un interesse a ricorrere concreto, attuale e verificabile, non essendo sufficiente la mera allegazione di un pregiudizio astratto e potenziale.
L’unico motivo di ricorso, che ripropone le argomentazioni di cui alla primigenia istanza inoltrata al giudice per le indagini preliminari ed all’appello spiegato avverso la decisione di quel giudice, non si confronta con le motivazioni rese dai giudici di merito, incorrendo, anche per ciò solo, in una causa di inammissibilità, cd. “estrinseca”.
Le Sezioni Unite della Corte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01; conformi, ex multís, Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, Greco, Rv. 277811 – 01; Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 275841 – 01) hanno precisato che i motivi di impugnazione (sia in appello che in cassazione) sono affetti da genericità «estrinseca» quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato), posto che l’atto di impugnazione «non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato» (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425), e da genericità «intrinseca» quando risultano intrinsecamente indeterminati, risolvendosi sostanzialmente in formule di stile, come nel caso di appelli fondati su considerazioni generiche o astratte, o comunque non pertinenti al caso concreto (ex multis, Sez. 6, n. 3721 del 2016 e Sez. 1, n. 12066 del 05/10/1992, Makram), ovvero su generiche doglianze concernenti l’entità della pena a fronte di sanzioni sostanzialmente coincidenti con il minimo edittale (ex multis, Sez. 6, n. 18746 del 21/01/2014, COGNOME, Rv. 261094).
E’ inammissibile, inoltre, per carenza di interesse.
Nel sistema processuale penale, la nozione di interesse ad impugnare non può essere basata sul concetto di soccombenza – a differenza delle impugnazioni civili che presuppongono un processo di tipo contenzioso, quindi una lite intesa come
conflitto di interessi contrapposti – ma va piuttosto individuata in una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, d rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e in quella, positiva, del conseguimento di un’utilità, ossia di una decisione più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame, e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo. (Sez. U, Sentenza n. 6624 del 27/10/2011 Cc. (dep. 17/02/2012 ) Rv. 251693 – 01). L’interesse a proporre impugnazione deve essere apprezzabile non solo nei termini dell’attualità, ma anche in quelli della concretezza, sicché non può risolversi nella mera aspirazione alla correzione di un errore di diritto contenuto nella sentenza impugnata (Sez. U, n. 40049 del 29/05/2008, Guerra, Rv. 240815 – 01). La concretezza dell’interesse può, peraltro, ravvisarsi anche quando l’impugnazione sia volta esclusivamente a lamentare una violazione astratta di una norma di diritto formale, purché però da essa derivi un reale pregiudizio dei diritti dell’imputato, che si intendono tutelare attraverso il raggiungimento di un risultato non soltanto teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole (Sez. Un., 11 maggio 1993, n. 6203, COGNOME, m. 193743; Sez. Un., 24 marzo 1995, n. 9616, COGNOME, m. 202018). In particolare, l’interesse richiesto dall’art. 568, quarto comma, cod. proc. pen., quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente (Sez. Un., 13 dicembre 1995, n. 42/1996, Timpani, m. 203093).
Nella specie difetta l’interesse siffatto, in alcun modo essendo stato allegato dal ricorrente in che modo e misura, rispetto al contenuto motivazionale dell’ordinanza, la mancata tempestiva conoscenza dello stesso avrebbe potuto influire sulle proprie strategie difensive.
Sulla carenza di interesse si tornerà, più specificamente, di seguito.
Neppure è predicabile la più volte denunciata violazione di legge.
Concorda il Collegio con l’inquadramento della vicenda procedinnentale postulato dal Tribunale della Libertà.
Nulla è contestato al proposito degli adempimenti di cui all’art. 293 cod proc pen da parte della difesa che, solo, reitera la protesta della non idoneità allo scopo della piena difesa della sola assistenza all’atto dell’interprete che il giudice per le indagini preliminari, previa sospensione dell’udienza fissata ex art. 294 c.p.p., aveva nominato (oltre che quale traduttore della ordinanza genetica, anche) quale proprio ausiliario per rendere edotto l’indagato delle contestazioni a suo carico e delle ragioni che avevano condotto all’applicazione della misura cautelare prima di
procedere alla raccolta delle sue dichiarazioni, comunque avendo solo in quella sede appreso la mancata conoscenza da parte dell’indagato della lingua italiana. La situazione rileva, al più, un’ipotesi di nullità dell’ordinanza genetica, nella specie comunque neppure ricorrente.
E, infatti, per il caso in cui la circostanza della mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell’indagato emerga prima dell’emissione del provvedimento cautelare, è stato ravvisato, da Sez. U, Sentenza n. 15069 del 26/10/2023 Cc. (dep. 11/04/2024 ) Rv. 286356 – 01, il vizio di nullità, a regime intermedio, derivante, nel caso di specie, dal combinato disposto degli artt. 143 e 292 cod. proc. pen..
Come anticipato ciò comporta la necessità di precisare l’assunto della già genericamente rilevata carenza di interesse, al cui riguardo si richiama testualmente quanto affermato sempre da Sez. U, Sentenza n. 15069 del 26/10/2023 Cc. (dep. 11/04/2024 ) Rv. 286356 – 01: «Occorre, in proposito, osservare, che il soggetto alloglotta che lamenta la violazione delle sue prerogative difensive, per effetto della mancata traduzione del provvedimento restrittivo adottato nei suoi confronti, non può semplicemente limitarsi a dolersi dell’omissione, ma, in coerenza con la natura generale a regime intermedio delle nullità, che, nella specie, vengono in rilievo, ha l’onere di indicare l’esistenza di un interesse a ricorrere, concreto, attuale e verificabile, non rilevando, in tal senso, la mera allegazione di un pregiudizio astratto o potenziale (tra le altre, Sez. 2, n.
Anche per quello che ne occupa -ipotesi, che si verifica quando la mancata conoscenza della lingua italiana emerga in un momento successivo all’adozione del provvedimento e che, legittimamente, non sia stato accompagnato da traduzione (essendo dunque non possibile in tal caso il ricorso al combinato disposto degli artt. 143 e 292 cod. proc. pen.), non potendosi giustificare un trattamento deteriore all’indagato/imputato basato sul mero fatto temporale della solo successiva emersione della non conoscenza della lingua italiana- deve garantirsi l’esplicazione, quale diritto «soggettivo perfetto direttamente azionabile», come tale affermato a chiare lettere della Corte costituzionale (Corte cost., sent. n. 10 del 1993, cit.), della necessaria comprensione da parte del destinatario di un provvedimento incidente sulla stessa libertà personale del medesimo, atteso che, come stabilito da questa Corte in una risalente pronuncia, la nozione di intervento dell’imputato di cui all’art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. «non può essere intesa nel senso di mera presenza fisica dell’imputato nel procedimento », comportando «la partecipazione attiva e cosciente del reale protagonista della vicenda processuale, al quale deve garantirsi l’effettivo esercizio dei diritti e delle facoltà di cui lo stesso è titolare » (Se n. 4242 del 20/06/1997, Masone, Rv. 208597 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
33455 del 20/04/2023, Modellar°, Rv. 285186 – 01; Sez. 4, n. 4789 del 19/02/1992, Sità, Rv. 189947 – 01). L’interesse a dedurre una tale patologia processuale, infatti, sussiste soltanto se ed in quanto il soggetto alloglotta abbia allegato di avere subito, in conseguenza dell’ordinanza non tradotta, un pregiudizio illegittimo. Sul punto, è opportuno richiamare Sez. 1, n. 13291 del 19/11/1998, Senneca, Rv. 211870 – 01, secondo cui non si può prefigurare alcuna nullità dell’atto, laddove «sia solo l’imputato a dolersene, senza indicare un suo concreto e attuale interesse al riguardo, non avendo alcun valore la semplice allegazione di un pregiudizio del tutto astratto». Si tratta, a ben vedere, di una conclusione imposta dalla giurisprudenza consolidata in tema di interesse a impugnare, risalente a Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251693 – 01, secondo cui tale nozione deve essere ricostruita «in una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e in quella, positiva, del conseguimento di un’utilità, ossia di una decisione più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame, e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo» ».
Pronuncia che il collegio intende richiamare, come peraltro già fatto dai giudici del merito, anche quanto all’ulteriore censura difensiva in termini di congruità del termine disposto per la traduzione dell’ordinanza da parte del giudice per le indagini preliminari.
Coerente al costante insegnamento di legittimità ribadisce la Corte nel suo massimo consesso che è « pacifico che la verifica della congruità del termine di cui all’ad. 143, comma 2, cod. proc. pen., pur non essendo agevole, costituisce una questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito, che si sottrae al sindacato di legittimità, laddove motivata, in conformità dei criteri della logica e delle massime di esperienza, nel rispetto delle emergenze processuali. Non può, in proposito, non richiamarsi il seguente principio di diritto: «L’accertamento relativo alla conoscenza da parte dell’imputato della lingua italiana spetta al giudice di merito, costituendo un’indagine di mero fatto non censurabile in sede di legittimità se motivato in termini corretti ed esaustivi» (Sez. 6, n. 28697 del 17/04/2012, Wu, Rv. 253250 – 01; si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 2, n. 46139 del 28/10/2015, Reznikov, Rv. 265213 – 01; Sez. 1, n. 2263 del 14/05/2014, Tahiri, Rv. 261998 – 01; Sez. 5, n. 33775 del 27/02/2014, COGNOME, Rv. 261640 – 01; Sez. 2, n. 40807 del 06/10/2005, COGNOME, Rv. 232593 – 01). Il giudice di merito, pertanto, è tenuto a compiere una valutazione rigorosa dei profili fattuali relativi alle modalità con cui la traduzione dell’atto è sta eseguita, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, che, già in passato, aveva precisato come le conseguenze sul piano della validità della misura cautelare
si producono nelle ipotesi di traduzioni effettuate in un termine incongruo, nel valutare il quale occorre, tra l’altro, tenere «conto dei tempi tecnici richiesti per il reperimento dell’interprete e l’effettuazione della traduzione, con la conseguenza che nessuna nullità sussiste quando tali tempi siano contenuti nell’arco di pochi giorni» (Sez. 6, n. 48469 del 04/12/2008, COGNOME, Rv. 242147 – 01; in senso conforme, si veda anche SeZ. 6, n. 9041 del 15/02/2006, COGNOME, Rv. 233916 – 01). Quest’ultimo richiamo giurisprudenziale è opportuno per comprendere che i profili fattuali in questione possono assumere un rilievo estremamente variegato, potendo i tempi tecnici della traduzione di un atto processuale ‘dipendere da una molteplicità di fattori, tra loro eterogenei, quali, ad esempio, la complessità del provvedimento che deve essere tradotto; l’elevato numero dei soggetti coinvolti nelle operazioni di traduzione; la difficoltà di reperire un traduttore che comprenda la lingua del soggetto alloglotta, per la rarità dell’idioma parlato dallo straniero.» Non può allora che rigettarsi anche la censura in proposito svolta dalla difesa al cospetto di una motivazione del Tribunale che – a fronte di una traduzione disposta non appena è emersa la circostanza che la rendeva necessaria ed effettuata nel termine concesso- non si è sottratto alla verifica delle concrete emergenze processuali e fattuali, laddove anche l’autorizzata proroga ha valorizzato, logicamente e senza contraddizioni palesi, il concomitante svolgimento da parte del perito di pregresso incarico, ponendolo in correlazione con la ponderosità e la complessità dell’incarico da ultimo affidato, alfine svolto nel termine (anche prorogato) fissato, con la pronta notifica all’interessato della ordinanza in lingia inglese.
In ogni caso, e da ultimo, si deva rilevare come, trattandosi di un’ipotesi di nullità generale a regime intermedio, ex artt. 178, comma 1, lett c), e 180 cod proc pen, la stessa doveva «essere eccepita con l’impugnazione dell’ordinanza applicativa dinanzi al tribunale del riesame, restando altrimenti preclusa la sua deducibilità e la sua rilevabilità» (Sez. 1, n. 1262 del 20/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 276482 – 01; in senso conforme, si vedano Sez. 3, n. 41786 del 26/10/2021, COGNOME, Rv. 282460 – 01; Sez. 1, n. 1072 del 20/11/2019, dep. 2020, Luca, Rv. 278069 01), essendo principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte suprema quello secondo il quale la proposizione della richiesta di riesame ha effetti sananti della discussa nullità sempre che la richiesta di riesame non sia stata presentata solo per dedurla (il che nella specie non è), specificandosi che la nullità a regime intermedio deve ritenersi sanata qualora l’interessato abbia successivamente esercitato il proprio diritto di difesa in modo tale da far presupporre la iena e completa comprensione del provvedimento cautelare.
Ne consegue la inammissibilità del ricorso con onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp att cod proc pen.
Così deciso il 10 gennaio 2025
La Cons. est