Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 16975 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 16975 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CATANZARO il 13/02/1973
avverso l’ordinanza del 19/11/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 19 novembre 2024 il Tribunale di Catanzaro ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse di COGNOME NOME avverso l’ordinanza del Gip del locale Tribunale del 21.10.2024 applicativa della misura cautelare dell’obbligo di dimora nel comune di residenza, ritenuti un quadro di gravità indiziaria in relazione ai delitti di cui ai capi 1), 2) e 39) dell’incolpazi provvisoria nonché le esigenze cautelari di cui all’art. 274 lett. a) e c) cod.proc.pen.
Il ruolo dell’odierno ricorrente era emerso nell’ambito di un’indagine che aveva disvelato l’esistenza di un’associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti contro la libertà individuale, la fede pubblica ed il patrimonio facente capo a COGNOME NOME, amministratore di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Era stato in particolare accertato che nell’ambito dei supermercati del gruppo RAGIONE_SOCIALE era in corso un’attività di impiego di manodopera a basso costo costringendo i lavoratori a sottostare a condizioni di lavoro inique mediante accordi non scritti all’atto dét l esunzione.
In-tale contesto al COGNOME, in qualità di responsabile del punto vendita di Chiaravalle Centrale, era ascritto il ruolo di partecipe della consorteria ed i connessi reati fine di sfruttamento del lavoro di cui all’art. 603 bis cod.pen. ai danni dei lavoratori Serratore e Pacenza.
Sul piano cautelare era stata ritenuta la sussistenza sia del pericolo di recidiva, avuto riguardo alle modalità ed alle circostanze dei fatti, sia il pericolo d inquinamento probatorio, in ragione del ruolo ricopérto dall’indagato e del conseguente rischio di avvicinamento dei lavoratori al fine di minare la genuinità delle loro dichiarazioni.
1.1. Il Tribunale in sede di riesame ha in primo luogo disatteso l’eccezione di inefficacia sollevata dal ricorrente per la violazione del termine di cui all’art. 309 comma 5, cod.proc.pen.; quindi ha confermato il quadro di gravità indiziaria in ordine ai reati contestati nonché la sussistenza delle ritenute esigenze cautelari.
Avverso detta ordinanza l’indagato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. ,
Con il primo motivo deduce ai sensi dell’art. 606 comma 1, lett. c) in relazione agli artt. 309, commi 5 e 10, e 178 comma 1, lett. c) cod.proc.pen. la tardiva trasmissione di atti sopravvenuti sia rispetto all’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare che alla proposizione della richiesta di riesame depositata ex
art. 309 cod.proc.pen. con conseguente declaratoria di inefficacia della misura ai sensi dell’art. 309, comma 10, cod.proc.pen.
In ogni caso, qualora tali atti non vengano ritenuti elementi favorevoli all’indagato, si eccepisce la nullità dell’ordinanza impugnata per violazione del diritto di difesa in relazione alla mancata concessione del termine necessario per la consultazione degli atti depositati a sorpresa il giorno prima dell’udienza di riesame.
Si assume che l’Ufficio di Procura nel giorno precedente all’udienza di discussione del riesame ha proceduto al deposito di atti contenenti sommarie informazioni rese dai lavoratori impiegati presso gli esercizi commerciali coinvolti e di tale deposito non ha dato nessun avviso alla difesa che ne ha preso cognizione solo a seguito della discussione orale del Pubblico Ministero il quale all’esito aveva proceduto al deposito di appunti di memoria facenti riferimento agli atti sopravvenuti all’emissione dell’ordinanza custodiale.
In realtà il Tribunale non ha risposto ad altre eccezioni svolte dalla difesa, al di là della violazione dell’art. 309 comma 5 cod.proc.pen., ovvero alla richiesta di concedere un termine a difesa per la consultazione di tali atti.
Si rileva che la motivazione dell’ordinanza impugnata fa riferimento a tali dichiarazioni testimoniali sopravvenute che concernono la nota n. 376370 del 15.11.2024 della Guardia di Finanza di Catanzaro contenente le sit di più lavoratori tutti escussi nelle date del 7, 8, 9, 10 e 11 novembre 2024 mentre la richiesta di riesame é stata proposta in data 7 novembre 2024.
Con il secondo motivo deduce ai sensi dell’art. 606 comma 1, lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 416 cod. pen.e 603 bis cod.pen. l’erronea applicazione della legge penale con riferimento alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria in relazione ai delitti di associazione per delinquere e di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro nonché la carenza di motivazione e la manifesta illogicità e l’apparenza della stessa in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione ai reati contestati.
Si assume che il Tribunale non ha motivato il ritenuto quadro di gravità indiziaria in ordine all’ipotizzata associazione per delinquere ma ancora di più non ha speso una sola parola per giustificare sulla base di quali elementi il COGNOME avrebbe fatto parte di tale consorteria. Nè ha provveduto ad individuare la condotta rilevante ai sensi del reato di cui all’art. 603 bis cod.pen. limitandosi a riportare i contenuto delle dichiarazioni rese dai lavoratori.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
La difesa dell’indagato ha depositato memoria di replica alla requisitoria del Procuratore generale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo é manifestamente infondato.
E’ principio consolidato della giurisprudenza di questa Corte che la produzione in udienza da parte del P.M., ai sensi dell’art. 309, comma 9, cod. proc. pen., di elementi non posti a base della domanda cautelare, non si traduce in una menomazione dell’attività difensiva e non compromette il contraddittorio tra le parti se, attraverso l’assegnazione di un congruo termine, la difesa è posta nelle condizioni di conoscere e valutare l’ulteriore produzione dell’accusa, e l’indagato di difendersi concretamente (in materia di impugnazione di misura cautelare reale, Sez. 2, n. 36451 del 03/06/2015, COGNOME, Rv. 264545).
Ed infatti, nell’ipotesi rn cui il pubblico ministero abbia introdotto dei nuovi elementi probatori a carico all’udienza di riesame, il Tribunale, al fine di assicurare la piena applicazione del contraddittorio, deve assegnare all’indagato un termine a difesa, ma la congruità di tale termine va apprezzata in rapporto alla scansione temporale che governa il procedimento di riesame, al fine di consentire il rispetto del termine di dieci giorni per la decisione previstoAdall’art. 309, commi 9 e 10, cod. proc. pen.; solo eccezionalmente la concessione del termine può comportare il rinvio dell’udienza ad altra data, essendo di regola sufficiente una contenuta sospensione della trattazione del procedimento per consentire alla difesa di esaminare le nuove produzioni (Sez. 3, n. 22137 del 06/05/2015, COGNOME, Rv. 263664).
Tale principio è stato affermato anche in tema di impugnazioni relative a misure cautelari personali, laddove pertanto il Tribunale deve assegnare all’indagato che ne faccia richiesta un termine a difesa per esaminare i nuovi elementi probatori a carico presentati dal pubblico ministero in udienza (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto sufficiente una sospensione della durata di pochi minuti dell’udienza di riesame, non essendosi peraltro il difensore opposto alla brevità del termine concessogli, ma solo, genericamente, all’acquisizione degli atti (Sez. 6, n.35690 de/12/06/2019, Rv. 277194;Sez.4 n.21754 del 26/06/2020, Rv. 279298).
Solo il difetto della concessione del termine o l’incongruità dello stesso xconfigura un’ipotesi di nullità generale a regime intermedio ex art. 178, lett. c), cod. proc. pan., in quanto attiene all’assistenza dell’indagato che deve essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine di cui all’art. 182, comma 2, cod. proc. pen., dal difensore presente e, quindi, al più tardi, immediatamente dopo il
compimento dell’atto che nega il termine o lo concede in misura che si sostiene incongrua (Sez. 6, n. 53720 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 262092).
1.1. Ciò premesso, nella specie, dalla verifica del verbale dell’udienza del 19.11.2024, in sede di riesame, si evince che i difensori dell’indagato avevano eccepito la decadenza della misura per tardiva trasmissione degli atti da parte del PM e violazione dell’art.. 309, comma 5, cod.proc.pen. non essendo stata avanzata alcuna altra richiesta e segnatamente quella di un termine a difesa di talché le doglianze oggi formulate risultano prive di fondamento.
Il secondo motivo é del pari manifestamente infondato.
Va ribadito che in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione con il quale si lamenti l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone e sviluppa censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, Lupo, Rv. 252178). Conseguentemente, alla Corte Suprema spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice d merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 26992 del 29/5/2013, Rv. 255460; conf. Sez. 4, n. 37878 del 6/7/2007, COGNOME e altri, Rv. 237475).
Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere interno al provvedimento imp.ugnato, non essendo possibile procedere ad una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate. In altri termini, è consentito in questa sede esclusivamente verificare se le argomentazioni spese sono congrue rispetto al fine giustificativo del provvedimento impugnato. Se, cioè, in quest’ultimo, siano o meno presenti due requisiti, l’uno di carattere positivo e l’altro negativo, e cioè l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative su cui si fonda e l’assenza di illogicità evidenti, risultanti, cioè, prima facie dal testo del provvedimento impugnato.
2.1. Ebbene, nella specie, l’ordinanza impugnata, sulla base dell’ampio compendio indiziario costituito dalle intercettazioni telefoniche e dalle dichiarazioni rese dai lavoratori, ha dato conto con motivazione logica e diffusa di un quadro di gravità indiziaria in ordine all’esistenza di un sodalizio criminoso
finalizzato ad imporre sistematicamente ai dipendenti condizioni di lavoro iniqu con la realizzazione dei reati fine consistenti nello sfruttamento d
manodopera costretta per ragioni di bisogno ad accettare orari di lavoro be superiori a quelli previsti dalla contrattazione collettiva, con retrib
fortemente ridotte e rinuncia alle ferie e ciò in forza di accordi verbali inte con il COGNOME.
Con riguardo all’intraneità del’COGNOME al sodalizio criminoso di cui al capo
– 1, il
Tribunale del riesame ha posto in rilievo, con motivazione immune da vizi logici, come il prevenuto, nel suo ruolo di responsabile di una delle sedi del gruppo, avesse la p
consapevolezza di essere parte attiva in tale sistema di continuativo e consolidato sfruttamento dei lavoratori, nel quale lo stesso applicava in concreto ai dipendenti d
filiale le condizioni contrattuali predisposte dal “dominus”,
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emblematiche nell’iter logico argomentativo seguito dal Tribunale riguardo
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–
conversazioni intercettate intercorse tra flIred il COGNOME che evidenzi con plastica evidenza come lo stesso fosse ben a conoscenza sia del trattamento
economico che dell’orario di lavoro applicato ai dipendenti, emergendo nei colloqui sia il riferimento al fatto che i neo assunti avrebbero dovuto sottos agli “orari del punto vendita”, “secondo t soliti accordi”, che alla circostanz l’orario era di “50 ore settimanali”. Elementi questi che hanno trovato piena rispondenza nelle sommarie informazioni rese dalla COGNOME e dalla COGNOME.
L’ordinanza impugnata ha quindi enucleato, senza incorrere in aporie logiche, sia gli elementi integranti il reato di intermediazione illecita e sfruttament lavoro, di cui ai capi 2) e 39) dell’incolpazione provvisoria, che del r associativo di cui al capo 1) ponendo in rilievo il concreto e costante appo offerto dal COGNOME, in attuazione del disegno criminoso del COGNOME.
In conclusione il ricorso, manifestamente infondato, va dichiarato inammissibile. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa dell ammende.