Diritto di Difesa e Traduzione degli Atti: Analisi della Cassazione
Il diritto di difesa rappresenta un pilastro del nostro ordinamento giuridico, specialmente nel processo penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 38804 del 2024, offre spunti cruciali sulla sua applicazione pratica, in particolare per gli indagati che non parlano la lingua italiana. La questione centrale riguarda la tempistica della traduzione degli atti giudiziari e se una consegna a ridosso dell’udienza costituisca di per sé una lesione di tale diritto.
I Fatti del Caso: Detenzione di Stupefacenti e Ricorso per Riesame
La vicenda ha origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Padova nei confronti di un cittadino straniero, accusato di detenzione in concorso di oltre due chilogrammi di cocaina. L’interessato, tramite il suo legale, presentava istanza di riesame al Tribunale di Venezia.
Il punto nevralgico della difesa si concentrava su una presunta violazione procedurale: la traduzione in lingua albanese dell’ordinanza cautelare era stata consegnata all’indagato solo il giorno precedente all’udienza di riesame. Secondo il ricorrente, questa tempistica ristretta avrebbe compromesso gravemente il suo diritto di difesa, impedendogli di comprendere appieno le accuse e di preparare un’adeguata contro-argomentazione.
Il Diritto di Difesa e la Tempistica della Traduzione
Il ricorrente lamentava la violazione degli articoli 143 e 178, lettera c), del codice di procedura penale. L’art. 143, in particolare, sancisce il diritto dell’imputato che non conosce la lingua italiana a essere assistito gratuitamente da un interprete e ad avere la traduzione degli atti essenziali. La difesa sosteneva che la consegna tardiva della traduzione equivaleva a una sua omissione, rendendo nullo l’atto.
Il Tribunale del riesame, tuttavia, aveva già rigettato questa tesi, e la questione è quindi giunta all’esame della Suprema Corte. La difesa ha insistito, invocando anche un recente principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione, secondo cui un’ordinanza non tradotta è valida solo se si dimostra che l’indagato conosce l’italiano, altrimenti è nulla.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La Corte ha basato la sua decisione su una valutazione concreta delle circostanze, piuttosto che su un’applicazione automatica e formale delle norme invocate.
Le Motivazioni
I giudici di legittimità hanno ricostruito dettagliatamente la cronologia degli eventi. L’indagato aveva ricevuto la traduzione il 30 novembre alle 12:35, mentre l’udienza si era tenuta il 1° dicembre alle 9:51. Durante tale udienza, l’uomo era regolarmente assistito sia dal suo avvocato di fiducia sia da un interprete di lingua albanese.
L’elemento decisivo, secondo la Corte, è che né l’indagato né il suo difensore avevano formulato una richiesta di rinvio o di concessione di un “termine a difesa”, come previsto dall’art. 309, comma 9-bis, c.p.p. Questo strumento procedurale è specificamente pensato per consentire alla difesa di avere più tempo per esaminare gli atti e preparare le proprie argomentazioni. La mancata richiesta è stata interpretata come una rinuncia a far valere l’eventuale pregiudizio.
Inoltre, la Corte ha sottolineato che l’ordinanza originale era stata notificata il 23 novembre e il riesame presentato il 24 novembre. C’era quindi stato un lasso di tempo sufficiente, tra la presentazione del riesame e l’udienza, per un’eventuale richiesta di differimento in attesa della traduzione. Il riferimento al principio delle Sezioni Unite è stato ritenuto “stravagante”, poiché in quel caso si discuteva di una traduzione totalmente omessa, mentre nel caso di specie la traduzione era stata regolarmente effettuata e consegnata, sebbene a ridosso dell’udienza.
Le Conclusioni
In conclusione, la Corte ha affermato che non può essere ravvisata alcuna lesione del diritto di difesa quando, pur a fronte di una consegna non tempestiva della traduzione, la difesa ha a disposizione strumenti processuali per ovviare al problema (come la richiesta di un termine) e sceglie di non utilizzarli. La presenza costante dell’avvocato e dell’interprete durante l’udienza ha ulteriormente rafforzato la convinzione che la difesa sia stata effettivamente garantita. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro.
La consegna della traduzione dell’ordinanza cautelare il giorno prima dell’udienza di riesame viola sempre il diritto di difesa?
No. Secondo la sentenza, non si configura una violazione automatica se l’indagato è assistito da un difensore e da un interprete e, soprattutto, se la difesa non richiede un termine per poter esaminare l’atto e preparare le proprie argomentazioni.
Cosa avrebbe potuto fare la difesa per tutelare il diritto dell’indagato?
La difesa avrebbe potuto chiedere un termine a difesa, ai sensi dell’art. 309, comma 9-bis, del codice di procedura penale. Questo avrebbe consentito di ottenere un rinvio dell’udienza per avere il tempo necessario ad analizzare la traduzione e formulare eventuali doglianze aggiuntive.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché, sulla base degli atti, non è emersa alcuna lesione concreta del diritto di difesa. La Corte ha ritenuto che la mancata richiesta di un termine a difesa, unita alla presenza di legale e interprete, dimostrasse che l’indagato era stato messo nelle condizioni di difendersi efficacemente.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 38804 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 38804 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2024
SENTENZA
sul ricorso di NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza in data 01/12/2023 del Tribunale di Venezia, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; letta per il ricorrente la memoria dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 10 dicembre 2023 il Tribunale del riesame di Venezia ha rigettato l’istanza di riesame presentata da NOME COGNOME avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa in data 18 novembre 2023 dal G.i.p. del Tribunale di Padova, per detenzione in concorso di 2,173 chili di cocaina.
Il ricorrente formula un’unica doglianza con cui eccepisce la violazione degli art. 143 e 178 lett. c), cod. proc. pen. perché la traduzione dell’ordinanza di custodia cautelare gli era stata consegnata il giorno stesso dell’udienza con lesione del suo diritto di difesa. Con la memoria ribadisce le sue ragioni e invoca ‘RAGIONE_SOCIALE‘(
l’applicazione del principio di diritto affermato nella sentenza a Sezioni Unite del 27 ottobre 2023 noto nell’informazione provvisoria, secondo cui l’ordinanza che applica la misura cautelare se non tradotta è valida fino a che si ritenga che l’indagato o l’imputato alloglotta conoscano la lingua italiana, diversamente è nulla.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
Risulta agli atti che il ricorrente ha ricevuto la traduzione in lingua albanese della ordinanza di custodia cautelare in carcere il 30 novembre 2023 alle ore 12,35 e che l’udienza innanzi al Tribunale del riesame si è tenuta il 1° dicembre 2023 alle 9,51 con la partecipazione dell’indagato assistito dal difensore di fiducia e dall’interprete di lingua albanese. Né l’indagato né il difensore hanno chiesto un termine a difesa per consentire al primo di formulare ulteriori o diverse doglianze rispetto a quelle compiutamente articolate dal suo difensore.
Peraltro, si sottolinea che l’ordinanza è stata emessa il 18 novembre 2023 e notificata in carcere il 23 novembre all’interessato che ha presentato il riesame in data 24 novembre. Il successivo 27 novembre sono pervenuti gli atti del P.m. e il Presidente ha fissato l’udienza del 10 dicembre 2023, per cui vi era ancora tempo per un eventuale differimento di udienza che peraltro il ricorrente non ha inteso richiedere ai sensi dell’art. 309, comma 9 -bis cod. proc. pen.
Il riferimento al principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite della Cort di cassazione all’udienza del 27 ottobre 2023 di cui è nota al momento della presente decisione solo l’informazione provvisoria è stravagante rispetto alla questione qui in esame in cui la traduzione dell’ordinanza di custodia cautelare è stata effettuata in un congruo termine. Pertanto, non consta che vi sia stata alcuna lesione del diritto di difesa dell’indagato.
Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, il 19 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente