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Diritto di difesa: quando la traduzione tardiva è lecita

La Corte di Cassazione ha stabilito che non sussiste una violazione del diritto di difesa se la traduzione dell’ordinanza di custodia cautelare viene fornita all’indagato alloglotta a ridosso dell’udienza di riesame, qualora né lui né il suo difensore abbiano richiesto un termine per preparare la difesa. Il caso riguardava un individuo accusato di detenzione di cocaina che lamentava la consegna della traduzione solo il giorno prima dell’udienza. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile poiché la presenza di un interprete e la mancata richiesta di rinvio sono stati ritenuti sufficienti a garantire un’adeguata difesa.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto di Difesa e Traduzione degli Atti: Analisi della Cassazione

Il diritto di difesa rappresenta un pilastro del nostro ordinamento giuridico, specialmente nel processo penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 38804 del 2024, offre spunti cruciali sulla sua applicazione pratica, in particolare per gli indagati che non parlano la lingua italiana. La questione centrale riguarda la tempistica della traduzione degli atti giudiziari e se una consegna a ridosso dell’udienza costituisca di per sé una lesione di tale diritto.

I Fatti del Caso: Detenzione di Stupefacenti e Ricorso per Riesame

La vicenda ha origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Padova nei confronti di un cittadino straniero, accusato di detenzione in concorso di oltre due chilogrammi di cocaina. L’interessato, tramite il suo legale, presentava istanza di riesame al Tribunale di Venezia.

Il punto nevralgico della difesa si concentrava su una presunta violazione procedurale: la traduzione in lingua albanese dell’ordinanza cautelare era stata consegnata all’indagato solo il giorno precedente all’udienza di riesame. Secondo il ricorrente, questa tempistica ristretta avrebbe compromesso gravemente il suo diritto di difesa, impedendogli di comprendere appieno le accuse e di preparare un’adeguata contro-argomentazione.

Il Diritto di Difesa e la Tempistica della Traduzione

Il ricorrente lamentava la violazione degli articoli 143 e 178, lettera c), del codice di procedura penale. L’art. 143, in particolare, sancisce il diritto dell’imputato che non conosce la lingua italiana a essere assistito gratuitamente da un interprete e ad avere la traduzione degli atti essenziali. La difesa sosteneva che la consegna tardiva della traduzione equivaleva a una sua omissione, rendendo nullo l’atto.

Il Tribunale del riesame, tuttavia, aveva già rigettato questa tesi, e la questione è quindi giunta all’esame della Suprema Corte. La difesa ha insistito, invocando anche un recente principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione, secondo cui un’ordinanza non tradotta è valida solo se si dimostra che l’indagato conosce l’italiano, altrimenti è nulla.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La Corte ha basato la sua decisione su una valutazione concreta delle circostanze, piuttosto che su un’applicazione automatica e formale delle norme invocate.

Le Motivazioni

I giudici di legittimità hanno ricostruito dettagliatamente la cronologia degli eventi. L’indagato aveva ricevuto la traduzione il 30 novembre alle 12:35, mentre l’udienza si era tenuta il 1° dicembre alle 9:51. Durante tale udienza, l’uomo era regolarmente assistito sia dal suo avvocato di fiducia sia da un interprete di lingua albanese.

L’elemento decisivo, secondo la Corte, è che né l’indagato né il suo difensore avevano formulato una richiesta di rinvio o di concessione di un “termine a difesa”, come previsto dall’art. 309, comma 9-bis, c.p.p. Questo strumento procedurale è specificamente pensato per consentire alla difesa di avere più tempo per esaminare gli atti e preparare le proprie argomentazioni. La mancata richiesta è stata interpretata come una rinuncia a far valere l’eventuale pregiudizio.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che l’ordinanza originale era stata notificata il 23 novembre e il riesame presentato il 24 novembre. C’era quindi stato un lasso di tempo sufficiente, tra la presentazione del riesame e l’udienza, per un’eventuale richiesta di differimento in attesa della traduzione. Il riferimento al principio delle Sezioni Unite è stato ritenuto “stravagante”, poiché in quel caso si discuteva di una traduzione totalmente omessa, mentre nel caso di specie la traduzione era stata regolarmente effettuata e consegnata, sebbene a ridosso dell’udienza.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte ha affermato che non può essere ravvisata alcuna lesione del diritto di difesa quando, pur a fronte di una consegna non tempestiva della traduzione, la difesa ha a disposizione strumenti processuali per ovviare al problema (come la richiesta di un termine) e sceglie di non utilizzarli. La presenza costante dell’avvocato e dell’interprete durante l’udienza ha ulteriormente rafforzato la convinzione che la difesa sia stata effettivamente garantita. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro.

La consegna della traduzione dell’ordinanza cautelare il giorno prima dell’udienza di riesame viola sempre il diritto di difesa?
No. Secondo la sentenza, non si configura una violazione automatica se l’indagato è assistito da un difensore e da un interprete e, soprattutto, se la difesa non richiede un termine per poter esaminare l’atto e preparare le proprie argomentazioni.

Cosa avrebbe potuto fare la difesa per tutelare il diritto dell’indagato?
La difesa avrebbe potuto chiedere un termine a difesa, ai sensi dell’art. 309, comma 9-bis, del codice di procedura penale. Questo avrebbe consentito di ottenere un rinvio dell’udienza per avere il tempo necessario ad analizzare la traduzione e formulare eventuali doglianze aggiuntive.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché, sulla base degli atti, non è emersa alcuna lesione concreta del diritto di difesa. La Corte ha ritenuto che la mancata richiesta di un termine a difesa, unita alla presenza di legale e interprete, dimostrasse che l’indagato era stato messo nelle condizioni di difendersi efficacemente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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