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Diritto di difesa: no macchina da scrivere in carcere

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto in regime 41-bis che chiedeva di acquistare una macchina da scrivere per la presunta illeggibilità della sua grafia. Secondo la Corte, il diritto di difesa non subisce un pregiudizio concreto e attuale se le istanze manoscritte del detenuto sono sempre state comprese dall’autorità giudiziaria. La mera difficoltà di lettura non equivale a una lesione del diritto.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto di Difesa in Carcere: La Cassazione Nega la Macchina da Scrivere

La garanzia del diritto di difesa per ogni individuo, anche se detenuto, è un pilastro del nostro ordinamento giuridico. Tuttavia, l’esercizio di tale diritto deve bilanciarsi con le esigenze di sicurezza e ordine proprie dell’ambiente carcerario, specialmente in contesti di massima sicurezza come il regime del 41-bis. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il caso di un detenuto che richiedeva l’acquisto di una macchina da scrivere, sostenendo che la sua grafia illeggibile compromettesse la sua capacità di comunicare efficacemente con le autorità. La Corte, però, ha respinto la richiesta, stabilendo un importante principio sulla natura del pregiudizio necessario per affermare una lesione di questo diritto fondamentale.

I fatti del caso: la richiesta del detenuto

Un uomo, detenuto in regime speciale ex art. 41-bis dell’Ordinamento Penitenziario, presentava un’istanza per essere autorizzato all’acquisto di una macchina da scrivere. La motivazione addotta era la necessità di redigere istanze e reclami in modo leggibile, per superare le difficoltà causate dalla propria grafia, potenzialmente incomprensibile. La richiesta veniva respinta prima dal Magistrato di Sorveglianza e successivamente, in sede di reclamo, dal Tribunale di Sorveglianza. Secondo i giudici di merito, non vi era alcuna lesione del diritto di difesa, in quanto il detenuto poteva avvalersi dell’assistenza del proprio difensore e, soprattutto, perché non risultava che le sue precedenti istanze manoscritte fossero mai state fraintese o respinte per illeggibilità.

Il ricorso in Cassazione

Contro la decisione del Tribunale, il detenuto proponeva ricorso per cassazione, lamentando la violazione di diverse norme, tra cui quelle costituzionali che tutelano il diritto di difesa e la funzione rieducativa della pena. La difesa sosteneva che il diniego non fosse stato adeguatamente ponderato rispetto alle esigenze di sicurezza del regime differenziato e che la mancata inclusione della macchina da scrivere nell’elenco degli oggetti acquistabili non fosse un ostacolo insormontabile. Si evidenziava una “grave difficoltà” di lettura dei suoi scritti, pur ammettendo che fossero stati compresi in passato, e si contestava la possibilità di ricorrere a uno “scrivano” per ragioni di sicurezza.

Le motivazioni della Cassazione sul diritto di difesa

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e manifestamente infondato. Il fulcro della decisione risiede nella distinzione tra un mero interesse del detenuto e un pregiudizio concreto a un diritto soggettivo. Per attivare il reclamo giurisdizionale, non è sufficiente lamentare una generica difficoltà, ma occorre dimostrare un danno concreto ed attuale al proprio diritto di difesa.

Nel caso specifico, i giudici hanno evidenziato come lo stesso ricorrente non avesse mai subito un reale pregiudizio: tutte le sue istanze e i suoi reclami erano stati, nel tempo, sempre compresi. L’interlocuzione con l’amministrazione penitenziaria e con l’autorità giudiziaria non era mai stata interrotta o viziata da problemi di comunicazione. La Corte ha sottolineato che l’atto di impugnazione faceva riferimento a una ipotetica e mera “difficoltà” di lettura, non a una “incomprensibilità tout court” del testo. Di conseguenza, in assenza di una lesione effettiva, la richiesta perdeva il suo fondamento giuridico.

Inoltre, la Corte ha giudicato non pertinente il paragone con la giurisprudenza che autorizza l’acquisto di lettori CD, spiegando che tale apertura si basa sul concetto di progresso tecnologico, un argomento che non può essere applicato a uno strumento ormai datato come la macchina da scrivere.

Conclusioni: le implicazioni della sentenza

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: per lamentare la violazione del diritto di difesa in ambito penitenziario, non basta paventare un rischio o una difficoltà. È necessario che il detenuto dimostri di aver subito un pregiudizio reale e tangibile, che ha inciso negativamente sulla sua capacità di difendersi. La decisione conferma che l’amministrazione penitenziaria gode di un margine di discrezionalità nella gestione dei detenuti, soprattutto in regimi di alta sicurezza, e che le richieste dei carcerati devono essere supportate da prove concrete di una lesione dei loro diritti fondamentali. In mancanza di tale prova, prevalgono le valutazioni dell’amministrazione, a condizione che non siano manifestamente irragionevoli o lesive della dignità della persona.

Un detenuto può chiedere di acquistare un oggetto per esercitare il proprio diritto di difesa?
Sì, ma la richiesta deve essere finalizzata a fronteggiare un pregiudizio concreto e attuale al diritto di difesa. Non è sufficiente un mero interesse o una generica difficoltà se questa non ha mai impedito l’effettivo esercizio del diritto.

Per contestare un diniego dell’amministrazione penitenziaria è sufficiente lamentare una difficoltà?
No. Secondo la sentenza, è necessario dimostrare che la condotta dell’amministrazione ha causato un pregiudizio reale e non solo potenziale. Nel caso specifico, il fatto che gli scritti del detenuto, seppur di difficile lettura, fossero sempre stati compresi ha escluso la sussistenza di un danno al diritto di difesa.

Il paragone con altri strumenti tecnologici, come i lettori CD, è valido per giustificare l’acquisto di una macchina da scrivere?
No. La Corte ha ritenuto il richiamo alla giurisprudenza sui lettori CD non pertinente. Quella giurisprudenza si basa sul concetto di evoluzione tecnologica e progresso, un criterio che, secondo i giudici, non si applica a uno strumento obsoleto come la macchina da scrivere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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