Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 12409 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 12409 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/03/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOMECOGNOME nato a Catanzaro il 24/11/1999 visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso ; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso ;
avverso l’ordinanza emessa in data 17/10/2024 dal Tribunale di Catanzaro udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME udito il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 17/10/2024, il Tribunale di Catanzaro, adito con richiesta di riesame da COGNOME NOMECOGNOME ha confermato l’ordinanza applicativa della misura cautelare dell’obbligo di dimora, emessa nei suoi confronti in relazione al delitto di cessione di sostanza stupefacente (capo 164).
Ricorre per cassazione il COGNOME a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione di legge con riferimento alla ritenuta utilizzabilità delle intercettazioni, nonostante la mancata acquisizione agli atti del decreto di proroga comprendente la data in cui l’unica conversazione rilevante per la posizione del COGNOME era stata captata: acquisizione ritualmente richiesta in sede di riesame, con conseguente lesione del diritto della difesa di esaminare il decreto in questione.
2.2. Violazione di legge con riferimento al comma 1-bis dell’art. 270 cod. proc. pen. Si osserva che il decreto n. 228/2022 non aveva autorizzato la captazione per il reato di cui al capo 164), ma solo “per una più generica attività di spaccio ascritta a COGNOME NOME“, mentre l’intercettazione del colloquio con il COGNOME doveva ritenersi casuale: doveva pertanto escludersi la fondatezza di quanto osservato dal Tribunale in ordine al fatto che la captazione era stata autorizzata anche per il reato ascritto al ricorrente (al riguardo, è stata trascritta in ricorso, titolo esempificativo”, una parte della richiesta di proroga richiamata per relationem nel decreto del G.i.p. in data 18/03/2022).
Su tali basi, ed in forza di recenti arresti giurisprudenziali, la difesa deduce l’inutilizzabilità ex art. 270, comma 1-bis, cod. proc. pen., trattandosi di intercettazione effettuata attraverso captatore informatico di una conversazione tra presenti, e non di un colloquio telefonico intercettato attraverso il captatore.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata riqualificazione del reato ai sensi del comma 5 dell’art. 73. Si censura la motivazione del Tribunale, che non aveva tenuto conto che la vendita concordata era per soli Euro 20, e che l’inserimento del RAGIONE_SOCIALE in un più ampio circuito di spaccio risultava meramente congetturale.
Con requisitoria trasmessa il 24/02/2025, il Procuratore Generale sollecita il rigetto del ricorso per la tardività della censura formulata con il primo motivo, e l’infondatezza delle residue questioni di utilizzabilità prospettate.
Con memoria trasmessa il 28/02/2025, il difensore replica alle argomentazioni del P.G., ribadendo le censure prospettate e contestando la ritenuta tardività della richiesta di acquisizione del decreto autorizzativo della conversazione valorizzata nei confronti del COGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato, ed assume una valenza assorbente delle altre questioni prospettate.
Come già ricordato nell’esposizione che precede, la difesa del COGNOME ha denunciato la mancanza, nel fascicolo trasmesso dopo la proposizione del riesame, del decreto di proroga dell’autorizzazione delle intercettazioni telefoniche
ed ambientali relative al periodo (dal 28/06/2022 al 18/07/2022) in cui era stata captata l’unica conversazione rilevante per la posizione dell’indagato, intercorsa il 29/06/2022.
2.1. La difesa ha prodotto, a sostegno della propria doglianza, copia dei decreti autorizzativi mancanti appunto del provvedimento in questione, ed ha censurato la motivazione adottata sul punto dal Tribunale – secondo cui l’esistenza del decreto ben poteva desumersi dalla presenza di quelli che “coprivano” l’arco temporale precedente e successivo a quello di interesse – rivendicando il diritto ad esaminare la ritualità e completezza del provvedimento.
Il Procuratore Generale non ha contestato l’esistenza della lacuna, né il diritto della difesa ad esaminare il decreto rilevante per la posizione del COGNOME: ha invece sostenuto la tardività della censura, proposta con i motivi depositati all’udienza di riesame, dal momento che la lesione del diritto di difesa poteva essere rappresentata “in epoca precedente a quella di svolgimento della suddetta udienza, in modo da consentirne l’acquisizione (ad es., in sede di interrogatorio di garanzia, all’epoca della presentazione del ricorso ex art. 309 cod. proc. pen. o con memoria depositata in tempo congruo prima dell’udienza)” (cfr. pag. 1 della requisitoria del P.G.).
2.2. La tesi del Procuratore Generale non può essere condivisa.
È opportuno prendere le mosse dall’insegnamento di questa Suprema Corte secondo cui «la mancata trasmissione al Tribunale del riesame dei decreti autorizzativi delle intercettazioni telefoniche non inviati in precedenza al g.i.p. non determina la perdita di efficacia della misura, ma, eventualmente, solo l’inutilizzabilità degli esiti delle operazioni di captazione, qualora i decreti sia stati adottati fuori dei casi consentiti dalla legge o in violazione delle disposizion previste dagli artt. 267 e 268, commi primo e terzo, cod. proc. pen., e sempre che la difesa dell’indagato abbia presentato specifica e tempestiva richiesta di acquisizione, e la stessa o il giudice non siano stati in condizione di effettuare un efficace controllo di legittimità» (Sez. 4, n. 18802 del 21/03/2017, Semilia, Rv. 269944 – 01). In forza di tale principio – condiviso da entrambe le parti, che lo hanno richiamato, rispettivamente, all’interno del ricorso e della requisitoria – la Suprema Corte aveva ritenuto infondato il motivo concernente la mancata trasmissione, dal P.M. al Tribunale del riesame, di taluno dei provvedimenti autorizzativi dell’attività captativa, attribuendo decisiva rilevanza al rinvio ad horas che il Tribunale aveva appunto disposto per acquisire la documentazione mancante e metterla a disposizione della difesa (cfr. pag. 16-17 della sentenza).
Ritiene il Collegio di non poter condividere l’assunto del P.G. proprio perché, anche nella fattispecie in esame, la lacuna documentale poteva essere certamente colmata attraverso una sospensione dell’udienza o il rinvio della stessa: tra l’altro,
il differimento poteva essere disposto non necessariamente ad horas, essendo l’udienza stata celebrata prima del decimo ed ultimo giorno utile (ciò si desume dal dispositivo dell’ordinanza impugnata, depositato il 18/10/2024, nel quale si dà atto che l’udienza si era tenuta il giorno precedente).
Anche sulla scorta di quanto appena evidenziato, non vi sono ragioni per ritenere intempestiva la richiesta di acquisizione formulata con i motivi depositati per l’udienza di riesame: appare invero condivisibile quanto evidenziato dal difensore del ricorrente, nella memoria di replica alla requisitoria, in ordine alla impossibilità di pretendere che la questione venisse sollevata già in sede di interrogatorio di garanzia (prima ancora, quindi, della presentazione della richiesta di riesame), ovvero con il ricorso ex art. 309 cod. proc. pen. (ovvero in un momento che, con ogni evidenza, precede quello della richiesta del Tribunale di trasmissione degli atti).
Le considerazioni fin qui svolte impongono, in applicazione del principio giurisprudenziale richiamato in precedenza, l’annullamento dell’ordinanza con rinvio per nuovo esame, anche in ordine alla utilizzabilità delle risultanze captative, al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Restano evidentemente assorbite le ulteriori questioni prospettate dalla difesa, che presuppongono l’accertata rituale autorizzazione delle captazioni.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell’art. 309, co.7, cod. proc. pen.
Così deciso il 5 marzo 2025