LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Diritto di cronaca: quando l’intervista è lecita?

La Corte di Cassazione conferma l’assoluzione di alcuni giornalisti e del direttore di un periodico dall’accusa di diffamazione. La sentenza stabilisce che il diritto di cronaca prevale quando si riporta fedelmente un’intervista di pubblico interesse, anche se il suo contenuto è lesivo della reputazione altrui. L’elemento chiave è l’interesse della collettività a conoscere le dichiarazioni di un personaggio noto, piuttosto che la verità oggettiva delle affermazioni stesse. Il ricorso della parte civile è stato dichiarato inammissibile.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto di Cronaca e Intervista: Quando la Notizia Prevale sulla Diffamazione

Il diritto di cronaca rappresenta uno dei pilastri della libertà di stampa, ma il suo esercizio si scontra spesso con la tutela della reputazione individuale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso emblematico di diffamazione a mezzo stampa, chiarendo i confini della scriminante giornalistica nel contesto di un’intervista. La vicenda vedeva contrapposti un alto prelato e alcuni giornalisti, accusati di averne leso l’onore pubblicando le dichiarazioni di un noto collega. La Corte ha stabilito che, in determinate condizioni, l’interesse pubblico a conoscere il pensiero di una figura nota prevale, rendendo lecita la pubblicazione.

I Fatti del Processo

Tutto ha origine dalla pubblicazione, su un noto settimanale, di un articolo-intervista a un celebre giornalista. Quest’ultimo attribuiva a un Cardinale il ruolo di mandante di una campagna mediatica diffamatoria avvenuta anni prima ai danni di un ex direttore di un quotidiano cattolico. L’articolo e la copertina del periodico, attraverso un montaggio fotografico, rafforzavano questa tesi. Inoltre, in un box di approfondimento, si faceva riferimento allo stile di vita del prelato, menzionando un lussuoso attico e il suo presunto intervento per favorire un cospicuo prestito a una casa di produzione.
Ritenendosi diffamato, il Cardinale ha querelato i due giornalisti autori del pezzo, il direttore del settimanale e il giornalista intervistato. Tuttavia, sia in primo grado che in appello, gli imputati sono stati assolti con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, in quanto la loro condotta è stata ritenuta coperta dalla scriminante del diritto di cronaca. La parte civile ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Diritto di Cronaca

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto le assoluzioni. Il fulcro della decisione risiede nella corretta applicazione del diritto di cronaca al caso specifico dell’intervista. I giudici hanno ribadito un principio fondamentale: quando si pubblica un’intervista, l’oggetto della cronaca non è tanto la verità oggettiva delle dichiarazioni dell’intervistato, quanto il fatto storico che quelle dichiarazioni siano state rese.
Se l’intervista coinvolge personaggi di alta notorietà e verte su temi di rilevante interesse pubblico, il giornalista ha il dovere di riportarne fedelmente il contenuto, poiché è l’intervista stessa a costituire una notizia. La verifica della verità, in questo contesto, si sposta dalla veridicità dei fatti narrati dall’intervistato alla veridicità dell’intervista stessa.

L’Intervista come Fatto Notiziabile: I Limiti della Verità

La sentenza approfondisce come la tutela della reputazione possa recedere di fronte all’interesse pubblico a essere informati. Il dovere del giornalista di controllare le fonti si attenua quando la fonte è l’intervistato stesso, soprattutto se si tratta di una figura pubblica qualificata. In questi casi, il diritto di cronaca è esercitato correttamente se:

1. L’intervista è realmente avvenuta.
2. Le parole riportate sono fedeli a quelle pronunciate.
3. L’articolo non presenta commenti o chiose capziose che trasformino il giornalista in un coautore occulto delle affermazioni diffamatorie.

La Corte ha ritenuto che il pubblico avesse interesse a conoscere l’opinione del noto giornalista intervistato sulla vecchia vicenda, indipendentemente dalla prova definitiva delle sue accuse.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su diversi punti cardine. In primo luogo, ha riconosciuto l’evidente interesse pubblico della vicenda, data la notorietà di tutti i soggetti coinvolti: l’accusatore (il giornalista intervistato), l’accusato (il Cardinale) e la vittima della campagna stampa originaria. In secondo luogo, ha valutato la correttezza della narrazione giornalistica. I redattori non si erano limitati a riportare l’accusa, ma avevano anche dato conto dei dubbi espressi dallo stesso intervistato sulla veridicità della sua fonte e avevano menzionato la smentita di un’altra persona coinvolta. Questo approccio è stato considerato bilanciato e non tendenzioso. Anche l’espressione “la storia […] di sicuro è credibile”, usata dai giornalisti, è stata interpretata come una forma di opinione contenuta e non come una gratuita aggressione. Infine, la Corte ha respinto la tesi della “pseudo-intervista”, affermando che la struttura del pezzo, pur non essendo un classico botta e risposta, rendeva sempre chiaro chi fosse la fonte delle dichiarazioni.

Conclusioni

La sentenza consolida un’interpretazione dinamica del diritto di cronaca, adattandolo alla realtà della comunicazione moderna, in cui l’intervista a un personaggio pubblico è di per sé un evento notiziabile. Per i professionisti dell’informazione, emerge un principio guida: la fedeltà nel riportare il pensiero altrui, inserito in un contesto informativo equilibrato, costituisce il principale adempimento del dovere di cronaca. Per il pubblico, si rafforza il diritto a essere informato sui dibattiti che animano la società, anche quando questi coinvolgono accuse forti e non ancora provate, a patto che la presentazione dei fatti sia trasparente e imparziale.

Un giornalista è sempre responsabile se pubblica un’intervista con dichiarazioni diffamatorie?
No. Secondo la Corte, se l’intervista stessa è un fatto di interesse pubblico (per la notorietà delle persone coinvolte e l’argomento trattato), il giornalista non è responsabile se riporta fedelmente e in modo imparziale le dichiarazioni, anche se lesive della reputazione altrui. La scriminante del diritto di cronaca prevale.

Qual è il limite della verità che il giornalista deve rispettare quando riporta un’intervista?
Il limite della verità si riferisce al fatto storico dell’intervista. Il giornalista deve garantire che l’intervista sia realmente avvenuta e che le parole riportate siano quelle effettivamente pronunciate dall’intervistato. Non è tenuto a verificare la veridicità oggettiva di ogni singola affermazione fatta dall’intervistato, specialmente se il contesto rende chiaro che si tratta di opinioni o versioni di parte.

Il giornalista può aggiungere commenti personali a un’intervista senza perdere la protezione del diritto di cronaca?
Sì, a condizione che i commenti siano contenuti, non distorcano le informazioni e non trasformino il giornalista in un “coautore occulto” delle dichiarazioni diffamatorie. In questo caso, la Corte ha ritenuto che l’espressione “la storia […] di sicuro è credibile” fosse un’opinione legittima e contenuta, inserita in un contesto che presentava anche elementi di dubbio e versioni contrastanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati