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Diritto di cronaca: notizia incompleta è diffamazione

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per diffamazione a carico di un giornalista che aveva pubblicato un articolo su un magistrato, omettendo la notizia della sua già avvenuta assoluzione. La sentenza ribadisce che il diritto di cronaca è legittimo solo se la notizia è completa, veritiera e di interesse pubblico. L’omissione di un elemento così cruciale rende la notizia lesiva e non scriminata.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto di cronaca e notizia incompleta: quando l’omissione diventa diffamazione

Il Diritto di cronaca rappresenta uno dei pilastri della libertà di stampa, ma il suo esercizio non è privo di limiti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 7367/2024) ha ribadito un principio fondamentale: una notizia, per essere legittima, deve essere non solo vera, ma anche completa. L’omissione di dettagli cruciali può trasformare un articolo informativo in un atto di diffamazione, come nel caso di un giornalista condannato per aver taciuto l’assoluzione di un magistrato.

I fatti del caso: un articolo e un’omissione cruciale

La vicenda trae origine dalla pubblicazione, su un quotidiano locale, di un articolo intitolato “Aggressione ad avvocato, indagato il giudice Greco”. L’articolo riportava una decisione della Corte di Cassazione su un conflitto di competenza territoriale relativo a un procedimento penale. Tuttavia, nel fornire il contesto della notizia, il giornalista ometteva un’informazione di fondamentale importanza: il magistrato menzionato nel titolo era già stato assolto in primo e in secondo grado dall’accusa di essere il mandante dell’aggressione.

Il giornalista, condannato per diffamazione nei primi due gradi di giudizio, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo che l’articolo si concentrava unicamente sulla questione procedurale della competenza, rendendo irrilevante la menzione dell’esito del processo di merito. La Corte di Cassazione, però, ha respinto questa tesi.

La decisione della Corte e il limite del Diritto di cronaca

La Suprema Corte ha confermato la condanna, ritenendo il ricorso infondato. Secondo i giudici, l’esercizio del diritto di cronaca ha efficacia scriminante (cioè esclude il reato) solo a tre condizioni:

1. Rilevanza sociale della notizia.
2. Continenza espressiva (linguaggio corretto e non offensivo).
3. Verità del fatto, che implica necessariamente la completezza informativa.

La Corte ha sottolineato che, sebbene l’articolo trattasse di una decisione procedurale, la premessa che introduceva la notizia menzionava esplicitamente la vicenda sostanziale dell’aggressione e il coinvolgimento del magistrato. In questo contesto, tacere la sua duplice assoluzione ha fornito al lettore una rappresentazione parziale e distorta della realtà, lesiva della reputazione del magistrato.

Le motivazioni: perché la completezza informativa è un requisito essenziale

Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale. La verità di una notizia non è un concetto astratto, ma deve essere intesa come aderenza piena ai fatti. Riportare solo una parte dei fatti, omettendo quelli che potrebbero cambiare radicalmente la percezione del lettore, equivale a diffondere una notizia non vera nella sua sostanza.

Nel caso specifico, informare il pubblico che un magistrato era stato indagato per un grave reato, senza specificare che era già stato giudicato innocente, ha avuto un effetto diffamatorio. L’incompletezza ha privato la notizia della sua correttezza sostanziale, facendo venire meno la protezione offerta dal diritto di cronaca. L’argomentazione del giornalista, secondo cui il focus era solo sulla competenza territoriale, è stata giudicata irrilevante perché la cornice narrativa scelta per presentare la notizia includeva elementi della vicenda di merito, che dovevano quindi essere riportati in modo completo e corretto.

Le conclusioni: implicazioni per il giornalismo e la tutela della reputazione

Questa sentenza riafferma un principio cruciale per l’etica e la pratica giornalistica: la responsabilità non si esaurisce nel riportare fatti veri, ma si estende al dovere di presentarli in modo completo e non fuorviante. L’omissione volontaria o negligente di elementi essenziali può integrare il reato di diffamazione. Per i professionisti dell’informazione, ciò significa un richiamo alla massima diligenza nel verificare e riportare tutti gli aspetti rilevanti di una vicenda, specialmente quando questa coinvolge procedimenti giudiziari e la reputazione delle persone. Per i cittadini, rappresenta una conferma della tutela giuridica contro narrazioni parziali che, pur partendo da un dato di fatto, possono risultare più dannose di una falsità palese.

Quando una notizia incompleta può costituire diffamazione?
Una notizia incompleta costituisce diffamazione quando l’omissione di un dettaglio fondamentale, come l’avvenuta assoluzione di una persona in un procedimento penale, altera la percezione della realtà e danneggia la reputazione del soggetto coinvolto.

Il diritto di cronaca è una difesa valida se si riporta solo una parte della verità?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il diritto di cronaca funge da scriminante solo se la notizia è riportata in modo completo. L’incompletezza informativa, se lesiva della reputazione, fa venire meno questa protezione giuridica.

È rilevante che l’articolo si concentrasse su un aspetto processuale e non sul merito della vicenda penale?
No, non è rilevante. Se l’articolo, per fornire contesto, menziona la vicenda principale (l’accusa al magistrato), deve farlo in modo completo, includendo anche l’esito favorevole al soggetto, per non fornire una rappresentazione distorta e diffamatoria dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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