Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7367 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 7367 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a COSENZA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/11/2022 della CORTE APPELLO di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME COGNOME, il quale ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, nonché le conclusioni scritte trasmesse nell’interesse della parte civile.
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 30 novembre 2022 la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la decisione di primo grado che aveva condanNOME alla pena di 400,00 euro di multa NOME COGNOME, avendolo ritenuto responsabile del delitto di diffamazione in danno di NOME COGNOME, per avere pubblicato il 25 luglio 2016 sul quotidiano La Provincia di Cosenza un articolo dal titolo “Aggressione ad avvocato, indagato il AVV_NOTAIO COGNOME“.
La Corte territoriale ha precisato che era irrilevante il fatto che il titolo non fosse attribuibile al giornalista imputato, giacché era di contenuto diffamatorio il testo dell’articolo nel quale non si dava atto, ai fini della completezza della notizia, che il COGNOME era stato assolto dall’imputazione di essere il mandante dell’aggressione sia in primo che in secondo grado.
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo di seguito enunciato nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., con il quale si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per non avere la Corte territoriale considerato che la notizia non era stata indicata in modo incompleto, posto che riguardava non cià la vicenda del pestaggio ma solo la decisione della Corte di Cassazione sulla competenza territoriale nel procedimento de quo.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, di. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176: a) le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso; conclusioni scritte nell’interesse della parte civile.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’esercizio del diritto di cronaca ha efficacia scriminante riguardo al fatto diffamatorio a condizione che la notizia divulgata, oltre che socialmente rilevante e descritta con continenza espressiva, sia vera, il che implica che sia riportata in modo completo (Sez. 5, n. 44024 del 04/11/2010, COGNOME, Rv. 249:126 – 01; sulla necessità della completezza informativa, v., di recente, anche Sez. 5, n. 38896 del 15/04/2019, Lang, Rv. 277117 – 0).
Indipendentemente dal titolo sopra ricordato – concernente la vicenda sostanziale e non anche quella processuale e, tuttavia, non considerato dalla
sentenza impugnata ai fini della decisione -, si osserva che la riproduzione, nel testo dell’articolo, del contenuto della decisione n. 31919 del 2016 di questa Corte, avente ad oggetto un conflitto di competenza, è preceduta da una premessa destinata a rendere rilevante la notizia (e ciò all’evidenza, posto che il giornale del quale si tratta non risulta essere una rivista giuridica): il fatto che il procedimento nel quale il conflitto era sorto aveva per oggetto la vicenda dell'”aggressione e lesioni” ed era, tra l’altro, a carico del “AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO“, oltre che di altri soggetti.
La puntualizzazione, oltre ad essere inesatta, poiché come emerge dallo stesso testo della sentenza della I sezione di questa Corte che l’articolo riporta, il conflitto di competenza era sorto nel corso di un procedimento che non riguardava il COGNOME – ma che era connesso a quest’ultimo – è soprattutto incompleta. E ciò in quanto nel 2016, il COGNOME, al quale era stato attribuito il ruolo di mandante, era stato assolto sia in primo che in secondo grado. Il rilievo, non oggetto di alcuna critica da parte del ricorrente, priva di fondamento l’atto di impugnazione.
Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Del pari, il ricorrente va condanNOME alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di legittimità, che, in relazione all’attività svolta, vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 3.500, oltre accessori di legge.
Così deciso il 16/11/2023