Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 625 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 625 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/10/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME nata a SAVOIA DI LUCANIA il 17/02/1971
NOME nato a VENOSA il 9/01/1961
avverso la sentenza del 28/02/2024 della CORTE APPELLO di POTENZA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni scritte presentate dall’avv. NOME COGNOME il quale, nell’interesse della parte civile, NOME COGNOME ha chiesto la declaratoria di inammissibilità e/o comunque il rigetto del ricorso proposto nell’interesse degli imputati, con condanna degli stessi al pagamento delle spese e delle competenze sostenute dalla parte civile nel presente grado di giudizio, come da allegata nota.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 28 febbraio 2024, la Corte di appello di Potenza ha confermato la sentenza del Tribunale di Potenza in data 5 maggio 2021 con la quale NOME COGNOME e NOME COGNOME erano stati condannati alla pena di 600,00 euro di multa in quanto riconosciuti colpevoli del delitto previsto dagli artt. 110, 595, comma terzo, cod. pen., per avere, in concorso tra loro, offeso la reputazione di NOME COGNOME con la pubblicazione dell’articolo intitolato «Un “fiore” da 20mila euro al giudice e il processo si aggiusta» sulla testata giornalistica online “Basilicata 24”, nelle qualità di firmatari dell’articolo e, la COGNOME, anche direttore del quotidiano; fatto commesso in Potenza in data 4 novembre 2016. I due imputati, inoltre, sono stati condannati al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile, NOME COGNOME, da liquidarsi in sede civile e alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla stessa nei due gradi di giudizio.
1.1. Secondo quanto accertato in sede di merito (attraverso la deposizione dei testi NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME le dichiarazioni predibattimentali, acquisite su accordo delle parti, rese da NOME COGNOME e NOME COGNOME quelle spontanee rese da NOME COGNOME i documenti prodotti dalle parti), nel suddetto articolo giornalistico, riguardante un presunto sistema illegale di gestione delle aste fallimentari, i firmatari non si erano attenuti ai limiti di veri pertinenza e continenza posti a tutela del diritto di cronaca, adoperando contenuti offensivi non adeguatamente vagliati e circostanziati a danno di NOME COGNOME, indicato come «avvezzo agli acquisti all’asta», «faccendiere di mestiere», etc. E ciò riportando, tra virgolette, alcune dichiarazioni di NOME COGNOME come se fossero state da lei rese in occasione di un’intervista, in realtà mai rilasciata, essendo state le stesse estrapolate (v. dichiarazioni di COGNOME e COGNOME) da una denuncia da costei presentata nel 2009, circa sei anni prima della pubblicazione dell’articolo, da cui era originato un procedimento conclusosi, nel 2015, con l’archiviazione, il cui esito non era stato però riportato nell’articolo, con c contribuendo a fornire una versione dei fatti non circostanziata e, in ultima analisi, lesiva della reputazione di Albanese. Invero, i firmatari non hanno adempiuto «al dovere verificatorio di veridicità della notizia (…) non essendosi tenuto conto di un evento che ha privato la notizia stessa del carattere dell’attualità e che l’ha resa, quindi, oggettivamente priva di fondamento …» (pag. 9 della sentenza di primo grado), né era stato da essi osservato «il limite della continenza – che richiede che la esposizione della notizia sia mantenuta nei limiti della obbiettività, serenità e adeguatezza» (pag. 10 della sentenza di primo grado). Nel frangente, i Giudici di merito hanno anche escluso l’operatività dell’esimente del diritto di critica, non potendo invocarsi l’exceptio veritatis, prevista dall’art. 596, comma terzo, n. 2, cod. pen., quando il fatto attribuito al diffamato, come avvenuto nel caso in esame,
sia stato ritenuto privo di consistenza storica e di rilevanza giuridica dall’autorità giudiziaria che ha proceduto con riguardo ad esso. Per converso, è stato ritenuto sussistente anche l’elemento soggettivo, essendo indubbio che l’articolo in questione riportasse e facesse consapevolmente uso di parole ed espressioni (riportate falsamente sotto forma di intervista) socialmente interpretabili come offensive, con la inevitabile rappresentazione, in capo agli autori, dell’offensività della comunicazione o, quantomeno, dell’assenza consenso dell’avente diritto alla divulgazione dei fatti rappresentati dalla Spera nelle competenti sedi giudiziarie.
2. Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione i due imputati a mezzo del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla affermazione di responsabilità dei due imputati. Nel dettaglio, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., che le sentenze di merito abbiano fondato la decisione su circostanze non vere, quali: 1) la denuncia di NOME da parte di NOME COGNOME nel 2009, mai avvenuta, avendo ella in realtà deferito all’autorità giudiziaria, tra gli altri, coloro che avevano gestito la procedur immobiliare (giudice dell’esecuzione e consulente tecnico d’ufficio), come riferito dalla teste COGNOME oltre che i responsabili di una banca, come si ricaverebbe dall’atto, acquisito nel corso del dibattimento, in cui si parlerebbe di un interesse di Albanese all’acquisto del terreno della donna e si sottolineerebbe che le condotte illecite commesse dai funzionari incaricati fossero obiettivamente finalizzate ad avvantaggiarlo; 2) l’avvenuta archiviazione definitiva della denuncia già all’epoca dell’articolo, pubblicato il 4 novembre 2016, allorché il procedimento era stato in realtà trasferito a Catanzaro in conseguenza dell’esposto che la Spera aveva presentato contro gli inquirenti potentini; 3) l’omessa menzione, nell’articolo, dell’avvenuta archiviazione, di cui si sarebbe, invece, dato atto, segnalandosi, anzi, come «le denunce presentate dai cittadini sembrerebbero molto circostanziate e ricche di dettagli (…)» (così l’ultima pagina dell’articolo del novembre 2016). In particolare, la circostanza che, come riferito dalla teste NOME COGNOME, ritenuta attendibile dal Tribunale (v. pag. 5 della sentenza di primo grado), la vicenda trattata nel 2016 fosse ancora sub judice, dimostrerebbe che l’interesse a parlarne era attuale, anche in considerazione delle interrogazioni parlamentari compiute sulla stessa. Quanto alla inapplicabilità dell’esimente del diritto di cronaca, motivata dalla Corte di appello con il fatto che l’Autorità giudiziaria avesse ritenuto la denuncia di Spera priva di consistenza storica e di rilevanza giuridica, in realtà non vi sarebbe mai stato alcun vaglio della posizione Corte di Cassazione – copia non ufficiale
di COGNOME, mai denunciato da NOME COGNOME la quale lo avrebbe solo indicato come colui che aveva tratto vantaggio dalle condotte sottoposte al vaglio del giudice penale. In ogni caso, dal dibattimento sarebbe emerso che effettivamente COGNOME era solito acquistare alle aste, come confermato dall’interessato, sicché la circostanza sarebbe vera e priva di valenza denigratoria, avendo la Cassazione affermato che la scriminante non operi soltanto se la condotta incriminata risulti rivolta ad attaccare la persona. In conclusione, le condotte dei giornalisti sarebbero scriminate in presenza dei requisiti della verità, della pertinenza e dell’interesse pubblico, richiesti per l’esercizio del diritto di cronaca.
In data 4 ottobre 2024 è pervenuta in Cancelleria una memoria a firma dell’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia e procuratore speciale della parte civile, NOME COGNOME il quale ha rassegnato le conclusioni di seguito sintetizzate.
Quanto alle censure relativa all’erronea e omessa valutazione delle risultanze istruttorie, il ricorso si limiterebbe a dedurre una alternativa ricostruzione della vicenda, preclusa in sede di legittimità, non misurandosi con quella dei Giudici di merito, logica, puntuale e priva di vizi argomentativi. Nel motivo emergerebbe esclusivamente la ricostruzione della vicenda con riferimento alla sola denuncia sporta dalla Spera, senza argomentare in ordine alle violazioni di legge in cui sarebbe incorso il provvedimento. Quanto, poi, all’operatività del diritto di cronaca, il ricorso non si misurerebbe con la motivazione della sentenza, che lo ha escluso in ragione delle palesi falsità emerse nel racconto (come la falsa intervista) e della mancanza di verifiche da parte dei giornalisti circa gli esiti della vicenda giudiziaria, intervenuti molto prima della pubblicazione dell’articolo. Anche tale motivo, pertanto, si limiterebbe a descrivere circostanze alternative, senza confrontarsi con la sentenza impugnata. Inoltre, l’operatività dell’esimente sarebbe esclusa proprio dalla giurisprudenza citata dai ricorrenti, essendo emerso che la Spera non era stata intervistata e che gli imputati avevano volutamente deciso di trasporre, in una falsa intervista, il contenuto di una denuncia da lei presentata circa dieci anni prima, utilizzando un «espediente giornalistico» e senza curarsi dell’evoluzione del procedimento. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio agli effetti penali, perché il reato è estinto per prescrizione. Agli effetti civili i ricorsi devono esser invece, rigettati.
Giova premettere che, ai fini della configurabilità del delitto di diffamazione, l’offesa della reputazione si realizza ove la persona offesa venga screditata in
misura significativa nell’ambiente sociale di provenienza, attraverso l’attribuzione di qualità personali negative o di comportamenti connotati in negativo non soltanto sotto il profilo giuridico, ma anche sotto l’aspetto etico-sociale, in quanto incontrino la riprovazione della communis opinio (Sez. 5, n. 33106 del 28/09/2020, COGNOME, Rv. 280104 – 01; Sez. 5, n. 18982 del 31/01/2014, COGNOME, Rv. 263167 – 01; Sez. 5, n. 40359 del 23/09/2008, COGNOME, Rv. 241739 – 01).
Sempre in premessa va, inoltre, ricordato che, rispetto alla fattispecie incriminatrice qui in rilievo, la causa di giustificazione di cui all’art. 51 cod. pe nella forma del diritto di cronaca, può fare venire meno l’illiceità della condotta a condizione che ricorrano i presupposti della verità, continenza e pertinenza dei fatti narrati. In tale prospettiva, è stato affermato che la verità oggettiva dei fat intesa come rigorosa corrispondenza alla realtà, sia rispettata per tutti quegli elementi che costituiscono l’essenza e la sostanza dell’intero contenuto informativo della notizia riportata, mentre i dati superflui, insignificanti ovvero irrilevan ancorché imprecisi, non possono essere presi in considerazione, in quanto non decisivi né determinanti, per ritenere valicati i limiti dell’esercizio del diritt informazione ed escludere l’operatività della causa di giustificazione (Sez. 5, n. 37463 del 21/09/2005, Amici, Rv. 232324 – 01; Sez. 5, n. 28258 del 08/04/2009, COGNOME, Rv. 244200 – 01; Sez. 5, n. 41099 del 20/07/2016, COGNOME, Rv. 268149 – 01; Sez. 5, n. 7008 del 18/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278793 – 02). Inoltre, in tema di diffamazione a mezzo stampa, il giornalista che effettua un’intervista può beneficiare dell’esimente del diritto di cronaca per le dichiarazioni ingiuriose o diffamatorie a luì rilasciate, se riportate fedelmente e in modo imparziale, senza commenti e chiose capziose a margine, tali da renderlo dissimulato coautore (Sez. 5, n. 41013 del 3/09/2021, Rv. 282031 – 01; Sez. 5, n. 16959 del 21/11/2019, dep. 2020, RAGIONE_SOCIALE c/o COGNOME Dario Luigi, Rv. 279203 – 01; Sez. 5, n. 51235 del 09/10/2019, COGNOME, Rv. 278299 – 01). E nel caso in cui il giornalista riporti una notizia tratta da un procedimento penale, in particolare se risalente nel tempo, egli è tenuto a verificarne gli esiti giudiziali, onde accertare se la stessa si sia poi rivelata priva fondamento, tanto da comportare l’assoluzione dell’accusato (così Sez. 5, n. 21703 del 5/05/2021, Rv. 281211 – 01; Sez. 1, n. 13941 del 08/01/2015, COGNOME, Rv. 263064 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso di specie, la difesa degli imputati ha sostanzialmente dedotto il travisamento della prova da parte delle due sentenze di merito, avendo esse erroneamente riportato che la COGNOME aveva denunziato COGNOME; che al momento dell’articolo la denunzia era stata definitivamente archiviata, ma che i giornalisti non avevano dato atto, nell’articolo, di tale circostanza.
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3.1. Deve nondimeno ritenersi che, per un verso, i lamentati travisamenti non concernano circostanze essenziali ai fini della ritenuta idoneità delle condotte ascritte agli imputati a determinare la lesione della reputazione della persona offesa; e che, per altro verso, detto travisamento era stato dedotto in maniera non sufficientemente precisa, sia sul piano della dimostrazione della non corrispondenza tra l’elemento probatorio acquisito e la sua descrizione contenuta in sentenza, sia sotto l’aspetto della sua decisività ai fini della valutazione compiuta.
3.2. Sotto il primo aspetto, non appare significativa la circostanza, evidenziata in ricorso, che la denunzia presentata da NOME COGNOME nel 2009 non fosse diretta, tra gli altri, anche nei confronti di NOME. E ciò sotto due distinti profi
Innanzitutto, la condotta diffamatoria ascritta agli imputati prescinde totalmente dai contenuti della denuncia. Infatti, i due giornalisti sono stati ritenut responsabili di avere descritto un sistema di illecita gestione delle aste giudiziarie, caratterizzato da condotte finanche di rilievo penale di funzionari infedeli, e di avervi associato la figura di NOME, descritto come un faccendiere, ovvero come un soggetto che compiva, in tale contesto, azioni illecite o che, comunque, si avvantaggiava delle condotte illegali tenute da altri in maniera non consentita.
In secondo luogo, la denuncia era stata in ogni caso utilizzata dai redattori dell’articolo per ricavarne delle informazioni riportate, in virgolettato, come se fossero state oggetto di dichiarazioni rese nel corso di un’intervista. Per cui, come sopra evidenziato, ciò che ha assunto rilievo, ai fini della contestazione, non è tanto la denuncia, quanto i fatti che venivano rappresentati nell’articolo, ovvero l’esistenza di un sistema di gestione illecita delle aste giudiziarie e coinvolgimento, in esso, di una figura economicamente influente come COGNOME
Dunque, la descrizione di quest’ultimo come un faccendiere, partecipe del sistema illecito di gestione delle aste, è stata condivisibilmente ritenuta affermazione di contenuto diffamatorio, senza che, appunto, rilevi la circostanza che la denuncia non fosse rivolta nei suoi confronti, proprio in quanto egli veniva allusivamente accostato, nell’articolo, al fenomeno denunciato.
In questa prospettiva, la circostanza che i giornalisti abbiano evocato elementi di fatto reali, come ad esempio che Albanese partecipasse alle aste giudiziarie, è stata correttamente ritenuta non significativa sotto il profil dell’invocata operatività della scriminante, atteso che ciò che connotava il racconto in termini diffamatori era, appunto, l’evocazione di una contiguità della persona offesa a un sistema di malaffare, senza che fosse stato riportato l’esito del procedimento che aveva ritenuto infondate le accuse relative a tale sistema.
Sul punto, la difesa ha dedotto che, anche dopo l’archiviazione della denuncia presentata dalla COGNOME, sarebbe stato ancora pendente un procedimento penale
avente a oggetto la vicenda delle vendite fallimentari. E tuttavia, tale circostanza è stata solo labialmente enunciata, non avendo la difesa offerto alcun riscontro nel presente procedimento, tale da dimostrare che tra la vicenda oggetto dell’articolo e quella del procedimento catanzarese, di cui nulla è dato sapere in questa sede, vi fosse identità o, comunque, uno specifico collegamento.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve ritenersi complessivamente infondato. Tuttavia, nelle more del presente giudizio di legittimità, il reato ascritto agli odierni ricorrenti, commesso in data 4 novembre 2016, deve ritenersi ormai estinto per prescrizione, sopraggiunta, tenuto conto della sospensione dei termini prescrizionali dal 28 novembre 2018 al 23 gennaio 2019, in data 30 giugno . 2024. Ne consegue che, agli effetti penali, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio.
5.1. Viceversa, agli effetti civili, l’evidenziata inaccoglibilità delle censure svol dalla difesa degli imputati impone il rigetto del ricorso.
Infatti, la rappresentazione della persona offesa come un soggetto contiguo a un sistema di illecita gestione delle aste giudiziarie rivelatosi inesistente e al quale in ogni caso, non sarebbe stata in alcun modo dimostrata la sua effettiva partecipazione, configura, nella non illogica ricostruzione compiuta dai Giudici di merito, un evidente vulnus recato alla sua reputazione, integrante un illecito civile, correttamente ribadito dalla sentenza oggi impugnata. Agli effetti civili i ricorsi devono, dunque, essere rigettati, con condanna degli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che ai sensi degli artt. 12 e 16, d.m. n. 55 del 2014, come modificato dal d.m. n. 37 del 2018, devono essere liquidati, tenuto conto dell’attività svolta e delle questioni trattate, in complessivi 3.600,00 euro, oltre alle spese forfettarie, all’IVA e al contributo per la Cassa previdenziale, da computarsi sull’imponibile.
PER QUESTI MOTIVI
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perché il reato è estinto per prescrizione. Rigetta i ricorsi agli effetti civili. Condanna, inoltre, imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 3600,00, oltre accessori di legge.
Così deciso in data 23 ottobre 2024
Il Consigliere estensore