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Diritto di cronaca: limiti e prescrizione del reato

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di due giornalisti condannati per diffamazione a mezzo stampa. Pur dichiarando il reato estinto per prescrizione, la Corte ha confermato la condanna al risarcimento dei danni civili. La sentenza ribadisce i rigorosi limiti del diritto di cronaca, sottolineando l’obbligo di verificare la veridicità e l’attualità delle notizie, specialmente se risalenti nel tempo e relative a procedimenti giudiziari conclusi.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto di cronaca: limiti e prescrizione del reato

La recente sentenza della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui confini del diritto di cronaca e sulle conseguenze della diffamazione a mezzo stampa. Anche quando il reato si estingue per prescrizione, la responsabilità civile per i danni causati alla reputazione di un individuo rimane pienamente operante. Il caso analizzato riguarda due giornalisti la cui condotta è stata ritenuta lesiva per aver pubblicato un articolo basato su informazioni datate e non verificate, presentandole come attuali e veritiere.

I Fatti di Causa

Due giornalisti, uno in qualità di autore e l’altro di direttore di una testata online, pubblicavano un articolo su un presunto sistema illecito nella gestione delle aste fallimentari. Nell’articolo, un imprenditore veniva descritto come un “faccendiere” e una figura chiave in tali attività illecite.

Il problema principale risiedeva nella fonte e nella modalità di presentazione della notizia. L’articolo riportava, tra virgolette, dichiarazioni attribuite a una donna come se fossero state rilasciate in un’intervista. In realtà, tali affermazioni erano state estrapolate da una denuncia presentata dalla stessa donna circa sei anni prima della pubblicazione. Crucialmente, i giornalisti omettevano di informare i lettori che il procedimento penale scaturito da quella denuncia si era già concluso con un’archiviazione un anno prima della pubblicazione dell’articolo. Questa omissione ha privato la notizia del suo carattere di attualità e, soprattutto, della sua veridicità sostanziale.

I tribunali di primo e secondo grado avevano condannato i giornalisti per diffamazione, riconoscendo che non avevano rispettato i limiti di verità, pertinenza e continenza, fondamentali per il legittimo esercizio del diritto di cronaca.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha pronunciato una decisione divisa in due parti, con esiti differenti per l’ambito penale e quello civile.

L’estinzione del Reato per Prescrizione

Sotto il profilo penale, la Corte ha dichiarato l’estinzione del reato. La prescrizione è un istituto giuridico che determina la fine di un procedimento penale a causa del trascorrere di un certo lasso di tempo dalla commissione del fatto. In questo caso, essendo passati gli anni richiesti dalla legge, l’azione penale si è conclusa senza una condanna definitiva. La sentenza di appello è stata quindi annullata senza rinvio per quanto riguarda gli effetti penali.

La Conferma degli Effetti Civili

Diversamente, per quanto riguarda le conseguenze civili, il ricorso dei giornalisti è stato respinto. La Corte ha confermato la loro responsabilità per il danno arrecato alla reputazione dell’imprenditore. Ciò significa che, nonostante l’estinzione del reato, i giornalisti sono tenuti a risarcire il danno alla parte civile e a pagare le spese legali sostenute in tutti i gradi di giudizio.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto infondate le argomentazioni della difesa, che tentavano di giustificare la condotta dei giornalisti invocando il diritto di cronaca. I giudici hanno chiarito che la condotta diffamatoria non consisteva nel semplice riportare il contenuto di una vecchia denuncia, ma nell’aver costruito un racconto giornalistico distorto e lesivo.

L’articolo associava la figura dell’imprenditore a un sistema di malaffare, descrivendolo come un “faccendiere”, e lo faceva utilizzando uno stratagemma giornalistico scorretto: trasformare stralci di una denuncia di anni prima in una falsa intervista. Questo, secondo la Corte, ha violato il dovere di verità, in quanto la notizia era stata privata di elementi essenziali per la sua corretta comprensione, come la sua datazione e, soprattutto, il suo esito giudiziario (l’archiviazione).

La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: quando si riporta una notizia tratta da un procedimento penale, specialmente se risalente nel tempo, il giornalista ha il dovere di verificarne gli esiti per non fornire una rappresentazione dei fatti incompleta e lesiva. Associare una persona a un’accusa senza specificare che tale accusa è già stata ritenuta infondata dall’autorità giudiziaria costituisce un evidente vulnus (lesione) alla sua reputazione.

Le Conclusioni

Questa sentenza è un monito importante per il mondo dell’informazione. L’esercizio del diritto di cronaca, pur essendo un pilastro della democrazia, non è privo di limiti. La verità sostanziale dei fatti, che include l’aggiornamento sugli sviluppi giudiziari, è un requisito imprescindibile. La prescrizione del reato può porre fine alle conseguenze penali per il giornalista, ma non lo solleva dalla responsabilità civile di risarcire il danno causato da una comunicazione negligente e lesiva. La reputazione è un bene giuridicamente tutelato, e chi la danneggia con informazioni false, parziali o non verificate è tenuto a risponderne, almeno sul piano patrimoniale.

Quando un giornalista viola i limiti del diritto di cronaca?
Un giornalista viola i limiti del diritto di cronaca quando non rispetta i tre requisiti fondamentali: la verità oggettiva della notizia, l’interesse pubblico alla sua conoscenza e la continenza, ovvero un’esposizione dei fatti moderata e non gratuitamente offensiva. Nel caso di specie, la violazione è avvenuta principalmente per il mancato rispetto del requisito della verità, avendo pubblicato una notizia vecchia come se fosse attuale, omettendo l’esito giudiziario di archiviazione e utilizzando una falsa intervista.

Cosa succede se il reato di diffamazione si prescrive?
Se il reato di diffamazione si prescrive, il procedimento penale si estingue e l’imputato non subisce alcuna condanna penale. Tuttavia, come stabilito in questa sentenza, l’estinzione del reato non cancella l’illecito civile. La persona danneggiata ha ancora il diritto di ottenere il risarcimento del danno alla sua reputazione, e la condanna al pagamento di tale risarcimento e delle spese legali rimane valida.

È legittimo riportare notizie tratte da una vecchia denuncia penale?
È possibile, ma a condizioni molto rigorose. Il giornalista ha il dovere di contestualizzare la notizia, specificando che si tratta di un atto risalente nel tempo, e soprattutto ha l’obbligo di verificare e riportare l’evoluzione e l’esito del procedimento giudiziario scaturito da quella denuncia. Omettere che le accuse sono state archiviate e presentare i fatti in modo da farli apparire attuali e fondati costituisce una grave violazione dei doveri professionali e integra la diffamazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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