LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Diritto di critica putativo: quando è legittimo?

Un cittadino, condannato per diffamazione per aver criticato l’amministrazione comunale, ha ottenuto l’annullamento della sentenza dalla Corte di Cassazione. Il caso verte sul concetto di diritto di critica putativo, ovvero la possibilità di criticare basandosi sulla convinzione, ragionevole e giustificata, che i fatti denunciati siano veri. La Corte ha stabilito che i giudici di merito non avevano adeguatamente valutato le prove che sostenevano la buona fede del cittadino, annullando la condanna e rinviando il caso per un nuovo esame.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto di Critica Putativo: La Cassazione Annulla Condanna per Diffamazione

La libertà di espressione e il diritto di critica nei confronti della pubblica amministrazione rappresentano pilastri fondamentali di una società democratica. Tuttavia, il confine tra critica legittima e diffamazione può essere sottile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento sul diritto di critica putativo, annullando una condanna per diffamazione a carico di un cittadino che aveva denunciato presunte irregolarità amministrative. Questo provvedimento riafferma che la critica, anche aspra, è scriminata se basata su una convinzione ragionevole e giustificata della veridicità dei fatti.

I Fatti: Le Accuse di un Cittadino all’Amministrazione Comunale

Il caso ha origine dalle iniziative di un cittadino che, attraverso lettere e e-mail indirizzate al Sindaco, ad altri enti pubblici e ai residenti del suo Comune, accusava l’amministrazione di sistematiche violazioni di legge, irregolarità e comportamenti omissivi. Le critiche erano incentrate sulla mancata approvazione di una proposta urbanistica relativa a un’area specifica del territorio comunale.

A seguito di tali comunicazioni, il cittadino veniva condannato in primo grado per il reato di diffamazione aggravata. La Corte d’Appello, pur escludendo l’aggravante e riducendo la pena, confermava la responsabilità penale, ritenendo che le accuse mosse non fossero supportate dalla verità dei fatti.

Il Percorso Giudiziario e l’Importanza del Diritto di Critica Putativo

Insoddisfatto della decisione di secondo grado, il cittadino proponeva ricorso in Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 51 del codice penale. Questo articolo prevede la non punibilità per chi agisce nell’esercizio di un proprio diritto. Nel caso di specie, il diritto in questione era quello di critica, tutelato anche dall’art. 21 della Costituzione.

Il punto centrale del ricorso era il concetto di diritto di critica putativo. La difesa sosteneva che il cittadino avesse agito nella convinzione, fondata su elementi oggettivi, che le sue accuse fossero vere. La Corte d’Appello, secondo il ricorrente, aveva omesso di valutare elementi cruciali che supportavano questa ‘verità putativa’, tra cui le dichiarazioni di una consigliera comunale di minoranza.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. I giudici hanno ribadito che l’esercizio del diritto di critica politica è legittimo quando rispetta tre limiti fondamentali:
1. Pubblico interesse: L’argomento trattato deve essere di interesse per la collettività.
2. Verità del fatto: La critica deve basarsi su fatti veri. Tuttavia, la giurisprudenza ammette la ‘verità putativa’, che si configura quando l’autore della critica opera nella convinzione ragionevole e giustificabile della veridicità dei fatti, basandosi su elementi oggettivi e non su mere supposizioni.
3. Continenza espressiva: Il linguaggio utilizzato deve essere corretto e non trascendere in un attacco personale e gratuito.

Nel caso specifico, la Corte di Cassazione ha censurato la sentenza d’appello per non aver adeguatamente considerato le prove che avrebbero potuto fondare la scriminante del diritto di critica putativo.

La Mancata Valutazione delle Prove Decisive

Un elemento chiave, ignorato dai giudici di merito, era la testimonianza di una consigliera comunale di minoranza. La consigliera aveva dichiarato di essere stata contattata dall’imputato, di aver sollevato la questione in consiglio comunale e di aver richiesto formalmente accesso agli atti, senza mai ricevere risposta dal Sindaco. Questo comportamento dell’amministrazione, secondo la Cassazione, costituiva un serio indizio a supporto della convinzione dell’imputato circa l’esistenza di irregolarità.

Le comunicazioni inviate dall’imputato, inoltre, non erano invettive generiche, ma lettere articolate, corredate da documenti e inserite in un contesto di legittima sollecitazione istituzionale volta a ottenere chiarimenti.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione evidenziando l’errore della Corte d’Appello nel non aver scrutinato a fondo la possibile configurabilità della scriminante dell’esercizio del diritto di critica nella sua forma putativa. L’esercizio di tale diritto non richiede necessariamente l’avvio di un procedimento penale o un accertamento giudiziale dei fatti denunciati. È sufficiente che la persona che critica si basi su una ‘convinzione ragionevole e giustificata’ della verità, supportata da elementi oggettivi. La testimonianza della consigliera di minoranza e la mancata risposta dell’amministrazione alle richieste di accesso agli atti costituivano proprio quegli elementi oggettivi che la Corte d’Appello avrebbe dovuto attentamente valutare. Poiché questa valutazione è mancata, la sentenza impugnata è stata ritenuta viziata da un difetto di motivazione.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha annullato la sentenza di condanna con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Milano per un nuovo esame. Il nuovo giudice dovrà riconsiderare il caso, approfondendo specificamente se l’imputato abbia agito nell’ambito del diritto di critica putativo, alla luce di tutte le prove disponibili. Questa pronuncia rafforza la tutela dei cittadini che, in buona fede e sulla base di elementi concreti, denunciano quelle che percepiscono come disfunzioni della pubblica amministrazione, ribadendo che la critica politica, anche se pungente, è un sale della democrazia che non può essere sanzionato penalmente senza una rigorosa verifica di tutti i suoi presupposti di liceità.

Quando la critica a un amministratore pubblico è legittima e non costituisce diffamazione?
La critica è legittima quando prende spunto da una notizia vera (o ritenuta tale in modo ragionevole e giustificato), riveste un interesse pubblico e viene espressa con un linguaggio che non trascende in un attacco personale gratuito (principio di continenza).

Cosa si intende per ‘diritto di critica putativo’?
È la situazione in cui una persona esercita il diritto di critica nella convinzione ragionevole e giustificata che i fatti denunciati siano veri, basandosi su elementi oggettivi e non su mere supposizioni. Questa convinzione, anche se i fatti non sono stati accertati in un processo, può escludere la punibilità per diffamazione.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna in questo caso specifico?
La Corte ha annullato la condanna perché i giudici di merito non avevano adeguatamente considerato le prove che supportavano la convinzione dell’imputato di essere nel giusto. In particolare, avevano ignorato la testimonianza di una consigliera comunale e il fatto che le sue richieste di chiarimenti all’amministrazione fossero rimaste senza risposta, elementi che potevano fondare la scriminante del diritto di critica putativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati