Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29859 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29859 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 15/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a RONCO BRIANTINO il 27/01/1950
avverso la sentenza del 03/03/2025 della CORTE D’APPELLO DI MILANO
Letta la requisitoria del Sostituto procuratore generale della Corte di cassazione, NOME COGNOME che ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
Lette le conclusioni scritte del difensore e procuratore speciale, Avv. NOME COGNOME pervenute in data 7 luglio 2025 per la parte civile NOME NOME unitamente alla nota spese.
Lette le conclusioni scritte del difensore e procuratore speciale, Avv. NOME COGNOME pervenute in data 30 giugno 2025 per la parte civile Comune di Ronco Briantino unitamente alla nota spese.
Lette le conclusioni scritte del difensore di fiducia, Avv. COGNOME per il ricorrente, pervenute in data 30 giugno 2025, con le quali ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 3 marzo 2025 la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Monza del 20 dicembre 2023 in composizione monocratica, ha, confermando nel resto, escluso la circostanza aggravante di cui all’art. 595 comma 3 cod. pen. con rideterminazione della pena e riduzione dell’importo liquidato a titolo di risarcimento danni nei confronti di COGNOME Giorgio COGNOME il quale era stato condannato in primo grado alla pena di giustizia oltre statuizioni civili:
-per il reato di cui all’art. 595 comma terzo cod. pen. per avere inviato al Sindaco del Comune di Ronco Briantino e ad altri enti pubblici e ai cittadini del Comune due lettere ed una e-mail con le quali accusava il Sindaco e l’amministrazione comunale di sistematiche violazioni di norme, irregolarità e comportamenti omissivi o reticenti in relazione alla mancata approvazione della proposta planivolumetrica dell’area Donizetti.
Avverso tale decisione l’imputato ha proposto ricorso, attraverso il difensore di fiducia, deducendo i motivi enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo e il secondo motivo di ricorso sono stati dedotti violazione di legge e vizio di motivazione relativamente al diritto di critica, avendo la sentenza impugnata escluso la configurabilità della scriminante di cui all’art. 51 cod. pen. ; nonché relativamente all’elemento oggettivo del reato.
La Corte territoriale ha omesso di valutare il requisito della verità putativa che sussiste allorquando l’accusatore sia fermamente convinto della veridicità dei fatti che afferma.
Nel caso di specie siffatte supposizioni erano confortate da alcune evidenti anomalie procedurali, come ammesso dallo stesso Sindaco persona offesa.
Inoltre, il contenuto delle lettere ha sempre rispettato la continenza espressiva e sussisteva un interesse pubblico alla notizia.
Sulle specifiche censure la motivazione impugnata appare per alcuni versi illogica e per altri apparente.
Non vi è inoltre la prova che le lettere e la e-mail siano state effettivamente ricevute da soggetti diversi dai destinatari delle offese, così come risulta mancante la portata offensiva delle dichiarazioni dell’imputato che avevano ad oggetto sempre fatti specifici e documentalmente provati.
2.2 Con il terzo motivo di ricorso è stata dedotta violazione di legge in relazione alla mancata concessione della condizione di non punibilità per la
particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis cod. pen. La difesa rileva come l’effettiva gravità della condotta del ricorrente sia minima, tenuto conto tanto delle modalità in cui è stata posta in essere, quanto dell’assenza di danno in capo ai soggetti coinvolti, configurandosi dunque i due ‘indici requisiti’ richiesti al fine di considerare il fatto particolarmente tenue e, conseguentemente, non punibile.
2.3. Con il quarto motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla determinazione del trattamento sanzionatorio.
La pena base è stata individuata in misura ben superiore al limite edittale senza una effettiva motivazione, così come manca la motivazione quanto alla determinazione dell’aumento a seguito del riconoscimento della continuazione interna.
2.4. Con il quinto motivo è stata dedotta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla determinazione della liquidazione del danno.
La Corte, pur avendo escluso la circostanza aggravante di cui all’art. 595 comma terzo cod. pen., ha poi utilizzato le tabelle del Tribunale di Milano per la liquidazione del danno della diffamazione commessa a mezzo stampa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni di seguito esposte.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
1.1. Al riguardo, occorre premettere che costituisce legittimo esercizio del diritto di critica politica la diffusione, con mezzo di pubblicità, di giudizi negativi circa condotte biasimevoli poste in essere da amministratori pubblici, purché la critica prenda spunto da una notizia vera, si connoti di pubblico interesse e non trascenda in un attacco personale (Sez. 5, n. 4530 del 10/11/2022, dep.2023, COGNOME, Rv. 283964).
Nel caso in esame, con riferimento al requisito della veridicità della notizia, la sentenza impugnata ha escluso la presenza di un nucleo di verità, richiamando le pronunce relative al contenzioso civile tra i fratelli COGNOME e COGNOME (v. p. 3 della sentenza impugnata), nonché le dichiarazioni rese dai testimoni escussi. In particolare, gli ex sindaci COGNOME e COGNOME hanno riferito che l’iter di approvazione del progetto si era interrotto a causa della mancata produzione, da parte dell’imputato, della doc umentazione richiesta. Altri testimoni –COGNOME COGNOME COGNOME e COGNOME -hanno escluso l’esistenza di irregolarità nel procedimento amministrativo in corso (v. p. 5 della sentenza impugnata).
1.2. La Corte territoriale, tuttavia, omette di confrontarsi con le dichiarazioni rese dalla testimone NOME COGNOME, capogruppo consiliare di minoranza della
lista ‘RAGIONE_SOCIALE Ronco’, la quale ha riferito di essere stata contattata dall’imputato nel corso dell’anno 2011 in relazione alla mancata approvazione del piano planivolumetrico dell’Area Donizetti. La stessa ha dichiarato di essersi attivata in merito alla questione sollevata dal sig. COGNOME il quale lamentava gravi irregolarità da parte dell’amministrazione comunale, e di averne promosso la discussione in sede consiliare. All’esito della seduta, il gruppo consiliare da lei rappresentato aveva formalmente richiesto al Sindaco di poter accedere agli atti relativi alla pratica, istanza alla quale non era stato dato alcun seguito.
Tali dichiarazioni testimoniali, già riportate nella sentenza di primo grado, erano state oggetto di uno specifico motivo di appello, sul quale la sentenza impugnata non ha fornito alcuna motivazione.
La pronuncia di primo grado, nel tentativo di ridimensionare la valenza probatoria di tale contributo dichiarativo, si era limitata a evidenziare che il verbale della delibera consiliare era stato trasmesso alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Monza, senza che ne fosse scaturita alcuna attività investigativa; circostanza, tuttavia, del tutto irrilevante ai fini della valutazione della scriminante di cui all’art. 51 c od. pen ., atteso che l’esercizio del diritto di critica non presuppone necessariamente l’avvio di un procedimento penale, ma può fondarsi su una convinzione ragionevole e giustificata circa la veridicità dei fatti denunciati, anche in assenza di riscontri giudiziari.
1.3. Ad avviso del Collegio, la sentenza impugnata non ha adeguatamente scrutinato il rilievo, già articolato in sede di appello, concernente la possibile configurabilità della scriminante dell’esercizio del diritto di critica, anche nella sua forma putativa, ai sensi dell’art. 51 cod. pen.
Come è noto, la disposizione in esame, espressione del principio di non punibilità per chi agisca in conformità a un diritto riconosciuto dall’ordinamento, costituisce una causa di giustificazione che opera quando la condotta dell’agente si colloca nell’ambito di un dir itto soggettivo, purché esercitato nei limiti oggettivi e soggettivi previsti dalla legge. In dottrina, si è evidenziato come l’art. 51 cod. pen. rappresenti una clausola generale di liceità, che consente di escludere l’antigiuridicità del fatto quando ess o sia espressione di un diritto sostanziale, anche se esercitato in forma putativa, purché l’errore sia scusabile.
La giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che il diritto di critica -quale manifestazione della libertà di pensiero garantita dall’art. 21 Cost. -può assumere efficacia scriminante quando sia esercitato nel rispetto dei limiti della verità (anche putativa), della continenza espressiva e della pertinenza rispetto a un interesse pubblico o socialmente rilevante.
In particolare, è stato chiarito che l’esimente putativa dell’art. 51 cod. pen. è configurabile anche in assenza di una verità processualmente accertata, qualora il
soggetto agente operi nella ragionevole e giustificabile convinzione della veridicità dei fatti oggetto di censura, purché tale convinzione sia fondata su elementi oggettivi e non frutto di arbitraria supposizione (Sez. 5, n. 21145 del 18/04/2019, COGNOME, Rv. 275554; Sez. 5, n. 4530 del 10/11/2022, dep.2023, COGNOME, Rv. 283964).
Ai fini dell’efficacia scriminante, è altresì necessario che la critica non si traduca in un attacco personale, ma si mantenga entro i limiti della continenza, e che il fatto oggetto di censura sia obiettivamente vero nei suoi elementi essenziali, ovvero ritenuto tale per errore scusabile (Sez. 5, n. 11199 del 11/08/1998, COGNOME, Rv. 212131; Sez. 5, n. 24431 del 14/03/2017, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 270084).
Nel caso di specie, le comunicazioni inviate dall’imputato consistenti in lettere e una e-mail indirizzate a diverse autorità pubbliche -risultano articolate, circostanziate e corredate da documentazione allegata.
Le espressioni ritenute diffamatorie non appaiono gratuite bensì necessarie e funzionali alla costruzione del giudizio critico, inserendosi in un contesto di legittima sollecitazione istituzionale, finalizzata alla rappresentazione di presunte irregolarità amministrative e alla richiesta di chiarimenti da parte della pubblica amministrazione, che -secondo quanto dedotto -non aveva fornito riscontro.
In tale contesto -riconducibile a una legittima sollecitazione istituzionale -risulta particolarmente rilevante la lettera del 14 luglio 2017, nella quale l’imputato, dopo aver ripercorso l’attività della consigliera comunale COGNOME e richiamato le osservazioni critiche espresse dal consulente del Comune, COGNOME ha ribadito le irregolarità da lui ritenute sussistenti, chiedendo al Sindaco una risposta che confuti le affermazioni ritenute infondate ‘con preciso riferimento ai fatti, ai documenti e alle norme cui gli amministratori dichiarano di volersi attenere.’
A ciò si aggiunge il contributo dichiarativo del consigliere di minoranza, il quale ha riferito che il proprio gruppo consiliare si era fatto carico di portare all’attenzione del consiglio comunale la questione sollevata dal COGNOME, concernente presunti abu si e omissioni da parte dell’amministrazione comunale.
Ne consegue che l e modalità con cui l’imputato ha manifestato le proprie doglianze, unitamente al contenuto delle dichiarazioni testimoniali, impongono un ulteriore approfondimento da parte del giudice di merito, volto a verificare la sussistenza della scriminante di cui all’art. 51 cod. pen., anche nella sua forma putativa, non essendo stata fornita alcuna motivazione sul punto da parte della Corte territoriale.
La sentenza impugnata va quindi annullata, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano per nuovo esame, limitatamente al profilo indicato.
L’accoglimento del primo motivo comporta il consequenziale e logico assorbimento dei motivi ulteriori proposti.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
Così deciso in Roma il 15 luglio 2025