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Diritto di critica: il limite tra opinione e diffamazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un giornalista condannato per diffamazione a mezzo stampa online. La sentenza sottolinea che il diritto di critica non può sfociare in attacchi personali e insulti gratuiti, superando il limite della continenza. Il giornalista aveva usato espressioni offensive contro due imprenditori, definite dalla Corte come una mera aggressione verbale, non scriminata dalla finalità di inchiesta giornalistica. La condanna è stata quindi confermata, inclusa l’aggravante della recidiva.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto di Critica: La Cassazione Traccia il Confine con la Diffamazione

Il confine tra la libera manifestazione del pensiero e l’offesa alla reputazione altrui è spesso sottile, specialmente nel mondo del giornalismo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 18836 del 2024, ci offre un’importante lezione su dove si ferma il diritto di critica e dove inizia il reato di diffamazione. La decisione analizza il caso di un giornalista condannato per aver utilizzato un linguaggio eccessivamente aggressivo e denigratorio in un articolo online, chiarendo i limiti invalicabili della continenza espressiva.

I Fatti del Caso: Giornalismo d’Inchiesta o Attacco Personale?

La vicenda giudiziaria ha origine da un articolo pubblicato il 4 marzo 2016 su una testata giornalistica online. L’autore, un giornalista, criticava l’operato di due fratelli imprenditori, titolari di una società che si era aggiudicata in passato un appalto per lo smaltimento di rifiuti in un comune campano.

L’articolo, dal titolo esplicito, utilizzava espressioni molto forti, definendo gli imprenditori ‘mariuoli’ e ‘ladri’ e accusandoli di essere parte di un sistema corrotto. A seguito della querela degli imprenditori, il giornalista veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di diffamazione aggravata. La difesa del giornalista ha sempre sostenuto di aver esercitato il legittimo diritto di critica, in particolare nell’ambito del giornalismo d’inchiesta, che tollererebbe toni più aspri.

Il Diritto di Critica e i Suoi Limiti invalicabili

Il diritto di critica è una delle massime espressioni della libertà di pensiero, tutelata dall’art. 21 della Costituzione. Tuttavia, come ogni diritto, non è assoluto. Per non sfociare in diffamazione, la critica deve rispettare tre requisiti fondamentali:

1. Verità del fatto: La critica deve basarsi su un fatto storico vero o verosimile.
2. Interesse pubblico: L’argomento trattato deve avere una rilevanza sociale.
3. Continenza: Le modalità espressive devono essere proporzionate e non devono tradursi in un attacco personale e gratuito.

È proprio su quest’ultimo punto, la continenza, che si è concentrata la Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Diritto di Critica

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso del giornalista inammissibile, confermando la sua responsabilità penale. Secondo i giudici, il giornalista ha ampiamente superato i limiti della continenza.

L’uso di termini come ‘mariuoli’ e ‘ladri’ e l’associazione degli imprenditori a un ‘ambiente politico aduso ad illecite locupletazioni’ non sono state considerate critiche, seppur aspre, ma veri e propri attacchi personali, finalizzati a ledere la reputazione e l’onore delle parti civili. La Corte ha specificato che tali espressioni, inutilmente umilianti e gravemente infamanti, si sono risolte in una mera aggressione verbale.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato che il requisito della continenza non riguarda il contenuto della critica, ma la sua forma. Toni polemici, iperboli e linguaggio figurato possono essere ammessi, ma solo se funzionali a esprimere un’opinione e non quando degenerano in insulti personali. Nel caso di specie, le espressioni utilizzate sono state ritenute gratuite e non necessarie per l’elaborazione critica.

Inoltre, la Corte ha respinto la tesi difensiva secondo cui il ‘giornalismo d’inchiesta’ giustificherebbe un canone meno rigoroso di continenza. Sebbene in tale contesto l’onere di verifica della fonte possa essere meno stringente, ciò non autorizza l’uso di un linguaggio che attacchi direttamente la dignità personale.

Infine, i giudici hanno confermato la correttezza della decisione dei giudici di merito anche riguardo al trattamento sanzionatorio. L’aggravante della recidiva è stata ritenuta correttamente applicata, data la ‘indole sfrontata e persistente’ dell’imputato a commettere reati contro l’onore. Allo stesso modo, è stato negato il riconoscimento delle attenuanti generiche, poiché la condotta era stata ‘particolarmente spregiudicata’ e non erano stati addotti elementi positivi concreti a favore dell’imputato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Giornalisti e Professionisti della Comunicazione

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: il diritto di critica, anche quello più incisivo e polemico, deve sempre rispettare la dignità della persona. L’uso di epiteti offensivi e di attacchi personali non è mai giustificato e trasforma una legittima opinione in un illecito penale. Per i professionisti della comunicazione, il messaggio è chiaro: la forza di un’inchiesta o di una critica non risiede nell’insulto, ma nella solidità degli argomenti e nella capacità di esporli in modo civile, seppur fermo. Superare questo confine significa non solo commettere un reato, ma anche indebolire la credibilità del proprio lavoro.

Qual è la differenza tra diritto di critica e diffamazione secondo la Corte?
Il diritto di critica si basa su un giudizio valutativo che, pur potendo usare toni aspri e polemici, deve essere proporzionato e funzionale all’opinione espressa. Diventa diffamazione quando le modalità espressive superano il limite della continenza, trasformandosi in un attacco personale con espressioni gravemente infamanti e inutilmente umilianti, che aggrediscono la sfera morale del soggetto.

Il giornalismo d’inchiesta consente l’uso di un linguaggio più aggressivo?
No. Secondo la sentenza, sebbene il giornalismo d’inchiesta possa avere un’esigenza meno marcata di verifica dell’attendibilità della fonte, ciò non giustifica il superamento del canone della continenza. L’uso di un linguaggio che si risolve in un attacco personale non è scriminato dalla finalità investigativa dell’articolo.

Come ha giustificato la Corte l’applicazione della recidiva?
La Corte ha ritenuto corretta l’applicazione dell’aggravante della recidiva basandosi sui numerosi precedenti specifici e reiterati del ricorrente. Questi precedenti, secondo i giudici, denotavano una ‘indole sfrontata e persistente, incline a realizzare reati lesivi dell’onore in ambito giornalistico’, dimostrando una maggiore attitudine a delinquere e una più alta pericolosità sociale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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