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Diritto di critica giudiziaria: i limiti della Cassazione

Un giornalista è stato condannato per diffamazione nei confronti di un magistrato. La Corte di Cassazione ha parzialmente annullato la sentenza, chiarendo i limiti del diritto di critica giudiziaria. La Corte ha stabilito che la critica basata su fatti veri, anche se aspra, è legittima. Tuttavia, inventare fatti, come una presunta “contrattazione” tra giudice e PM, costituisce diffamazione perché priva del requisito della verità.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto di Critica Giudiziaria: La Cassazione traccia la linea tra opinione e diffamazione

La libertà di stampa e il rispetto della reputazione personale sono due principi fondamentali del nostro ordinamento, spesso in delicato equilibrio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 46827/2024) offre un’importante chiave di lettura su questo tema, delineando con precisione i confini del diritto di critica giudiziaria. Il caso vedeva contrapposti un giornalista, autore di un articolo critico, e un magistrato, che si era sentito diffamato. La decisione della Corte chiarisce quando una critica, anche aspra, all’operato di un giudice è legittima e quando, invece, sconfina nel reato di diffamazione.

I Fatti: Un Articolo “Nebuloso” e le Accuse al Magistrato

Un giornalista veniva condannato in primo e secondo grado per diffamazione a mezzo stampa per un articolo online in cui criticava l’operato di un giudice per le indagini preliminari. Le affermazioni ritenute diffamatorie erano tre:
1. Aver definito “nebulosa” un’ordinanza cautelare e aver insinuato che fosse rimasta “nel cassetto per mesi” per ragioni diverse da quelle ufficiali (il Covid-19).
2. Aver rappresentato il provvedimento come il risultato di una “contrattazione” o “trattativa” tra il pubblico ministero e il giudice.
3. Aver evidenziato che la sorella del magistrato figurava nell’elenco dei legali fiduciari del Comune al centro delle indagini, insinuando una mancanza di imparzialità.

Il giornalista ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo di aver esercitato legittimamente il diritto di critica, garantito dall’art. 21 della Costituzione.

La Decisione della Cassazione e il Diritto di Critica Giudiziaria

La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso, annullando la condanna per i punti 1 e 3, ma confermandola per il punto 2. Questa decisione si basa su una distinzione fondamentale all’interno del diritto di critica giudiziaria, che per essere legittimo deve poggiare su tre pilastri:
* Verità del fatto storico: La critica deve partire da un nucleo di fatti realmente accaduti.
* Interesse pubblico: La notizia e la critica devono essere di rilevanza per l’opinione pubblica.
* Continenza espressiva: Il linguaggio utilizzato non deve essere gratuitamente offensivo o umiliante.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto che le affermazioni relative alla “nebulosità” del provvedimento (punto 1) e alla parentela del magistrato (punto 3) rientrassero nell’alveo della critica legittima. In entrambi i casi, il giornalista partiva da fatti veri: il provvedimento era stato effettivamente emesso con notevole ritardo rispetto alla richiesta del PM e la sorella del giudice era realmente nell’elenco dei legali del Comune. Su questa base fattuale, l’uso di espressioni volte a instillare un “dubbio critico” nel lettore è stato considerato lecito, in quanto funzionale a stimolare un dibattito pubblico su questioni di interesse collettivo, come l’efficienza della giustizia e la potenziale esistenza di conflitti di interesse. L’espressione, pur forte, non è trascesa in un attacco personale.

Diametralmente opposto è stato il giudizio sul punto 2. L’accusa di una “contrattazione” tra PM e giudice è stata considerata diffamatoria perché priva del requisito fondamentale della verità del fatto. Il giornalista non criticava un fatto vero, ma ne inventava uno falso per sostenere la propria tesi. Affermare che un giudice “contratta” una decisione giudiziaria non è un’opinione, ma l’attribuzione di un comportamento specifico e gravemente lesivo della sua reputazione di imparzialità e indipendenza, senza fornire alcuna prova. La critica, in questo caso, non è più un’interpretazione soggettiva della realtà, ma una sua distorsione.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio cruciale: il diritto di critica giudiziaria è uno strumento di controllo democratico fondamentale e gode di un’ampia tutela, anche quando si esprime con toni forti e polemici. Tuttavia, questa tutela viene meno quando la critica non si fonda sulla realtà dei fatti, ma costruisce narrazioni false per attaccare la reputazione di un magistrato. Un giornalista può interpretare, commentare e criticare i fatti, ma non può inventarli. La linea di demarcazione tra critica e diffamazione risiede, ancora una volta, nel rispetto della verità storica del fatto che si pone a base del proprio giudizio.

Un giornalista può definire “nebuloso” un provvedimento di un magistrato senza commettere diffamazione?
Sì, secondo questa sentenza, l’uso di tale espressione per instillare un dubbio critico nel lettore rientra nel legittimo esercizio del diritto di critica giudiziaria, a condizione che si basi su circostanze fattuali vere, come un significativo ritardo nell’emissione del provvedimento.

Affermare che una decisione giudiziaria è frutto di una “contrattazione” tra giudice e pubblico ministero è lecito?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che questa specifica affermazione è diffamatoria perché presenta come un fatto un evento (la contrattazione) per il quale non esiste alcuna prova. Non si tratta di una critica a un evento reale, ma dell’invenzione di un fatto falso per ledere la reputazione del magistrato.

Segnalare un potenziale conflitto di interessi di un magistrato è sempre diffamazione?
No, non necessariamente. In questo caso, riportare il fatto vero che la sorella del magistrato fosse nell’elenco dei legali di un ente pubblico coinvolto nelle indagini è stato considerato parte del legittimo diritto di critica giudiziaria, poiché si trattava di un fatto vero e di interesse pubblico, utilizzato per costruire un’argomentazione critica senza trascendere in attacchi personali gratuiti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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