Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4563 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 4563 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SAN GIOVANNI ROTONDO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/12/2022 del TRIBUNALE di FOGGIA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza perché il fatto non sussiste
uditi i difensori:
AVV_NOTAIO, per le parti civili, che deposita conclusioni scritte unitamente alla nota spese;
AVV_NOTAIO per l’imputato, che insiste nell’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugNOME, il Tribunale di Foggia, all’esito di rito abbreviato, assolto NOME COGNOME dal reato di diffamazione, per la particolare tenuità del fatt ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., condannandolo al risarcimento del danno patito dall costituite parti civili, preso atto della dichiarazione di incostituzionalità, pronunciat sentenza n. 173 del 2022, additiva dell’art. 538 cod. proc. pen., dalla Cor costituzionale.
L’imputato è accusato, nella sua qualità di direttore responsabile del quotidian “L’RAGIONE_SOCIALE“, di aver offeso, in data 21.11.2020, la reputazione di tre commissari straordinari del comune di Manfredonia, con le frasi: “Rimborsi d’oro ai commissari straordinari del comune di Manfredonia? Dopo le accuse di immobilismo adesso scoppia il caso delle spese…Qualcuno ha storto il naso dinanzi alle cifre…”.
NOME COGNOME ha proposto ricorso tramite il difensore di fiducia deducendo cinque diversi motivi.
2.1. Il primo argomento difensivo eccepisce mancanza o manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugNOME in relazione alla sussistenza dell’elemento oggettivo del reato di diffamazione, mancando la carica offensiva e lesiva della reputazione nel testo dell’articolo incrimiNOME.
Del resto, l’assenza di toni palesemente offensivi o denigratori è enfatizza contraddittoriamente anche dalla sentenza impugnata (a pag. 2) e, d’altra parte, il reato era stato escluso dallo stesso pubblico ministero, che aveva chiesto l’archiviazione del procedimento in fase di indagini, superata poi dall’imputazione coatta formulata dal GIP del Tribunale di Foggia.
La motivazione della sentenza sembra non conferente con il caso giudicato.
2.2. Il secondo motivo di ricorso evidenzia vizio di carenza o manifesta illogicità de motivazione in relazione anche alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di diffamazione, su cui il giudice non si sofferma che genericamente.
2.3. Il terzo ed il quarto motivo eccepiscono violazione di legge e vizio di motivazio quanto alla ritenuta insussistenza delle esimenti del diritto di critica e di cro giornalistica, su temi di pubblico interesse, al centro di dibattito cittadino e og legittimo di giornalismo d’inchiesta da parte del ricorrente.
2.5. Il quinto passaggio di critica difensiva ruota intorno alla condanna al risarcime del danno inflitta al ricorrente, che, a giudizio della difesa, non sarebbe sorretta d prova della sussistenza di un danno morale patito dalle persone offese costituitesi part civili.
Si contesta, in particolare, il richiamo alla opportunità di concedere un riconoscimen “simbolico” del danno morale patito e la sottovalutazione della diffusione tutta loca della testata giornalistica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nel primo motivo, che ha valenza assorbente rispetto alle ulterio censure.
La denunciata insussistenza oggettiva del fatto, pur dedotta formalmente come vizio di motivazione, configura, piuttosto, una violazione di legge e, pertanto, legittimamen instaura il rapporto processuale del ricorrente “per saltum”, ai sensi dell’art. 569 proc. pen.; sono state proposte, infatti, eccezioni che, nel loro nucleo essenziale, punta a veder riconosciuta la corretta interpretazione delle disposizioni di cui all’art. 595 pen.
2.1. L’eccezione difensiva coglie, poi, l’essenza del reato di diffamazione, evocand l’insussistenza, nelle espressioni oggetto dell’imputazione, della stessa valenza offensiv della reputazione altrui.
Come noto, quanto alla possibilità per il giudice di legittimità, di verificare la p diffamatoria di frasi pronunciate o scritti contenuti in documenti anche informati costituisce principio consolidato di questa Corte regolatrice, ritenere che il giudi legittimità possa conoscere e valutare l’offensività della frase che si assume lesiva de altrui reputazione, perché rientra nel suo sindacato procedere, anzitutto, a considerar la sussistenza o meno della materialità della condotta contestata e, quindi, della porta offensiva delle frasi ritenute diffamatorie (così, tra le molte, Sez. 5, n. 24 10/10/2019, COGNOME, dep. 2020, Rv. 278145; Sez. 5, n. 48698 del 19/09/2014, Demofonti, Rv. 261284; Sez. 5, n. 832 del 21/06/2005, Travaglio, Rv. 233749).
Orbene, alle frasi pronunciate dal ricorrente, pur già ritenute nella sentenza impugnat di ben minima portata offensiva, tanto da configurare un’ipotesi di particolare tenuità fatto, deve riconoscersi la completa mancanza di qualsiasi attitudine o valenza offensiva della reputazione delle persone offese.
Si tratta, è vero, di frasi che alludono ad una determinazione dei compensi dei commissari straordinari del comune di Manfredonia piuttosto elevata, a giudizio dell’autor dell’articolo giornalistico: il sintagma “rimborsi d’oro” si rivela icasticamente evocat tal senso.
Tuttavia, all’espressione metaforica non seguono contenuti che rimandino ad illiceità di sorta, riferite alla quantificazione concreta dei compensi, bensì la mera cronac dell’esistenza di un “caso”, sorto in relazione all’entità dei rimborsi dei commis straordinari, nel contesto politico-amministrativo di riferimento; una questione – quel
del dibattito sulla misura economica dei rimborsi – che si nutre, riferendoli, dei legi dubbi di chi, in un contesto accompagNOME dalla necessità di informare la pubblica opinione di accadimenti di rilievo collettivo, si limita ad esporli, senza prendere neppu posizione al riguardo.
Non vi è dubbio che, come ha sostenuto la difesa di parte civile, anche le allusioni e suggestioni possano avere una valenza diffamatoria.
Si è già evidenziato, infatti, in questa direzione, che l’intento diffamatorio può es raggiunto anche con mezzi indiretti e mediante subdole allusioni e pure in questa forma deve essere ritenuto penalmente rilevante (Sez. 5, n. 4384 del 7/2/1991, Giannini, Rv. 187192).
D’altra parte, questa stessa Sezione ha precisato che, in tema di diffamazione, il contenuto allusivo e insinuante di uno scritto o di una frase pronunciata non assume rilevanza penale nel caso in cui non sia immediatamente e inequivocabilmente percepibile – la valenza diffamatoria, si intende secondo parametri di comune comprensione, ancorati al registro di verifica dell’uomo medio (Sez. 5, n. 1365 del 9/11/2022, dep. 2023, NOME Vullo, Rv. 284044, in una fattispecie in cui la Corte ha escluso che l’espressione “I tempi d’oro sono finiti… vi ricordo che i vertici della Procur cambiati!!!”, pubblicata su “Facebook” e diretta all’amministrazione locale, foss offensiva nei confronti del vertice dell’ufficio giudiziario).
Nel caso che oggi è posto all’attenzione del Collegio, non si è realizzata una figu narrativa diffamatoria, poiché non si registra una carica offensiva percepibile n contenuti dell’articolo giornalistico per come riportati nell’imputazione; né può sostene che, con le richiamate frasi, l’autore abbia voluto ipotizzare eventuali cattive gest della macchina comunale o il percepimento di rimborsi indebiti o, peggio ancora, illeciti A ragionare diversamente, infatti, come si è evidenziato nella sentenza n. 1365 del 2023, la scure della rilevanza penale ai sensi dell’art. 595 cod. pen. si leverebbe a reprimere le intenzioni possibili e sottostanti a frasi pronunciate o scritte e non, come inv dovrebbe, l’esternazione materiale percepibile del pensiero che si è in concreto e nella realtà realizzata.
In altre parole, in tema di diffamazione, il contenuto diffamatorio di allusioni e insinuazioni contenute in uno scritto o in una frase pronunciata non può assumere rilevanza penale quando non sia immediatamente ed inequivocamente percepibile come offensivo della reputazione altrui secondo parametri di comune comprensione, ancorati al registro di verifica dell’uomo medio.
2.2. Del resto, anche sotto il diverso profilo dell’esercizio del diritto di critica r frasi oggettivamente inquadrabili nel reato di diffamazione, la Cassazione ha avuto modo di valorizzare sia la contestualizzazione di espressioni giudicate inizialmente diffamatori riportandole nell’alveo della liceità secondo parametri di uso comune del criterio continenza espressivo (cfr. Sez. 5, n. 37397 del 24/6/2016, C., Rv. 267866); sia la
peculiare possibilità di esercitare il diritto di critica nei riguardi di pubblici ammin o magistrati nel modo più ampio possibile, in ragione della necessità di assicurare un efficace strumento di controllo democratico dell’esercizio di una rilevante attiv istituzionale (cfr., tra le altre, Sez. 5, n. 19960 del 30/1/2019, COGNOME, Rv. 27 Sez. 5, n. 45249 del 25/10/2021, Longo, Rv. 282379, in motivazione).
Nella libertà di opinione – che è configurata dalla CEDU come diritto, non solo a diffonder informazioni, ma ad esprimere opinioni e a trasmettere idee (art. 10 par. 1) – un ruo primario è assegNOME alla libertà espressiva nel dibattito politico o di pubblico intere il cui esercizio avviene tradizionalmente attraverso il mezzo della stampa e altri strumen di diffusione mediatici o informatici; il dibattito sui media e attraverso la sta finalizzato a fornire al pubblico un mezzo per scoprire e formarsi un’opinione sulle idee le attitudini dei rappresentanti politici.
In quanto tale, la libertà di dibattito di questioni di pubblico interesse è uno dei focali dei sistemi democratici e rispetto ad essa il margine di apprezzamento degli Stat per configurare la tutela del diritto alla reputazione individuale è limitato (ex m Morice c. Francia , n. 29369/10, § 125, CEDU 2015), soprattutto tenuto conto della evoluzione nella percezione della carica offensiva di alcune espressioni nel contesto politico, in cui la critica assume spesso toni aspri e vibrati, e del fatto che la criti ed anzi normalmente deve, assumere forme tanto più incisive e penetranti quanto più elevata è la posizione pubblica del destinatario (Sez. 5, n. 27339 del 13/06/2007, Rv. 237260; Sez. 5, n. 4530 del 10/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283964, in cui è stata riconosciuta la scriminante del diritto di critica rispetto ad una diffamazione commess ai danni di amministratori pubblici).
E’ stato affermato, ancora, che il livello e l’intensità, pur notevoli, delle censure indi quali critiche a coloro che occupano posizioni di rilievo nella vita pubblica, non escludo l’operatività della scriminante, poiché nell’ambito politico risulta preminente l’inte generale al libero svolgimento della vita democratica (Sez. 5, n. 15236 del 28/01/2005, Ferrara, Rv. 232125). Di conseguenza, quanto maggiore è il potere esercitato, maggiore è l’esposizione alla critica, perché chi esercita poteri pubblici deve essere sottoposto un rigido controllo sia da parte dell’opposizione politica che dei cittadini (Sez. 5, n. 1 del 06/02/2007, Rv. 236362).
La configurabilità dell’esimente dell’esercizio del diritto di critica politic fondamento, infatti, nell’interesse all’informazione dell’opinione pubblica e controllo democratico nei confronti degli esponenti politici o pubblici amministrato sebbene, ovviamente, è necessario che l’elaborazione critica non sia avulsa da un nucleo di verità e non trascenda in attacchi personali finalizzati ad aggredire la sfera mora altrui, pur nell’ampia visione convenzionale del diritto alla libertà di espressio contesti di critica politica (Sez. 5, n. 31263 del 14/9/2020, Capozza, Rv. 279909, riferi ad un sindaco).
L’elaborazione ermeneutica si è sempre più affinata, dunque, nel corso degli anni, sino a giungere all’attuale stabilizzazione di un orientamento di particolare apertura n confronti della liceità della critica giudiziaria, sulla base del principio di derivazione dalla giurisprudenza europea, secondo cui, in democrazia, a maggiori poteri corrispondono maggiori responsabilità e l’assoggettamento al controllo da parte dei cittadini, esercitabile anche attraverso il diritto di critica (cfr. la sentenza della Corte EDU Magosso e COGNOME c. Italia del 16 gennaio 2020, nonché come precedenti, cfr. anche Medlis Islamske NOME e altri c, Bosnia Erzegovina del 27 giugno 2017; COGNOME c. Finlandia del 6 luglio 2010)
Tale contesto, pur riferito al piano della esimente del diritto di critica, che non inter invece, la inconfigurabilità oggettiva del reato di diffamazione, rilevabile nel cas specie, è utile ad inquadrare ed illuminare al meglio il contesto storico e giurisprudenzi attuale, nel cui prisma la giurisprudenza deve leggere sia la carica oggettiva che portata del diritto di cronaca e di critica giornalistiche e, in ultima analisi, è ess per spiegare il sostrato culturale in cui si muove il giudizio di verifica della carica ogg diffamatoria di talune espressioni riferite ad un campo di pubblico interesse e n confronti di pubblici amministratori.
2.3. Alla luce di tali coordinate interpretative complessivamente considerate, pertanto le espressioni oggetto dell’articolo giornalistico in contestazione devono ritenersi priv rilevanza penale, non raggiungendo la soglia di tipicità oggettiva richiesta dall’art. cod. pen., sicchè la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
2.4. Le spese richieste dalle parti processuali possono essere compensate.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.
Così deciso il 24 ottobre 2023.