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Diritto di critica: assolto giornalista per ‘rimborsi d’oro’

Un giornalista, accusato di diffamazione per un articolo sui “rimborsi d’oro” di alcuni pubblici ufficiali, è stato definitivamente assolto dalla Corte di Cassazione. La Corte ha stabilito che le espressioni utilizzate, sebbene pungenti, rientravano nel legittimo esercizio del diritto di critica giornalistica su una questione di evidente interesse pubblico, essendo prive della carica offensiva oggettiva necessaria per configurare il reato.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto di Critica e Giornalismo: Quando “Rimborsi d’oro” non è Diffamazione

La libertà di stampa e il diritto di critica sono pilastri di una società democratica, ma dove si trova il confine con la diffamazione? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 4563/2024, offre chiarimenti cruciali su questo delicato equilibrio, specialmente quando l’oggetto della critica sono le spese di pubblici amministratori. La Corte ha annullato una condanna per diffamazione a carico di un giornalista, stabilendo che l’uso di espressioni colorite come “rimborsi d’oro” rientra pienamente nel legittimo esercizio del giornalismo d’inchiesta su temi di interesse pubblico.

I Fatti del Caso: L’Articolo sui “Rimborsi d’Oro”

Il direttore responsabile di un quotidiano online veniva accusato di aver offeso la reputazione di tre commissari straordinari di un comune. L’articolo incriminato titolava: “Rimborsi d’oro ai commissari straordinari del comune di […]? Dopo le accuse di immobilismo adesso scoppia il caso delle spese… Qualcuno ha storto il naso dinanzi alle cifre…”.

In primo grado, il Tribunale aveva assolto il giornalista per la particolare tenuità del fatto, ma lo aveva comunque condannato al risarcimento dei danni in sede civile. Insoddisfatto della decisione, che implicitamente riconosceva la natura diffamatoria dello scritto, il giornalista proponeva ricorso direttamente in Cassazione.

La Decisione della Cassazione e il Diritto di Critica

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza senza rinvio “perché il fatto non sussiste”. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi interconnessi: l’assenza di un’oggettiva valenza offensiva nelle frasi utilizzate e la piena operatività dell’esimente del diritto di critica politica.

L’assenza di Valenza Diffamatoria Oggettiva

Secondo i giudici, l’espressione “rimborsi d’oro” è certamente una metafora icastica e suggestiva, ma di per sé non implica alcuna accusa di illiceità. L’articolo, infatti, non proseguiva attribuendo ai commissari condotte illegali o la percezione di somme non dovute. Piuttosto, si limitava a riportare la cronaca di un “caso” sorto nel dibattito pubblico e politico-amministrativo circa l’entità, ritenuta elevata, di tali compensi.

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: per configurare la diffamazione, il contenuto allusivo o insinuante di uno scritto deve essere immediatamente e inequivocabilmente percepibile come offensivo da un lettore medio. In questo caso, le frasi si limitavano a esporre i legittimi dubbi emersi nell’opinione pubblica, senza prendere una posizione accusatoria.

L’ampia tutela del Diritto di Critica politica

Anche qualora le frasi fossero state considerate astrattamente offensive, la Corte ha sottolineato che sarebbero state comunque scriminate dal diritto di critica. Quando si parla di amministratori pubblici e di questioni di rilevante interesse collettivo, come l’uso di denaro pubblico, la libertà di espressione gode di una tutela rafforzata.

La critica politica può assumere toni aspri, vibrati e penetranti, specialmente nei confronti di chi esercita un potere pubblico. I cittadini, e i giornalisti per loro, hanno il diritto e il dovere di esercitare un controllo democratico. La Corte ha chiarito che censure anche notevoli non escludono l’operatività dell’esimente, poiché nell’ambito politico prevale l’interesse generale al libero svolgimento della vita democratica.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che il giudice di merito non aveva correttamente interpretato l’art. 595 del codice penale. Le espressioni utilizzate dal giornalista, analizzate nel loro contesto, non superavano la soglia della tipicità oggettiva del reato di diffamazione. La Corte ha specificato che il compito del giudice non è reprimere le “intenzioni possibili” dietro una frase, ma valutare l'”esternazione materiale percepibile” del pensiero. L’articolo si limitava a dar conto di un dibattito pubblico su una questione di interesse collettivo, senza attribuire fatti illeciti. Inoltre, la Corte ha valorizzato l’ampio perimetro del diritto di critica giornalistica e politica, che consente l’uso di un linguaggio pungente e incisivo quando si esercita un controllo sull’operato di figure pubbliche, in linea con la giurisprudenza nazionale ed europea.

Le Conclusioni

Con la sentenza n. 4563/2024, la Cassazione riafferma un principio cardine per la libertà di informazione: criticare l’entità delle spese pubbliche, anche con espressioni metaforiche e d’impatto come “rimborsi d’oro”, non è diffamazione se non si trasforma in un attacco personale e non si attribuiscono condotte illecite. Questa decisione rappresenta una garanzia fondamentale per il giornalismo d’inchiesta, che svolge un ruolo insostituibile di “cane da guardia” della democrazia, assicurando che chi gestisce la cosa pubblica sia sempre soggetto al vaglio critico dell’opinione pubblica.

L’uso di espressioni forti come “rimborsi d’oro” in un articolo è sempre diffamazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, un’espressione metaforica e suggestiva come “rimborsi d’oro”, se non accompagnata dall’attribuzione di condotte illecite o illegali, non è di per sé diffamatoria, ma rientra nella cronaca di un dibattito di interesse pubblico.

Quando un’allusione o un’insinuazione diventa penalmente rilevante per la diffamazione?
Un’allusione o insinuazione assume rilevanza penale solo quando il suo contenuto offensivo per la reputazione altrui è immediatamente e inequivocabilmente percepibile secondo parametri di comune comprensione, ancorati al giudizio di un uomo medio.

Quali sono i limiti del diritto di critica nei confronti di un pubblico amministratore?
Il diritto di critica verso un pubblico amministratore è molto ampio e può assumere toni aspri e incisivi. Il limite viene superato quando la critica, pur basandosi su un nucleo di verità, trascende in attacchi personali finalizzati unicamente ad aggredire la sfera morale della persona, invece di criticarne l’operato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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