Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23732 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23732 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a Mistretta il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 26/01/2024 del TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI SASSARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 26 gennaio 2024 il Tribunale di sorveglianza di Sassari ha respinto il reclamo proposto dal D.A.P. avverso l’ordinanza emessa il 29 settembre 2023, con la quale il magistrato di sorveglianza di Sassari, accogliendo il reclamo del detenuto NOME COGNOME, sottoposto al regime di cui all’art. 41-bis ord.pen. aveva disposto che l’istituto penitenziario gli consentisse l’acquisto di lievito e farina.
Il D.A.P. aveva giustificato il divieto, esteso a tutti i detenuti, con la potenziale pericolosità RAGIONE_SOCIALE farina che, dispersa nell’aria, ed a seguito di innesco, può dare vita ad una nube incendiaria o esplosiva, ma il magistrato di sorveglianza aveva ritenuto tale affermazione non provata né giustificata in concreto, stante l’assenza di tale divieto in altri istituti penitenziari, ed essendo consentito l’acquisto d alimenti con maggiore potere incendiario.
Il Tribunale ha, in primo luogo, giudicato corretta la qualificazione del reclamo come presentato ai sensi dell’art. 35-bis ord. pen. attenendo esso al diritto del detenuto ad un’alimentazione sana. Quindi, ha ritenuto infondato il reclamo del D.A.P., essendo il divieto irragionevole sia perché viene consentito l’acquisto di prodotti alimentari più idonei alla produzione di incendi, sia perché non è stato chiarito con quali agevoli modalità i detenuti potrebbero innescare un incendio una volta verificatasi la nube, sia perché il RAGIONE_SOCIALE ha escluso che sussista un reale rischio esplosivo RAGIONE_SOCIALE farina, stanti i beni e le attrezzature necessarie per farla esplodere, sia infine perché tale acquisto è consentito in altri istituti penitenziari.
Avverso l’ordinanza hanno proposto ricorso la Casa circondariale di Sassari, il RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Giustizia, per mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Cagliari, articolando tre motivi. ·
Con il primo motivo il ricorso deduce che il Tribunale di sorveglianza ha provveduto in una materia in cui non ha il potere, trattandosi di questione non giurisdizionale, ma amministrativa, atteso che mancano i presupposti per qualificare il ricorso come reclamo ai sensi dell’art. 35-bis ord. pen., non essendo in discussione il diritto alla salute o ad una alimentazione sana del condannato, ed avendo contestato questi solo un aspetto che pertiene alla potestà regolamentare dell’amministrazione carceraria.
Con il secondo motivo il ricorso deduce la falsa applicazione del principio di non discriminazione, in quanto il divieto in questione è applicato anche ai detenuti comuni, per cui non può essere ritenuto illegittimo, trattandosi dell’espressione RAGIONE_SOCIALE potestà regolatoria dell’amministrazione.
Con il terzo motivo, il ricorso deduce la violazione dell’art. 41-bis, comma 2 quater, lett. a) e c), ord.pen., in quanto il Tribunale ha erroneamente escluso che il divieto sia fondato su ragioni di sicurezza. Altri Uffici di sorveglianza hanno confermato tale divieto, per la pericolosità RAGIONE_SOCIALE farina, che è in grado di esplodere, oltre a poter essere usata per formare una colla, e che può essere facilmente incendiata, atteso che ai detenuti è stato consentito dallo stesso Tribunale l’acquisto di accendini. Inoltre, il prodotto che deve essere combinato con la farina per renderla esplosiva è la normale acqua ossigenata, ed è errato il paragone con
l’olio, il cui acquisto è consentito perché esso, diversamente dalla farina, è indispensabile per cucinare. Lo stesso Ufficio di sorveglianza di Sassari, in precedenza, ha rigettato ricorsi analoghi.
Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato.
Il reclamo giurisdizionale al magistrato di sorveglianza, previsto dagli artt. 35bis e 69, comma 6, lett. b) , ord. pen., ammette la tutela delle posizioni giuridiche soggettive qualificabili in termini di “diritto”, incise da condott dell’Amministrazione che violino disposizioni previste dalla legge penitenziaria, e dal relativo regolamento, dalle quali “derivi al detenuto o all’internato un attuale e grave pregiudizio”.
Presupposti essenziali di tale strumento sono dunque costituiti dall’esistenza, in capo al detenuto, di una posizione giuridica attiva, non riducibile (o non riducibile ulteriormente) per effetto RAGIONE_SOCIALE carcerazione e direttamente meritevole di protezione, e dall’esistenza di una condotta, imputabile all’Amministrazione penitenziaria, che si ponga con tale posizione soggettiva in illegittimo contrasto (Sez. 1, n. 36865 del 08/06/2021, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Giustizia, Rv. 281907, in motivazione).
Questa Corte ha anche precisato, peraltro, che dalla condizione detentiva possano derivare limitazioni, anche significative, alla ordinaria sfera dei diritti soggettivi RAGIONE_SOCIALE persona, anche quale diretta conseguenza dell’adozione di misure e provvedimenti organizzativi dell’Amministrazione stessa volti a disciplinare la vita degli istituti, a garantire l’ordine e la sicurezza interna e l’irrinunciabi principio del trattamento rieducativo; misure e provvedimenti che, ove adottati nel rispetto dei canoni di ragionevolezza e proporzionalità, incidono legittimamente sulla posizione soggettiva del ristretto, andando ad integrarne l’ambito di autorizzata e lecita compressione (Sez. 1, n. 4030 del 04/12/2020, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Giustizia, Rv. 280532).
Il diritto soggettivo del detenuto, nel suo nucleo intangibile, cui è garantita protezione, non va, pertanto, confuso con le mere modalità di esercizio di esso, inevitabilmente assoggettate a regolamentazione (Sez. 1, n. 23533 del 07/07/2020, COGNOME, Rv. 279456; Sez. 1, n. 767 del 15/11/2013, COGNOME, Rv. 258398); soltanto la negazione del diritto in quanto tale integra lesione suscettibile di reclamo giurisdizionale, mentre le modalità di esplicazione del diritto restano
affidate alle scelte discrezionali dell’Amministrazione penitenziaria, in funzione delle esigenze dì ordine e disciplina interne, che, ove non manifestamente irragionevoli, ovvero sostanzialmente inibenti la fruizione del diritto, non sono sindacabili in sede giudiziaria (Sez. 7, n. 373 del 29/05/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 261549-01).
Il diritto all’alimentazione sana del detenuto rientra in quella posizione giuridica attiva, non riducibile per effetto RAGIONE_SOCIALE carcerazione e direttamente meritevole di protezione, che è azionabile attraverso lo strumento dell’art. 35-bis ord. pen. (Sez. 1 n. 50731 del 20/10/2023, RAGIONE_SOCIALE Giustizia, n.m.; Sez. 1, n. 33917 del 15/07/2021, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE giustizia, Rv. 281794), ma esso è garantito dalla varietà dei prodotti alimentari acquistabili e dalla loro idoneità a corrispondere ai bisogni nutritivi di un individuo sano, mentre la individuazione dei singoli alimenti attraverso cui deve essere perseguito il diritto all’alimentazione sana costituisce mera modalità dell’esercizio di tale diritto, atteso che, per rimanere al caso in esame, né la farina né il lievito sono assolutamente indispensabili per un’alimentazione sana, che può essere coltivata anche attraverso altri prodotti facenti parte del catalogo approvato dall’istituto penitenziario.
Le questioni che attengono alla individuazione dei generi alimentari acquistabili, pertanto, attengono alle modalità di esercizio del diritto alla salute non giustiziabile in sede giurisdizionale, e non a quel nucleo intangibile del diritto in sé che permette l’utilizzazione dello strumento dell’art. 35-bis ord. pen.
Ne consegue che l’ordinanza impugnata è stata emessa nella carenza del potere RAGIONE_SOCIALE giurisdizione sul punto, come rileva correttamente il primo motivo di ricorso, e che l’ordinanza impugnata, e quella a monte del magistrato di sorveglianza, devono essere annullate senza rinvio ex art. 620, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e quella del magistrato di sorveglianza di Sassari del 29 settembre 2023.
Così deciso il 17 maggio 2024
Il consigliere estensore
Il presidente