Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38458 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38458 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/01/2024 del GIUD. SORVEGLIANZA di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG in persona del Sostituto AVV_NOTAIO generale NOME
NOME che ha chiesto
l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
RITENUTO IN FATTO
Con provvedimento del 16 gennaio 2024 il Magistrato di sorveglianza di L’Aquila ha rigettato il reclamo proposto nell’interesse di NOME COGNOME, detenuto nella Casa Circondariale di L’Aquila in regime differenziato ai sensi dell’art. 41bis ord. pen., in relazione alla richiesta di utilizzare un fornello a gas e le stoviglie senza limite orario.
A fondamento ha esposto la rilevata assenza di «lesione piena e attuale di diritti soggettivi».
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., per mezzo dei proprio difensore, AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo con il quale ha eccepito violazione di legge con riferimento agli artt. 35bis, 69, comma 6, ord. pen. e 666, comma 2, cod. proc. pen.
Ripercorrendo lo stato dell’elaborazione della giurisprudenza della Corte costituzionale sul tema della tutela dei diritti soggettivi dei detenuti azionabili con il procedimento davanti al Magistrato di sorveglianza, ha evidenziato come, nel caso di specie, il diritto fatto valere dal detenuto sia quello alla parità di trattamento.
Egli, infatti, ha rivendicato il medesimo diritto all’utilizzazione del fornello e delle stoviglie senza limiti di tempo che viene assicurato ai detenuti ristretti nel circuito di alta e media sicurezza.
Si tratta di un diritto soggettivo pieno a fronte del quale il procedimento è quello previsto dagli artt. 14ter e 69 ord. pen.
Ciò nonostante, il Magistrato di sorveglianza ha provveduto de plano, senza instaurazione del contraddittorio.
Il AVV_NOTAIO generale ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Per come rilevato anche dal AVV_NOTAIO generale nella propria requisitoria scritta, nel caso di specie, non sussistevano i presupposti per l’emissione del provvedimento de plano e senza l’instaurazione del
contraddittorio ai sensi dell’art. 35 ord. pen., previa qualificazione dell’istanza come reclamo generico.
Invero, è pacifico che la questione dedotta dal ricorrente, al di là della sua fondatezza o meno nel merito, ha ad oggetto profili attinenti a diritti soggettivi.
Già nella ricostruzione della fonte normativa della posizione soggettiva rivendicata dal detenuto si rinviene la sua qualificazione in termini di diritto soggettivo.
Nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. f) ord. pen., come introdotto dalla legge n. 94 del 2009 (secondo cui è prevista l’adozione, da parte dell’Amministrazione, di ogni misura di sicurezza volta a garantire, tra l’altro, che sia assicurata l’assoluta impossibilità di cuocere cibi), Corte cost. n. 186 del 2018 ha precisato come «non si tratta di affermare, né per i detenuti comuni, né per quelli assegnati al regime differenziato, l’esistenza di un “diritto fondamentale a cuocere i cibi nella propria cella”…..si tratta piuttosto di riconoscere che anche chi si trova ristretto secondo le modalità dell’art. 41-bis Ord. pen. deve conservare la possibilità di accedere a piccoli gesti di normalità quotidiana, tanto più preziosi in quanto costituenti gli ultimi residui in cui può espandersi la sua libertà individuale (analogamente, sentenze n. 122 e n. 20 del 2017, n. 349 del 1993)».
Nel dichiarare illegittimo l’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. f) ord. pen., limitatamente al divieto di cuocere cibi per i detenuti sottoposti al regime ex art. 41-bis ord. pen., la Corte costituzionale ha riconosciuto a tali detenuti il corrispondente diritto, senza avere tuttavia affermato che questi ultimi non debbano sottostare alle regole del carcere disciplinanti le modalità del relativo esercizio, suscettibile di fruizione sulla base di fasce orarie deputate, che siano di durata adeguata e non irrisoria.
Secondo un orientamento di questa Corte, GLYPH la previsione di limiti alla possibilità di cucinare anche al di fuori delle fasce orarie, stabilite con il regolamento di istituto, costituisce un legittimo esercizio della potestà riconosciuta all’Amministrazione penitenziaria ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. b), d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, secondo cui «il regolamento interno disciplina gli orari relativi all’organizzazione della vita quotidiana della popolazione detenuta o internata» (tra le altre, Sez. 1, n. 22056 del 21/04/2021, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 21120 del 15/02/2021, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 4030 del 04/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280532).
Rispetto a tale facoltà, viene comunemente affermata la sindacabilità in sede giurisdizionale dei provvedimenti con i quali viene regolamentato l’esercizio del diritto mediante l’individuazione di fasce orarie di autorizzazione alla cottura dei cibi.
Si ritiene necessario evitare che, mediante una regolamentazione distinta, venga introdotta, tra i detenuti comuni e quelli sottoposti al regime detentivo ex art. 41-bis Ord. pen., un’ingiustificata differenziazione del regime penitenziario tale da assumere, in concreto, un carattere sostanzialmente vessatorio per questi ultimi.
E’ stato, quindi, affermato il principio per cui «in tema di ordinamento penitenziario, è legittima la disposizione del regolamento d’istituto che, incidendo sulle sole modalità di esercizio del relativo diritto, stabilisca il divieto di cottu dei cibi in determinate fasce orarie a condizione che riguardi tutti i detenuti e non solo quelli sottoposti al regime detentivo di cui all’art. 41-bis, ord. pen., risolvendosi, in tal caso, in un’ingiustificata differenziazione del regime penitenziario tale da assumere, in concreto, un carattere sostanzialmente vessatorio. (Conf. n. 4031 del 2021, n. 7192 del 2021, n. 7193 del 2021 e n. 7194 del 2021)» (Sez. 1, n. 4030 del 2020, dep. 2021, COGNOME, conformi, tra le molte, Sez. 1, n. 36940 del 28/06/2022, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 38401 del 6/05/2022, Bolognino, non mass.; Sez. 1, n. 43528 del 28/06/2023, COGNOME, Rv. 285204; Sez. 1, n. 11050 del 22/11/2023, dep. 2024, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 18910 del 06/03/2024, COGNOME, non mass.).
3. Tale essendo lo stato dell’elaborazione della giurisprudenza di questa Corte sul tema sottoposto alla cognizione del Magistrato di sorveglianza, è evidente che trattasi di questione che involge diritti soggettivi e il loro esercizio, sicché i relativo reclamo deve essere trattato secondo le regole procedimentali di cui al combinato disposto degli artt. 35-bis, 69, comma 6, ord. pen., 666 e 678 cod. proc. pen., previa instaurazione del contraddittorio dovendosi definire con una decisione motivata.
Nell’adottare il provvedimento impugnato, il Magistrato di sorveglianza, ritenendo la materia estranea a quella della «lesione grave e attuale di diritti soggettivi» non si è attenuto al principio di diritto secondo cui «in tema di ordinamento penitenziario, a fronte del reclamo proposto dal detenuto, il magistrato di sorveglianza è chiamato a procedere alla corretta qualificazione dello strumento giuridico azionato, verificando, preliminarmente, se sia configurabile, in relazione alla pretesa dedotta, una situazione di diritto soggettivo e se vi sia una correlazione tra tale posizione soggettiva e la condotta tenuta dall’Amministrazione penitenziaria; in caso di riscontro negativo, il reclamo deve essere qualificato come generico ex art. 35, comma 1, n. 5, ord. pen., trattandosi di materia che non rientra nelle previsioni di legge in tema di tutela giurisdizionale, e il relativo provvedimento deve essere ritenuto non impugnabile» (Sez. 1, n. 28258 del 09/04/2021, Gallico, Rv. 281998).
Da quanto esposto, discende l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Magistrato di sorveglianza di L’Aquila.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Magistrato di sorveglianza di L’Aquila. Così deciso il 10/07/2024