Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38220 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38220 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BIANCO il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 12/03/2024 del GIUD. SORVEGLIANZA di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME lette/sefit-ite le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede la riqualificazione del ricorso ex art. 568, comma 4, cod. proc. pen. in reclamo ex art. 35-bis, comma 4, legge 26 luglio 1975, n. 354, con trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di L’Aquila.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza del 12 marzo 2024 del Magistrato di sorveglianza di L’Aquila, che ha rigettato il reclamo ex art. 35-bis Ord. pen. avverso il provvedimento dell’Amministrazione penitenziaria che ha previsto l’obbligo, per i detenuti in regime differenziato ex art. 41-bis Ord. pen., di riconsegnare pentolame, fornellino e stoviglie al personale di Polizia penitenziaria dalle 20:00 alle 7:00 del giorno successivo.
Il Magistrato di sorveglianza, non ritenendo che il reclamo avesse a oggetto una lesione di un diritto soggettivo del detenuto, ma solo determinazioni assunte nell’ambito dell’organizzazione interna dell’Istituto detentivo, ha riqualificato l’istanza come reclamo generico ex art. 35 Ord. pen., rigettandola nel merito.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 35-bis, 69, comma 6, Ord. pen. e 666, comma 2, cod. proc. pen., perché il Magistrato di sorveglianza avrebbe omesso di considerare che il reclamo del detenuto aveva a oggetto una questione inerente una lesione di un diritto soggettivo dello stesso, non definibile mediante una procedura de plano, come avvenuto nel caso di specie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Giova in diritto evidenziare che la sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 2018 ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 41-bis, comma 2-quater, lett. f), Ord. pen., limitatamente alle parole «e cuocere cibi», dopo aver evidenziato che il divieto di cottura dei cibi, in quanto previsto in via generale e astratta in riferimento ai detenuti sottoposti al regime penitenziario differenziato, fosse privo di ragionevole giustificazione, in quanto incongruo e inutile, alla luce degli obbiettivi cui tendono le misure restrittive autorizzate dalla disposizione in questione. Esso si pone in contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost., configurandosi come un’ingiustificata deroga all’ordinario regime carcerario, dotato di valenza meramente e ulteriormente afflittiva.
Il giudice delle leggi, inoltre, ha evidenziato che non era imprescindibile accertare o meno l’esistenza di un diritto fondamentale dei detenuti a cuocere i cibi nella propria cella, ma era necessario riconoscere anche a chi si trovasse ristretto, secondo le modalità di cui all’art. 41-bis Ord. pen., la possibilità accedere a piccoli gesti di normalità quotidiana.
Pertanto, il citato intervento della Corte costituzionale è circoscritto al divieto assoluto di cuocere i cibi (previsto nel citato articolo per i detenuti sottoposti al regime detentivo speciale), lasciando integra la potestà regolamentare dell’Amministrazione carceraria in materia, rimanendo naturalmente riservata a questa Amministrazione la predisposizione di regole specifiche per l’esercizio di tale diritto, che tengano conto delle primarie esigenze di regolamentazione della vita all’interno dell’Istituto.
Sul punto, però, l’originario indirizzo, secondo cui la questione della individuazione, ad opera dell’Amministrazione penitenziaria, di fasce orarie in cui è permessa la cottura dei cibi da parte dei detenuti soggetti al regime di cui all’art. 41-bis Ord. pen. non incide sul riconoscimento del diritto soggettivo del detenuto, che resta comunque garantito, e costituisce, invece, mera regolamentazione dell’esercizio del diritto, non giustiziabile, in quanto tale, davanti alla magistratur di sorveglianza (Sez. 1, n. 8560 del 17/12/2019, dep. 2020, COGNOME, non mass.), è stato successivamente abbandonato in favore di altro orientamento del quale è espressione Sez. 1, n. 4030 del 04/12/2020, dep. 2021, Gallo, Rv. 280532 – che ammette l’esistenza di uno spazio di sindacabilità in sede giurisdizionale dei provvedimenti con cui l’amministrazione penitenziaria regolamenta l’esercizio del diritto individuando fasce orarie di autorizzazione alla cottura dei cibi.
In forza di quanto sopra, il Collegio ritiene che il reclamo presentata da NOME non doveva essere riqualificato in reclamo generico ex art. 35 Ord. pen., ma doveva essere trattato come reclamo giurisdizionale ai sensi degli artt. 69 e 35-bis Ord. pen., avendo a oggetto un diritto soggettivo dell’interessato.
L’ordinanza del Magistrato di sorveglianza, assunta de plano, deve quindi essere annullata con rinvio, per nuovo giudizio sul punto ai sensi dell’art. 35-bis Ord. pen., con le garanzie di cui agli artt. 666 e 678 cod. proc. pen.
Alla luce dei principi sopra indicati, la Corte deve annullare con rinvio l’ordinanza impugnata.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Magistrato di sorveglianza di L’Aquila. Così deciso il 04/07/2024