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Diritto cottura cibi detenuti: la Cassazione decide

Un detenuto in regime 41-bis ha contestato l’obbligo di riconsegnare l’attrezzatura da cucina durante le ore notturne. Il Magistrato di Sorveglianza aveva respinto il reclamo, considerandolo una questione organizzativa interna. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, affermando che limitare il diritto cottura cibi detenuti incide su un diritto soggettivo e deve essere valutato tramite un reclamo giurisdizionale formale, non con una procedura sommaria. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il Diritto alla Cottura dei Cibi in Carcere: La Cassazione Interviene sul Regime 41-bis

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 38220 del 2024, ha riaffermato un principio fondamentale per la vita carceraria, consolidando il diritto cottura cibi detenuti anche per chi è sottoposto al regime speciale del 41-bis. La decisione chiarisce che le limitazioni a tale diritto non possono essere considerate mere questioni organizzative, ma incidono su un diritto soggettivo che merita piena tutela giurisdizionale.

Il Caso: Limitazioni Orarie alla Cottura dei Cibi

La vicenda trae origine dal reclamo di un detenuto in regime di 41-bis contro un provvedimento dell’Amministrazione penitenziaria. Il provvedimento imponeva l’obbligo di riconsegnare al personale di Polizia penitenziaria pentolame, fornellino e stoviglie dalle ore 20:00 alle 7:00 del giorno successivo. Il detenuto sosteneva che tale limitazione oraria ledesse il suo diritto.

Il Magistrato di Sorveglianza di L’Aquila, tuttavia, aveva riqualificato il reclamo da giurisdizionale (ex art. 35-bis Ord. pen.) a generico (ex art. 35 Ord. pen.), ritenendo che la questione rientrasse nell’ambito dell’organizzazione interna dell’istituto e non violasse un vero e proprio diritto del detenuto. Di conseguenza, aveva rigettato l’istanza con una procedura semplificata (de plano).

La Questione Giuridica: Diritto Soggettivo o Mera Organizzazione Interna?

Il cuore della controversia risiedeva nel determinare la natura della facoltà di cucinare in cella. Si tratta di una semplice concessione soggetta alla discrezionalità organizzativa dell’amministrazione o di un diritto soggettivo tutelabile in sede giurisdizionale?

La Corte di Cassazione ha risolto il dubbio richiamando la fondamentale sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 2018. Quest’ultima aveva già dichiarato l’incostituzionalità del divieto assoluto di cuocere cibi per i detenuti in regime speciale, riconoscendo l’importanza di consentire “piccoli gesti di normalità quotidiana”. Sebbene l’Amministrazione mantenga il potere di regolare le modalità di esercizio di tale diritto (ad esempio, fissando fasce orarie), queste regolamentazioni non possono svuotare il diritto stesso di contenuto e sono soggette al vaglio del giudice.

Il Diritto Cottura Cibi Detenuti e la Decisione della Cassazione

Basandosi su questi presupposti, la Suprema Corte ha stabilito che il Magistrato di Sorveglianza ha commesso un errore nel declassare il reclamo. La limitazione oraria imposta dall’amministrazione penitenziaria, incidendo sulle modalità di esercizio di un diritto soggettivo, doveva essere esaminata attraverso la procedura giurisdizionale prevista dall’art. 35-bis dell’Ordinamento Penitenziario. Questa procedura garantisce il pieno contraddittorio tra le parti, a differenza del rito sommario applicato nel caso di specie.

La Cassazione ha evidenziato un’evoluzione della propria giurisprudenza, superando un precedente orientamento che considerava la fissazione di orari come un atto meramente regolamentare non sindacabile. L’orientamento attuale, invece, ammette la possibilità per il giudice di verificare se i provvedimenti amministrativi che regolano l’esercizio del diritto siano ragionevoli e non eccessivamente afflittivi.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che, una volta riconosciuta l’esistenza di un diritto fondamentale del detenuto a cuocere i cibi, qualsiasi atto amministrativo che ne limiti l’esercizio deve essere considerato come potenzialmente lesivo di tale diritto. Di conseguenza, il detenuto deve avere accesso allo strumento di tutela più efficace, ovvero il reclamo giurisdizionale. Tale procedura, disciplinata dagli articoli 666 e 678 del codice di procedura penale, assicura le garanzie difensive necessarie per un corretto accertamento dei fatti e del diritto. Annullando l’ordinanza, la Cassazione ha quindi affermato che il Magistrato di Sorveglianza dovrà riesaminare il caso nel merito, ma utilizzando la procedura corretta, garantendo al detenuto la possibilità di far valere pienamente le sue ragioni.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La sentenza n. 38220/2024 ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, rafforza la tutela dei diritti dei detenuti, anche di quelli sottoposti ai regimi più severi, confermando che la vita carceraria non è una zona franca dal diritto. In secondo luogo, pone un limite alla discrezionalità dell’amministrazione penitenziaria, i cui atti organizzativi sono soggetti al controllo di legittimità e ragionevolezza da parte della magistratura. Infine, chiarisce definitivamente che le questioni relative alla regolamentazione della cottura dei cibi in cella non sono meri dettagli organizzativi, ma attengono alla sfera dei diritti soggettivi della persona detenuta, la cui compressione deve essere sempre giustificata e proporzionata.

Un detenuto in regime 41-bis ha il diritto di cucinare i propri cibi in cella?
Sì. La Corte Costituzionale (sentenza n. 186/2018) ha dichiarato incostituzionale il divieto assoluto. La sentenza in esame conferma che si tratta di un diritto soggettivo del detenuto, che permette di accedere a “piccoli gesti di normalità quotidiana”.

L’amministrazione penitenziaria può imporre orari per la cottura dei cibi ai detenuti in 41-bis?
Sì, l’amministrazione può regolamentare l’esercizio di questo diritto, ad esempio stabilendo fasce orarie per esigenze organizzative e di sicurezza. Tuttavia, come chiarisce questa sentenza, tali regolamentazioni non possono essere arbitrarie e sono soggette al controllo del giudice.

Qual è lo strumento corretto per un detenuto per contestare le limitazioni orarie alla cottura dei cibi?
La sentenza stabilisce che lo strumento corretto è il reclamo giurisdizionale previsto dall’art. 35-bis dell’Ordinamento Penitenziario. Questo perché la limitazione incide su un diritto soggettivo e richiede una procedura con piene garanzie difensive, e non un reclamo generico trattato con procedura semplificata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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