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Diritto conservazione cibi in carcere: limiti

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza che consentiva a un detenuto in regime 41-bis di acquistare una borsa-frigo rigida. Secondo la Corte, il diritto alla conservazione cibi è sufficientemente garantito dalla borsa-frigo morbida con tavolette refrigeranti sostituibili fornita dall’amministrazione penitenziaria. L’intervento del giudice è legittimo solo in presenza di un pregiudizio grave e attuale ai diritti del detenuto, non per scegliere una soluzione organizzativa migliore di quella già adottata.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto alla Conservazione dei Cibi in Carcere: Quando il Giudice Può Intervenire?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11210 del 2024, torna a definire i confini tra i diritti dei detenuti e l’autonomia organizzativa dell’amministrazione penitenziaria. Il caso in esame riguarda il diritto alla conservazione cibi per un detenuto sottoposto al regime speciale del 41-bis, sollevando una questione cruciale: fino a che punto un giudice può imporre specifiche modalità operative alla direzione di un carcere per tutelare un diritto?

I Fatti del Caso

Un detenuto in regime di 41-bis aveva ottenuto dal Tribunale di sorveglianza l’autorizzazione ad acquistare a proprie spese una borsa-frigo di tipo rigido. La richiesta nasceva dall’esigenza di conservare adeguatamente cibi freschi o surgelati, acquistati o ricevuti durante i colloqui, per poterli poi cucinare in cella. L’amministrazione penitenziaria, invece, consentiva l’uso di una borsa-frigo morbida con mattonelle refrigeranti, da ricaricare nei congelatori della sezione.

Il Tribunale di sorveglianza aveva ritenuto la soluzione dell’amministrazione inadeguata, sostenendo che le mattonelle refrigeranti avessero una durata limitata (circa otto ore) e non garantissero una conservazione ottimale per più giorni. Pertanto, per tutelare il diritto a una sana alimentazione, aveva accolto il reclamo del detenuto. Contro questa decisione, il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Diritto alla Conservazione Cibi

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Ministero, annullando senza rinvio la decisione del Tribunale di sorveglianza. La sentenza chiarisce un principio fondamentale: l’intervento giurisdizionale non serve a scegliere la soluzione migliore o più comoda tra quelle possibili, ma a porre rimedio a una violazione grave e attuale di un diritto soggettivo del detenuto.

Secondo gli Ermellini, il diritto del detenuto a cucinare i propri pasti e, di conseguenza, a conservare correttamente gli alimenti, non era stato negato. L’amministrazione penitenziaria aveva infatti messo a disposizione uno strumento (borsa morbida e tavolette refrigeranti) e una procedura (la possibilità di sostituire le tavolette una volta esaurita la loro capacità refrigerante) idonei a garantire la catena del freddo.

Le Motivazioni

Il cuore del ragionamento della Cassazione risiede nella distinzione tra la tutela di un diritto e l’ingerenza nell’organizzazione dell’istituto. La Corte ha osservato che il Tribunale di sorveglianza non ha dimostrato l’esistenza di un “pregiudizio concreto ed attuale” derivante dal sistema offerto dalla prigione. Al contrario, si è limitato a considerare una soluzione alternativa (la borsa rigida) come “maggiormente idonea”.

Questo approccio, secondo la Suprema Corte, è errato. Il giudice non può sostituirsi all’amministrazione nelle sue scelte organizzative, che devono tenere conto di molteplici fattori, inclusi sicurezza e gestione delle risorse. L’intervento è giustificato solo se la modalità scelta dall’amministrazione si rivela concretamente inefficace a tal punto da ledere in modo grave il diritto del detenuto. In questo caso, la possibilità di sostituire tempestivamente le tavolette refrigeranti è stata considerata sufficiente a garantire il diritto alla conservazione cibi senza interruzioni, rendendo ingiustificato l’ordine di consentire l’acquisto di un diverso dispositivo.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce che il rimedio del reclamo giurisdizionale ex art. 35-bis Ord. pen. è uno strumento di tutela contro lesioni effettive dei diritti, non un mezzo per ottimizzare la gestione carceraria secondo le preferenze del detenuto o del giudice. Per ottenere un intervento correttivo, il detenuto deve dimostrare che la condotta dell’amministrazione gli sta causando un danno grave e reale, non semplicemente un disagio o l’impossibilità di usufruire di una soluzione più comoda. Viene così riaffermata l’autonomia organizzativa dell’amministrazione penitenziaria, che può essere sindacata solo di fronte a palesi e comprovate violazioni dei diritti fondamentali.

Un detenuto può scegliere le modalità specifiche per la conservazione dei cibi in cella?
Non necessariamente. Secondo la Corte di Cassazione, finché l’amministrazione penitenziaria fornisce un metodo che garantisce efficacemente il diritto alla conservazione degli alimenti (come una borsa termica con tavolette refrigeranti sostituibili), il detenuto non può pretendere una soluzione alternativa, a meno che quella fornita non provochi un pregiudizio grave e attuale ai suoi diritti.

Quando un giudice può intervenire nelle decisioni organizzative di un carcere?
L’intervento del giudice è legittimo solo quando un atto dell’amministrazione penitenziaria causa un ‘pregiudizio concreto ed attuale’ a un diritto soggettivo del detenuto, come il diritto alla salute. Il suo ruolo non è quello di scegliere la soluzione organizzativa migliore, ma di rimediare a una violazione effettiva che sta danneggiando un diritto fondamentale.

Il sistema con borsa termica morbida e tavolette refrigeranti è stato considerato una violazione dei diritti del detenuto?
No. La Corte Suprema ha ritenuto tale metodo adeguato a tutelare il diritto. La motivazione si basa sul fatto che la possibilità di sostituire periodicamente le tavolette refrigeranti assicura una refrigerazione continua e costante, prevenendo così il deterioramento dei cibi e garantendo il diritto a una sana alimentazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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