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Diritto allo studio detenuto: Cassazione su pianola

La Corte di Cassazione ha annullato il provvedimento con cui un Magistrato di Sorveglianza aveva confermato il diniego, da parte dell’amministrazione penitenziaria, all’acquisto di una pianola elettrica e di libri da parte di un carcerato. La Corte ha stabilito che il diritto allo studio del detenuto è un diritto soggettivo fondamentale, derivante dall’articolo 27 della Costituzione, e non può essere compresso in modo immotivato, nemmeno per i soggetti sottoposti a regimi speciali come il 41-bis. La negazione totale e senza giustificazione è stata ritenuta illegittima.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto allo Studio del Detenuto: Un Diritto Fondamentale

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7546 del 2025, ha riaffermato un principio cardine del nostro ordinamento: il diritto allo studio del detenuto non è una mera concessione, ma un vero e proprio diritto soggettivo che non può essere negato senza valide e specifiche motivazioni. Questo importante pronunciamento nasce dal ricorso di un carcerato a cui era stato impedito di acquistare una pianola elettrica e dei testi per proseguire i suoi studi musicali, attività che gli era stata precedentemente concessa in un altro istituto.

I Fatti del Caso: Il Diniego dell’Amministrazione Penitenziaria

Un uomo, detenuto presso la Casa Circondariale di Viterbo, si è visto negare dalla direzione del carcere l’autorizzazione all’acquisto di una pianola elettrica e di alcuni libri di studio. L’amministrazione ha giustificato il diniego sostenendo che non vi fosse alcun grave pregiudizio all’esercizio di un diritto. Il detenuto, che in precedenza, presso l’istituto di Sulmona, aveva ottenuto il permesso di studiare musica e usare un pianoforte, ha deciso di contestare la decisione.

Il Percorso Giudiziario e l’Errata Qualificazione del Reclamo

Il detenuto ha presentato reclamo al Magistrato di Sorveglianza, il quale però lo ha rigettato, qualificandolo come un reclamo generico e non come un reclamo giurisdizionale a tutela di un diritto. Secondo il magistrato, non era in gioco la lesione di un diritto soggettivo. Insoddisfatto, il condannato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione del suo diritto allo studio, protetto sia dalla legge sull’ordinamento penitenziario sia, a livello costituzionale, dall’articolo 27 che sancisce la finalità rieducativa della pena.

L’Analisi della Cassazione sul diritto allo studio del detenuto

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ribaltando completamente la prospettiva del giudice di sorveglianza. I giudici hanno chiarito che il magistrato, di fronte a un reclamo, deve prima di tutto qualificare correttamente la natura della richiesta. In questo caso, il diniego all’acquisto di strumenti di studio incideva direttamente su una posizione giuridica protetta: il diritto allo studio. Questo diritto è un elemento fondamentale del trattamento penitenziario e deriva direttamente dal principio costituzionale della funzione rieducativa della pena.

Le motivazioni

La Corte ha specificato che il diritto allo studio non subisce limitazioni nemmeno per i detenuti sottoposti al regime differenziato dell’art. 41-bis. Anche a loro, infatti, è consentito iscriversi a corsi di studio o studiare da autodidatti, e di conseguenza devono poter acquistare libri e materiali necessari. Il diniego dell’amministrazione penitenziaria è stato giudicato “totalmente immotivato e privo di ogni ragionevolezza”, specialmente in assenza di specifiche esigenze di sicurezza che lo giustificassero. Esistono già delle normative, come le circolari del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP), che regolano l’acquisto di libri e oggetti, bilanciando il diritto allo studio con le necessità di sicurezza per evitare comunicazioni illecite. Un diniego assoluto e aprioristico (“tout court”), come quello avvenuto, è quindi illegittimo.

Le conclusioni

Con questa sentenza, la Cassazione ha annullato l’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza e ha rinviato il caso per un nuovo giudizio, che dovrà tenere conto del principio affermato. La decisione rafforza la tutela dei diritti fondamentali delle persone detenute, sottolineando che l’amministrazione penitenziaria non ha un potere discrezionale assoluto, ma deve motivare ogni sua decisione che comprime un diritto soggettivo, operando un corretto bilanciamento tra gli interessi in gioco. Il diritto allo studio del detenuto emerge come uno strumento essenziale per il percorso di reinserimento sociale, un diritto che lo Stato deve garantire e non ostacolare immotivatamente.

Un detenuto può acquistare strumenti musicali o libri per studiare?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il diniego all’acquisto di testi di studio e strumenti come una pianola incide sul diritto allo studio, che è un diritto soggettivo fondamentale del detenuto. L’amministrazione penitenziaria non può negarlo in modo immotivato.

Il diritto allo studio vale anche per i detenuti in regime speciale (art. 41-bis)?
Sì. La sentenza chiarisce che il diritto allo studio non subisce limitazioni nemmeno per i detenuti in regime differenziato. A loro deve essere consentito di svolgere attività di studio, seppur con modalità di acquisto dei materiali regolate per specifiche esigenze di sicurezza.

Cosa può fare un detenuto se l’amministrazione penitenziaria nega un’autorizzazione che lede un suo diritto?
Il detenuto può presentare un reclamo giurisdizionale al Magistrato di Sorveglianza, come previsto dall’art. 35-bis della legge sull’ordinamento penitenziario. Questo strumento serve a verificare se vi è stata la lesione di un diritto soggettivo e, in caso affermativo, a ottenere l’annullamento del provvedimento illegittimo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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