Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2164 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2164 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Napoli il 18/08/1985
avverso l’ordinanza del 27/02/2024 del Tribunale di sorveglianza di Torino lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di sorveglianza di Torino, in data 27 febbraio 2024, ha rigettato il reclamo, proposto da NOME COGNOME detenuto in regime differenziato – avverso l’ordinanza con la quale è stato respinto il reclamo, dal Magistrato di sorveglianza di Novara, avverso provvedimento dell’Amministrazione penitenziaria del 10 giugno 2023, di diniego di colloqui in presenza o tramite video collegamento, con personale docente dell’istituto agrario, per motivi di studio.
2. Propone tempestivo ricorso per cassazione il condannato, per il tramite dei difensori di fiducia, avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME denunciando con, un unico articolato motivo, violazione ed erronea applicazione degli artt. 15, 35-bis, 41-bis Ord. pen., 3, 27, 33, 34 Cost., 2 Prot. 1 CEDU.
Secondo il ricorrente, il Tribunale si è limitato a richiamare assertivamente il contenuto delle due norme contenute nella circolare, con cui il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (da ora DAP) nel 2017, ha regolarizzato il regime detentivo di cui all’art. 41-bis Ord. pen., ovvero le esigenze di sicurezza che lo caratterizzano e, infine, la mancata previsione della possibilità di svolgere video-colloqui col personale docente (cfr. p. 3 del ricorso).
Si tratta di argomento non condivisibile perché, secondo la Consulta, è possibile sospendere, per effetto del regime differenziato, solo l’applicazione di regole e istituti dell’ordinamento penitenziario in concreto contrasto con esigenze di ordine e di sicurezza, non potendosi disporre misure che a quelle concrete esigenze non siano riconducibili (Corte Cost. n. 105 del 2023).
Si richiama precedente di legittimità (Sez. 1, n. 33919 del 2021) secondo cui il regime detentivo speciale è regolato dalla legge con previsioni operanti su un doppio livello, il primo generale, caratterizzato dalla regola della proporzionalità; il secondo indica, invece, i contenuti del regime differenziato medesimo, sicché non sono giustificabili regole che determinino un regime carcerario più duro, rispetto a quello ordinario, sganciate da ragioni e finalità che costituiscono il fondamento del regime differenziato stesso, in quanto finalizzate ad assicurare il mantenimento dell’efficacia preventiva.
Il Tribunale si limiterebbe, quindi, a valorizzare soltanto una norma contenuta nella Circolare citata, senza tenere conto di norme di rango superiore, di tipo costituzionale, che riconoscono e assicurano il diritto allo studio, come gli artt. 33 e 34 Cost. e quella sovranazionale (art. 8 Prot. 1 CEDU), nonché rispetto all’art. 15 Ord. pen.
I detenuti, ristretti al regime speciale, nel carcere di Novara sono seguiti da un solo educatore, il che preclude l’assistenza descritta nella Circolare e disposta, nel caso al vaglio, dal Magistrato di sorveglianza.
Il Tribunale, poi, non avrebbe svolto alcuna motivazione formulando solo considerazioni di tipo apparente, richiamandosi all’assenza di una specifica norma che prevede, per i detenuti, di avere contatti diretti col corpo docente neanche tramite video-colloqui.
Si tratta di omissioni che rendono l’ordinanza illegittima perché priva del tutto di contenuto motivazionale.
3.11 Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Secondo la condivisibile giurisprudenza di legittimità, i colloqui visivi costituiscono un fondamentale diritto del detenuto alla vita familiare e al mantenimento di relazioni con i più stretti congiunti, riconosciuto da numerose disposizioni dell’ordinamento penitenziario, quali gli artt. 28 Ord. pen., secondo cui «particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare, o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie»; 18, comma 3, che riconosce «particolare favore (…) ai colloqui con i familiari»; 1, comma 6, e 15 Ord. pen. (i quali collocano i colloqui nel trattamento, attribuendo loro rilevanza anche ai fini dell’attività di recupero e rieducazione del condannato); 61, comma 1, lett. a), e 73, comma 3, d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, il quale contempla il mantenimento del diritto ai colloqui con i familiari anche in caso di sottoposizione del detenuto alla sanzione disciplinare dell’isolamento con esclusione dalle attività in comune (tra le altre, Sez. 1, n. 7654 del 12/12/2014, dep. 2015, COGNOME, in motivazione; Sez. 1, n. 47326 del 29/11/2011, COGNOME, Rv. 251419; Sez. 1, n. 33032 del 18/4/2011, COGNOME, Rv. 250819; Sez. 1, n. 27344 del 28/5/2003, COGNOME, Rv. 225011).
Un diritto, quello ai colloqui, che, peraltro, presenta un saldo radicamento sul piano costituzionale (cfr. gli artt. 29, 30 e 31 Cost. posti a tutela della famiglia e dei suoi componenti) e convenzionale (l’art. 8, CEDU stabilisce che «ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare …»), sicché le limitazioni all’esercizio di tale diritto devono essere previste dalla legge e devono essere giustificate da esigenze di pubblica sicurezza, di ordine pubblico e prevenzione dei reati, di protezione della salute, dei diritti e delle libertà altrui (così Sez. 1, n. 23819 del 22/6/2020, Madonia, in motivazione).
1.2. Consegue alle considerazioni che precedono che il diritto ai colloqui è pacificamente riconosciuto anche ai ristretti sottoposti al regime differenziato dell’art. 41 -bis Ord. pen., ai quali, nondimeno, si applicano disposizioni restrittive in relazione al numero dei colloqui e alle relative modalità di svolgimento, senza che, però, possa impedirsi al detenuto di accedervi. Infatti, ai sensi dell’art. 41bis, comma 1 -quater, lett. b), Ord. pen., il detenuto sottoposto al regime differenziato ha diritto a un colloquio al mese, con i familiari e conviventi, da svolgersi in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti (con vetro divisorio), con obbligo di controllo auditivo e di registrazione, previa autorizzazione dell’Autorità giudiziaria competente.
L’art. 16 della Circolare DAP del 2 ottobre 2017, disciplina l’organizzazione del particolare regime previsto dall’art. 41 -bis Ord. pen. e stabilisce, da un lato, che il colloquio abbia luogo senza vetro divisorio soltanto nel caso in cui esso
avvenga con i figli e i nipoti in linea retta, che siano minori di dodici anni; e, dall’altro lato, che i colloqui visivi siano circoscritti ai “familiari”, ovvero, second l’indicazione contenuta nella stessa circolare, ai parenti e affini entro il terzo grado.
Tale scelta organizzativa, secondo la costante giurisprudenza di da parte dell’Amministrazione penitenziaria, risponde a un esercizio non irragionevole della discrezionalità alla stessa riconosciuta, riconducibile alla necessità di non pregiudicare le esigenze di controllo, a fronte di un’eccessiva dilatazione della platea dei soggetti autorizzabili al colloquio con modalità derogatorie rispetto alle cautele ordinarie previste dalla richiamata disposizione legislativa (ovvero in locali muniti di vetro divisorio).
1.3. Si osserva, inoltre, che, oltre alla disciplina dei colloqui, i giudici di sorveglianza hanno richiamato, in modo ineccepibile, quanto all’accesso nell’Istituto penitenziario di docenti, l’art. 35 della Circolare DAP, segnalando, dal punto di vista operativo che, comunque, i rapporti con il corpo docente possono essere tenuti per il tramite degli operatori specializzati, interni alla struttura carceraria, cui i detenuti iscritti ai corsi di istruzione possono rivolgersi per le specifiche esigenze.
A fronte di tali argomenti, invero, il ricorrente non si confronta, se non in modo parziale e strumentale alla sua tesi, con la cornice normativa pertinente al caso di specie e, in particolare, con l’indispensabile necessità di contemperare il diritto allo studio riconosciuto al detenuto, anche se sottoposto al regime differenziato di cui all’art. 41-bis Ord. pen., con le esigenze di ordine e sicurezza cui detto regime è preordinato, invocando il ricorso modalità di collegamento con l’esterno che sono, tuttavia, previste e consentite, ma per diverse finalità e ragioni.
Invece, a parere di questo Collegio, immune da vizi logici e non apparente è la conclusione cui è approdato il Tribunale nell’escludere la sussistenza di un pregiudizio, grave ed attuale, all’esercizio del diritto allo studio in danno del ricorrente, posto che tale diritto – senz’altro centrale, essendo l’istruzione elemento cardine del trattamento carcerario – deve essere in ogni caso, tutelato, ma con inevitabili limitazioni, giustificate dal particolare regime detentivo cui egli è sottoposto e che attengono esclusivamente a determinate modalità di esercizio del diritto stesso.
Invero, si osserva che la normativa richiamata dai giudici di sorveglianza non preclude al detenuto di iscriversi ad un corso di scuola media superiore ledendo il suo diritto allo studio e, anzi, prevede la fruizione di strumenti informatici necessari per lo studio e per la preparazione degli esami a conclusione del percorso.
Tuttavia, per quanto concerne l’ingresso continuativo nell’Istituto di pena di un insegnante o, comunque, l’utilizzo, a fini di studio, del sistema di videocollegamento, previsto per i colloqui in determinate occasioni, ineccepibile è la motivazione nella parte in cui evidenzia che si tratta di modalità non riconosciute dalla normativa penitenziaria e ciò anche per incontestate esigenze di sicurezza, atteso l’elevato rischio di veicolazíone di messaggi da o verso l’esterno, esigenza che proprio il regime differenziato in atto a carico del ricorrente è diretto a prevenire.
Si impone, quindi, il rigetto del ricorso con la condanna alle spese, ex art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 21 novembre 2024
Il Consigliere estensore