Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9075 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9075 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI 052H4H0) nato in MAROCCO il 02/06/1991
avverso la sentenza del 20/06/2024 del GIUDICE COGNOME di Varese
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso contro la sentenza emessa in data 20 giugno 2024 con cui il giudice di pace di Varese lo ha condannato alla pena di euro 10.000 di multa per il reato di cui all’art. 14, comma 5, d.lgs. n. 286/1998 commesso il 26 maggio 2023;
rilevato che il ricorrente deduce la nullità di tutti gli atti del dibattimento pe la violazione dell’art. 143 cod. proc. pen., stante la mancata assistenza di un interprete di una lingua a lui nota, richiesta da lui avanzata ma respinta dal giudice asserendo, erroneamente, che la sua conoscenza della lingua italiana risultava dal verbale di identificazione, così non conformandosi alla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il diritto all’interprete consegue anche ad una mera richiesta dell’imputato;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile per manifesta infondatezza e per contrasto con principi giurisprudenziali in quanto, pur dovendo essere ribadito il diritto dell’imputato alloglotta all’assistenza di un interprete in tutte le fa processuali ed in particolare quando egli partecipi al dibattimento, il giudice ha l’obbligo di verificare l’effettiva necessità di tale assistenza, e può legittimamente dedurre la sufficiente conoscenza della lingua italiana, da parte dell’imputato, da fatti precedenti, come la regolare risposta resa alle Forze dell’Ordine, senza interpreti, per la redazione del verbale di identificazione, contenente anche la nomina del difensore di fiducia, che dimostra che l’imputato ha compreso gli avvertimenti ed ha interloquito in italiano con gli operanti (vedi Sez. 2, n. 8094 del 04/02/2016, Rv. 266238, secondo cui il giudice non è obbligo alla nomina di un interprete quando l’imputato mostri di rendersi conto del significato degli atti processuali);
rilevato che, nel presente caso, la conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputato è deducibile non solo dal contenuto del verbale di identificazione, ma anche dal contenuto del verbale di perquisizione, firmato dall’imputato stesso, nel quale è esplicitamente attestato che egli parla e capisce l’italiano, dal verbale di arresto, nel quale si dà atto che egli “comprende, legge, scrive e si esprime in lingua italiana”, ed altresì nomina il difensore di fiducia, e dal fatto che, alla prima udienza del processo in questione, svoltasi il 18 gennaio 2024, egli, pur essendo presente, non affermò di non capire o parlare la lingua italiana
e non chiese l’assistenza di un interprete, avanzando tale richiesta, improvvisamente, solo alla udienza successiva, tenuta il 20 giugno 2024;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. e alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale, in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente