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Diritto alla salute in carcere: visita medica privata

Un detenuto in custodia cautelare ha richiesto l’autorizzazione per una visita specialistica privata. Il Giudice ha negato, ritenendo la richiesta “esplorativa”. La Corte di Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che il diritto alla salute in carcere permette al detenuto di essere visitato da un medico di fiducia a proprie spese, senza doverne dimostrare la necessità. Il potere del giudice è limitato a verificare che la visita non pregiudichi le indagini, non a sindacare le ragioni mediche.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto alla Salute in Carcere: Visita Medica Privata Senza Se e Senza Ma

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 30970 del 2024, riafferma un principio fondamentale: il diritto alla salute in carcere è un diritto costituzionalmente garantito che non può essere ingiustificatamente compresso. La Suprema Corte ha chiarito che un detenuto ha il diritto di essere visitato da un medico di fiducia a proprie spese, e il giudice non può negare l’autorizzazione sindacando nel merito le ragioni sanitarie della richiesta. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

Il Caso: La Richiesta di Visita Specialistica Negata

Un uomo, detenuto in custodia cautelare, tramite il suo difensore, aveva richiesto al Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) l’autorizzazione per l’accesso in istituto di un medico specialista in psichiatria. L’obiettivo era sottoporre il detenuto a una visita specialistica, a test diagnostici e permettere al professionista di fiducia di conferire con i sanitari del carcere e visionare la cartella clinica.

Sorprendentemente, il GIP rigettava la richiesta, accogliendo il parere negativo del pubblico ministero. La motivazione del diniego si basava sul fatto che l’istanza non documentava le ragioni specifiche della necessità di una visita esterna, apparendo quindi “meramente esplorativa”. Il giudice suggeriva alternative come l’osservazione psichiatrica interna all’istituto o, per valutare la capacità di intendere e di volere, la forma della perizia in incidente probatorio.

La Decisione della Cassazione sul diritto alla salute in carcere

Il difensore del detenuto ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione degli articoli 3 e 32 della Costituzione e dell’art. 11, comma 12, dell’Ordinamento Penitenziario. Questa norma prevede espressamente che i detenuti “possono richiedere di essere visitati a proprie spese da un esercente la professione sanitaria di loro fiducia”.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando con rinvio l’ordinanza del GIP. I giudici di legittimità hanno qualificato il provvedimento impugnato come “abnorme”, ossia un atto emesso in difetto di potere e capace di interferire con un diritto costituzionalmente tutelato.

Il Ruolo del Giudice

La Corte ha chiarito che il potere del giudice di autorizzare la visita medica per un imputato non si estende a una valutazione sulla necessità o sull’urgenza della prestazione sanitaria. Il ruolo del giudice è unicamente quello di verificare che l’iniziativa non abbia “incidenza negativa sugli accertamenti processuali in corso”. In altre parole, il giudice deve assicurarsi che la visita non diventi un pretesto per inquinare le prove o comunicare illecitamente con l’esterno, ma non può sostituirsi al detenuto o al suo medico nella valutazione di un bisogno di salute.

La Tutela di un Diritto Fondamentale

La sentenza ribadisce che il diritto del detenuto di farsi visitare da un medico di fiducia è un’espressione diretta del diritto alla salute, sancito dall’art. 32 della Costituzione. Frustrare questo diritto senza una valida e specifica ragione legata a esigenze cautelari o investigative costituisce un esercizio di potere non previsto dalla legge.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che la norma dell’Ordinamento Penitenziario (art. 11, comma 12) non pone condizioni o limiti alla richiesta di visita medica privata, se non la necessità che l’imputato ottenga l’autorizzazione del giudice che procede. Questa autorizzazione, tuttavia, non è discrezionale nel merito sanitario. Negare la visita perché la richiesta è “esplorativa” o non sufficientemente documentata significa esercitare un potere di sindacato sulle ragioni della richiesta che la legge non conferisce al giudice. Tale comportamento frustra immotivatamente un diritto fondamentale del richiedente, rendendo il provvedimento di diniego abnorme e, quindi, illegittimo.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa sentenza ha importanti implicazioni pratiche per la tutela del diritto alla salute in carcere. Stabilisce chiaramente che:
1. Il detenuto ha un vero e proprio diritto, e non una mera facoltà, a ricevere visite da un medico di fiducia a proprie spese.
2. La richiesta non deve essere corredata da una giustificazione medica dettagliata; è sufficiente la volontà del detenuto di avvalersi di un professionista esterno.
3. Il diniego da parte del giudice può essere legittimo solo se fondato su concrete e specifiche esigenze cautelari o investigative, che devono essere esplicitate nel provvedimento.

In conclusione, la Corte di Cassazione ha rafforzato le garanzie per le persone private della libertà personale, assicurando che il diritto alla salute non sia svuotato di contenuto da interpretazioni restrittive e da un esercizio indebito del potere giurisdizionale.

Un detenuto ha sempre diritto a una visita medica da un professionista di sua fiducia a proprie spese?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, si tratta di un vero e proprio diritto derivante dal diritto fondamentale alla salute. La legge (art. 11, comma 12, ord. pen.) prevede che i detenuti possano richiederlo senza che ricorrano limiti o condizioni particolari, se non la necessità di curarsi.

Qual è il ruolo del giudice nell’autorizzare la visita di un medico privato a un imputato detenuto?
Il ruolo del giudice non è quello di valutare la necessità o l’opportunità medica della visita, ma solo di verificare se e in quali termini l’iniziativa possa avere un’incidenza negativa sugli accertamenti processuali in corso. Non può sindacare le ragioni sanitarie della richiesta.

Perché l’ordinanza del GIP è stata considerata un “provvedimento abnorme”?
È stata considerata abnorme perché è stata emessa in difetto di potere, ovvero il giudice ha esercitato un potere che la legge non gli attribuisce (quello di sindacare la necessità della visita medica). Inoltre, tale atto ha interferito con un diritto costituzionalmente riconosciuto all’indagato, frustrandolo immotivatamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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