LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Diritto alla prova: obbligo del giudice per il teste straniero

La Corte di Cassazione annulla una condanna per reati fiscali, affermando la violazione del diritto alla prova. Un testimone chiave della difesa, non parlante italiano, era stato escluso perché non era stato preannunciato l’uso di un interprete. La Corte ha stabilito che è obbligo del giudice provvedere all’interprete, senza che la difesa abbia oneri di comunicazione preventiva, annullando la sentenza e rinviando per un nuovo processo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritto alla Prova: Testimone Straniero? L’Interprete è un Obbligo del Giudice

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13076 del 2024, riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: il diritto alla prova non può essere sacrificato per mere formalità. La Corte ha chiarito che, se un testimone non parla italiano, è un preciso dovere del giudice nominare un interprete, anche se la difesa non lo ha richiesto preventivamente. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un’imprenditrice condannata in primo e secondo grado per reati fiscali. La difesa aveva basato gran parte della sua strategia sulla testimonianza di una persona chiave che, tuttavia, non era stata ascoltata durante il processo di primo grado.

Il motivo? Il giorno dell’udienza, il Tribunale si era reso conto che il testimone, regolarmente citato e presente, era di nazionalità cinese e non parlava la lingua italiana. Poiché la difesa non aveva preventivamente segnalato la necessità di un interprete, il giudice aveva dichiarato la parte decaduta dalla possibilità di far sentire il teste, revocando di fatto una prova già ammessa. La Corte d’Appello aveva confermato questa impostazione, rigettando la richiesta di rinnovare l’istruttoria dibattimentale per ascoltare il testimone escluso.

La Violazione del Diritto alla Prova

Il difensore dell’imputata ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando proprio la violazione del diritto alla prova. Secondo la difesa, la revoca della testimonianza, già ammessa, sulla base della mancata comunicazione preventiva della necessità di un interprete, costituiva un’illegittima compressione dei diritti difensivi. La questione centrale, quindi, era stabilire se esista un onere per la parte processuale di informare il giudice in anticipo sulle necessità linguistiche di un proprio testimone.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente le ragioni della difesa, annullando la sentenza di condanna e rinviando il processo a una nuova sezione della Corte d’Appello. La motivazione si fonda sull’interpretazione dell’articolo 143-bis del codice di procedura penale.

La norma stabilisce chiaramente che l’autorità giudiziaria nomina un interprete quando una persona che deve rendere una dichiarazione non conosce la lingua italiana. La Corte sottolinea come la legge ponga questo dovere in capo al giudice, senza prevedere alcun onere di comunicazione preventiva a carico della difesa. La condizione per l’applicazione della norma è una sola: l’oggettiva ignoranza della lingua italiana da parte del dichiarante.

Il Tribunale di primo grado, pertanto, ha errato nel dichiarare la difesa decaduta dalla prova. La presenza del teste in aula era sufficiente; di fronte alla sua incapacità di esprimersi in italiano, il giudice avrebbe dovuto semplicemente sospendere e nominare un interprete. La decisione di escludere il testimone si è tradotta in una negazione irragionevole del diritto alla prova.

Di conseguenza, anche la Corte d’Appello ha sbagliato. Trovandosi di fronte a una richiesta di rinnovazione del dibattimento basata su una così palese violazione di un diritto fondamentale, avrebbe dovuto accoglierla ai sensi dell’art. 603, comma 2, c.p.p., senza poterne sindacare la rilevanza, proprio perché la prova era stata illegittimamente negata nel grado precedente.

Le Conclusioni

La sentenza in esame è di fondamentale importanza pratica. Ribadisce che i diritti sostanziali della difesa, come il diritto alla prova, prevalgono su eventuali prassi o formalismi non previsti dalla legge. Non esiste un obbligo per l’avvocato di ‘preavvisare’ il giudice sulla lingua parlata da un testimone. È compito dell’autorità giudiziaria, una volta constatata la necessità, garantire che chiunque debba rendere una dichiarazione possa farlo in modo comprensibile, nominando un interprete. Questa decisione rafforza le garanzie del giusto processo, assicurando che la ricerca della verità non sia ostacolata da ostacoli burocratici non previsti dal legislatore.

La difesa ha l’obbligo di comunicare in anticipo al giudice che un suo testimone non parla italiano e necessita di un interprete?
No. La sentenza chiarisce che l’art. 143-bis del codice di procedura penale non pone alcun onere di comunicazione preventiva a carico della difesa. L’obbligo di nominare un interprete sorge per il giudice nel momento in cui constata che il testimone non conosce la lingua italiana.

Cosa succede se un giudice di primo grado nega illegittimamente l’assunzione di una prova testimoniale?
Se una prova, ritualmente richiesta e ammessa, viene irragionevolmente negata, la parte ha il diritto di chiedere la rinnovazione del dibattimento in appello. La Corte d’Appello, in questo caso, ha l’obbligo di disporre l’assunzione della prova pretermessa, come previsto dall’art. 603, comma 2, c.p.p.

Qual è il dovere del giudice quando un testimone presente in aula non conosce la lingua italiana?
Il dovere del giudice è quello di nominare un interprete. La legge affida questa responsabilità all’autorità giudiziaria procedente per garantire l’effettività del diritto alla prova e la corretta formazione del convincimento del giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati