LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Diritti detenuto: no frigo, sì a borse termiche

La Corte di Cassazione ha stabilito che negare a un detenuto l’uso di un frigorifero o di una borsa frigo rigida non viola i suoi diritti fondamentali, a condizione che l’amministrazione penitenziaria fornisca un’alternativa adeguata per la conservazione degli alimenti, come borse termiche morbide con tavolette refrigeranti sostituibili. La Corte ha ritenuto tale diniego una scelta organizzativa discrezionale, non lesiva del diritto alla salute, e ha dichiarato inammissibile il ricorso del detenuto, confermando la legittimità della decisione del Magistrato di Sorveglianza.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 13 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritti detenuto: Frigo in Cella? La Cassazione chiarisce i limiti

La questione dei diritti detenuto all’interno degli istituti penitenziari è un tema delicato, che bilancia le esigenze di sicurezza e ordine con la tutela della dignità e della salute della persona. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 43623/2024) è intervenuta su un caso specifico ma emblematico: il diritto alla corretta conservazione dei cibi. La Corte ha stabilito che negare l’uso di un frigorifero personale o di sezione è legittimo se l’amministrazione penitenziaria offre alternative valide, come le borse termiche.

I Fatti del Caso

Un detenuto, sottoposto a un regime penitenziario differenziato, aveva presentato reclamo contro la decisione dell’amministrazione carceraria di negargli l’acquisto di una borsa frigo rigida o l’utilizzo del frigorifero di sezione per conservare i propri alimenti. L’istituto penitenziario, per ragioni organizzative e di sicurezza interna, consentiva unicamente l’uso di borse frigo morbide dotate di tavolette refrigeranti, che potevano essere regolarmente sostituite per mantenere la catena del freddo.
Il detenuto, tramite il suo difensore, ha impugnato tale provvedimento, sostenendo che questa limitazione violasse il suo diritto a una sana alimentazione e lamentando vizi procedurali, come l’omessa fissazione di un’udienza per discutere il suo reclamo.

La Decisione della Corte e l’impatto sui diritti detenuto

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del detenuto inammissibile, confermando la piena legittimità dell’operato dell’amministrazione penitenziaria e del precedente provvedimento del Magistrato di Sorveglianza. La sentenza si allinea a un orientamento consolidato, secondo cui le scelte organizzative interne al carcere, se non ledono in radice un diritto fondamentale, rientrano nella discrezionalità dell’amministrazione.
La Corte ha distinto nettamente tra il diritto soggettivo alla salute e a una sana alimentazione, che è inviolabile, e le modalità concrete con cui tale diritto viene esercitato. La fornitura di borse termiche con elementi refrigeranti sostituibili è stata considerata una soluzione idonea a garantire la corretta conservazione dei cibi, e quindi a tutelare il diritto in questione.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su alcuni punti cardine:

1. Discrezionalità Organizzativa: La scelta di non consentire frigoriferi condivisi o borse rigide per motivi di sicurezza e ordine interno è una decisione che spetta all’amministrazione penitenziaria. Tale scelta non può essere sindacata dal giudice se non quando si traduce in una violazione diretta di un diritto fondamentale del detenuto.

2. Modalità di Esercizio del Diritto: Il provvedimento impugnato non nega il diritto alla conservazione degli alimenti, ma ne regola semplicemente le modalità di esercizio. Fornire un’alternativa funzionale (la borsa termica morbida) è sufficiente a bilanciare le esigenze di sicurezza con la tutela della salute.

3. Correttezza della Procedura: Poiché non è stato leso un diritto soggettivo, il Magistrato di Sorveglianza ha correttamente qualificato il reclamo ai sensi dell’art. 35 dell’Ordinamento Penitenziario (relativo alle regole di vita carceraria) e non dell’art. 35-bis (relativo a gravi pregiudizi ai diritti). Questo ha permesso una decisione de plano, ovvero basata solo sugli atti, senza la necessità di un’udienza formale.

4. Aspecificità del Ricorso: La Corte ha inoltre rilevato che il ricorso era generico e in parte non pertinente, menzionando problematiche (come gli orari di cottura) che non avevano alcun legame con l’oggetto della contestazione (la conservazione dei cibi).

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale nella gestione dei diritti detenuto: l’amministrazione penitenziaria gode di un’ampia autonomia nell’adottare misure organizzative volte a garantire la sicurezza e la disciplina interna. Tali misure sono legittime fintanto che non comprimono il nucleo essenziale di un diritto fondamentale. Nel caso specifico, il diritto alla sana alimentazione è stato ritenuto salvaguardato dalla soluzione alternativa proposta, dimostrando che la tutela dei diritti in carcere deve sempre essere bilanciata con le inderogabili esigenze di gestione di un istituto di pena.

Un detenuto ha diritto a usare un frigorifero in cella?
No, non si tratta di un diritto assoluto. L’amministrazione penitenziaria può legittimamente negarne l’uso per ragioni organizzative o di sicurezza, a patto di fornire un’alternativa idonea a garantire la conservazione dei cibi, come borse termiche con tavolette refrigeranti.

Negare l’uso del frigorifero viola il diritto alla salute del detenuto?
Secondo la Corte di Cassazione, no, a condizione che sia garantita una modalità alternativa efficace per la conservazione degli alimenti. La decisione riguarda le modalità di esercizio del diritto alla sana alimentazione, non la sua negazione.

Perché il reclamo del detenuto è stato deciso senza un’udienza?
Il reclamo è stato classificato come una questione relativa alle regole interne dell’istituto (ex art. 35 Ord. Pen.) e non come una violazione grave di un diritto fondamentale (ex art. 35-bis). La legge consente al magistrato, in questi casi, di decidere de plano, cioè sulla base dei soli documenti scritti, senza la necessità di un’udienza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati