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Diritti detenuti: stop a farina e lievito in cella

La Corte di Cassazione ha stabilito che la direzione di un carcere può legittimamente vietare ai reclusi l’acquisto di generi alimentari come farina e lievito per ragioni di sicurezza. Questa decisione, basata sulla potenziale infiammabilità dei prodotti, bilancia i diritti detenuti con le esigenze di ordine interno. La Corte ha chiarito che tale restrizione non viola il diritto alla salute se l’amministrazione garantisce un vitto completo e nutrizionalmente adeguato, e non è discriminatoria se applicata a tutti i reclusi di quell’istituto.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Diritti dei detenuti e sicurezza: la Cassazione sul divieto di farina e lievito

La vita all’interno di un istituto penitenziario è un complesso equilibrio tra la necessità di garantire l’ordine e la sicurezza e il dovere di tutelare i diritti detenuti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato proprio questo delicato bilanciamento, esaminando la legittimità del divieto imposto da un carcere sull’acquisto di farina e lievito da parte dei reclusi. La decisione offre spunti fondamentali per comprendere i limiti delle restrizioni applicabili alla vita carceraria.

I Fatti del Caso: La Questione del Lievito e della Farina in Cella

Un detenuto, sottoposto al regime penitenziario differenziato (noto come 41-bis) presso la Casa circondariale di Sassari, si era lamentato dell’impossibilità di acquistare, tramite il servizio di sopravvitto, farina e lievito. In un primo momento, il Magistrato di sorveglianza aveva accolto il suo ricorso, autorizzando l’acquisto. Contro questa decisione, il Ministero della Giustizia e l’amministrazione penitenziaria avevano proposto reclamo, che era stato però respinto dal Tribunale di sorveglianza.

Il Tribunale aveva ritenuto la limitazione illegittima, sostenendo che non vi fossero adeguate giustificazioni legate alla sicurezza e che il divieto creasse una disparità di trattamento rispetto ai detenuti di altre carceri italiane. Di conseguenza, il caso è approdato dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e i diritti detenuti

La Suprema Corte ha ribaltato le decisioni precedenti, annullando l’ordinanza del Tribunale di sorveglianza e ritenendo legittimo il divieto imposto dalla direzione del carcere. La sentenza chiarisce che le esigenze organizzative e di sicurezza interna possono giustificare specifiche limitazioni, anche quando toccano le abitudini quotidiane dei detenuti.

Le Motivazioni: Sicurezza vs. Diritti Soggettivi

La Corte ha basato la sua decisione su alcuni punti cardine:

1. Prevalenza della Sicurezza: La facile infiammabilità di farina e lievito, attestata da accertamenti tecnici, costituisce una valida ragione di sicurezza per vietarne l’introduzione e la detenzione in cella. La scelta della direzione del carcere rientra quindi in una valutazione organizzativa volta a garantire l’ordine interno.

2. Il Diritto alla Salute non è Violato: I giudici hanno sottolineato che i diritti detenuti, in particolare quello a un’alimentazione sana ed equilibrata, non vengono lesi. Il divieto riguarda solo l’acquisto di specifici generi tramite sopravvitto, ma l’amministrazione penitenziaria garantisce comunque un vitto conforme alle tabelle nutrizionali ministeriali, assicurando una dieta completa.

3. Assenza di Discriminazione: La Corte ha chiarito che il principio di non discriminazione va valutato all’interno del singolo istituto. Poiché il divieto di acquistare farina e lievito si applicava a tutti i detenuti del carcere di Sassari, sia comuni sia in regime differenziato, non si poteva parlare di trattamento discriminatorio. La diversità di regole tra carceri diverse è legittima, in quanto rappresenta un adattamento alle specifiche esigenze e al contesto di ogni singola struttura.

4. Da Diritto a Interesse Legittimo: La possibilità di acquistare specifici beni non essenziali non è un diritto soggettivo assoluto. Diventa un mero interesse legittimo di fronte a provvedimenti organizzativi dell’amministrazione che, se ragionevoli e proporzionati come in questo caso, sono volti a tutelare un bene superiore come la sicurezza interna.

Le Conclusioni: L’Impatto della Sentenza sulla Vita Carceraria

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale dell’ordinamento penitenziario: la condizione detentiva comporta inevitabilmente delle limitazioni ai diritti individuali. Tuttavia, tali limitazioni devono essere giustificate da finalità legittime, come la sicurezza, e non devono mai tradursi in un trattamento contrario al senso di umanità. La decisione della Cassazione conferma l’ampia discrezionalità delle direzioni carcerarie nella gestione della vita interna, a condizione che le scelte siano motivate, proporzionate e non incidano sul nucleo essenziale dei diritti fondamentali della persona, come quello alla salute.

È legittimo per un istituto penitenziario vietare l’acquisto di specifici generi alimentari come farina e lievito?
Sì, secondo la Corte di Cassazione è legittimo se il divieto è basato su obiettive esigenze di ordine e sicurezza interna, come la potenziale infiammabilità dei prodotti, e non incide sul diritto fondamentale del detenuto a un’alimentazione sana, garantita dal vitto fornito dall’amministrazione.

Un divieto applicato a tutti i detenuti di un carcere può essere considerato discriminatorio se in altri carceri quegli stessi beni sono permessi?
No, non è considerato discriminatorio. La Corte ha specificato che la valutazione sulla disparità di trattamento deve essere condotta all’interno del medesimo istituto. Il fatto che diverse realtà carcerarie abbiano regole differenti è considerato un legittimo adattamento delle norme al contesto specifico in cui operano.

Il divieto di acquistare alcuni alimenti viola il diritto alla salute del detenuto?
No, la Corte ha stabilito che il divieto non viola il diritto alla salute e all’alimentazione, a condizione che l’amministrazione penitenziaria continui a fornire un vitto conforme alle tabelle nutrizionali ministeriali, idoneo a garantire una dieta completa ed equilibrata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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