Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44484 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44484 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il 22/08/1960
avverso l’ordinanza del 10/05/2024 del GIUD. SORVEGLIANZA di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Magistrato di sorveglianza di Milano rigettava il reclamo proposto, ai sensi dell’art. 35 Ord. pen., da NOME COGNOME, detenuto sottoposto al regime differenziato di cui all’art. 41-bis, avverso l’obbligatoria consegna, dalle ore 20 fino alle ore 7 del mattino successivo, di fornello e pentolame.
A ragione della decisione, osservava il Magistrato che il divieto contestato, previsto dalla Circolare D.A.P., era giustificato dalla natura pericolosa e potenzialmente offensiva degli oggetti descritti, suscettibili di essere utilizzati in modo improprio dai detenuti, sicché esso non andava a integrare un grave pregiudizio alla sfera dei diritti soggettivi di costoro, ma era, piuttosto riconducibile all’esercizio dei poteri discrezionali riconosciuti all’Amministrazione penitenziaria per esigenze di prevenzione interna dell’istituto di pena.
Con l’unico motivo di ricorso per cassazione proposto dall’interessato, per il tramite del difensore, denunciante l’erronea applicazione degli artt. 35, 35bis e 41-bis Ord. pen., si sostiene che il reclamo avrebbe dovuto essere trattato, in contraddittorio, nelle forme previste dall’art. 35-bis citato, sia per evitare ingiustificate discriminazioni rispetto ai detenuti comuni, sia per salvaguardare il diritto alla salute del ristretto, soprattutto con riguardo al pericolo d “reviviscenza”, attraverso la censurata previsione di cui alla Circolare D.A.P. del 2 ottobre 2017, del divieto di cottura dei cibi dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 186 del 2018.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso, osservando che il Magistrato di sorveglianza aveva correttamente ricondotto il reclamo proposto dal COGNOME nell’ambito dell’esercizio di tutela di un mero interesse legittimo del detenuto alla corretta esecuzione della pena a fronte dell’esercizio dei poteri discrezionali riconosciuti all’amministrazione, funzionali ad esigenze di prevenzione interna dell’istituto penitenziario. Ad avviso del Procuratore generale, inoltre, il provvedimento impugnato non si porrebbe in contrasto con la sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 2018, invocata dal ricorrente e relativa al divieto di cuocere i cibi per i detenuti in regime differenziato, atteso che, in un’ottica di corrispondenza mezzi-fini, il contingentamento operato dalla Circolare D.A.P. nel noto arco temporale giornaliero non vieterebbe tout court la cottura o l’uso del pentolame e non arrecherebbe, perciò, il gravissimo pregiudizio ad alimentarsi prospettato.
Nell’interesse del ricorrente, è stata trasmessa, in via telematica, memoria di replica alla requisitoria del Procuratore generale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile per le ragioni che seguono.
Occorre premettere che, in tema di ordinamento penitenziario, a fronte del reclamo proposto dal detenuto, il Magistrato di sorveglianza è chiamato a procedere alla corretta qualificazione dello strumento giuridico azionato, verificando, preliminarmente, se sia configurabile, in relazione alla pretesa dedotta, una situazione di diritto soggettivo e se vi sia una correlazione tra tale posizione soggettiva e la condotta tenuta dall’Amministrazione penitenziaria; in caso di riscontro negativo, il reclamo deve essere qualificato come generico ex art. 35, comma 1, n. 5), Ord. pen., trattandosi di materia che non rientra nelle previsioni di legge in tema di tutela giurisdizionale, e il relativo provvedimento deve essere ritenuto non impugnabile (fra molte, Sez. 1, n. 28258 del 09/04/2021, Gallico, Rv. 281998 – 01: fattispecie in cui la Corte ha ritenuto correttamente qualificato come reclamo generico quello proposto dal detenuto avverso la decisione dell’Amministrazione penitenziaria di non consentirgli l’accesso a canali televisivi diversi da quelli di cui alla circolare del D.A.P. del 2 ottobre 2017, non incidendo sul diritto all’informazione garantito dall’accesso alla stampa periodica e dall’offerta televisiva autorizzata).
Di conseguenza, va dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto avverso un’ordinanza emessa dal Magistrato di sorveglianza a seguito di un reclamo generico in ordine a provvedimenti che non incidono sui diritti soggettivi del detenuto, ma solo sulle modalità di esercizio di esso, che restano affidate alla discrezionalità dell’Amministrazione penitenziaria in funzione delle esigenze di ordine e disciplina interne (Sez. 1, n. 37298 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282010 – 01).
Nella vicenda di specie, il Magistrato di sorveglianza di Milano ha correttamente escluso, nel rigettare il reclamo proposto dall’odierno ricorrente, volto alla disapplicazione della Circolare D.A.P. n. 3676/2126 del 2 ottobre 2017, l’incidenza di detta Circolare sui diritti soggettivi del detenuto in materia alimentare, ravvisando, piuttosto, nelle disposizioni d’interesse, la finalità di salvaguardare le esigenze di prevenzione interne all’istituto di pena attraverso scelte discrezionali affidate all’Amministrazione incidenti sulle modalità di esercizio dei diritti soggettivi suddetti.
Vengono, in particolare, in considerazione, gli artt. 6 e 8 della richiamata Circolare, riguardante i detenuti sottoposti al regime differenziato di cui all’art. 41bis Ord. pen.
L’art. 6 (Consegna e possesso in camera di oggetti e generi), per quel che qui rileva, consente «l’utilizzo di pentolame – nella misura di una pentola di
diametro max di 25 cm, un pentolino max 22 cm in lega di acciaio leggera e una macchinetta per il caffè del tipo moka da una tazza – che potrà essere usato in cella dalle ore 7.00 e fino al ritiro alle ore 20.00 a cura del personale di polizia, e tenute all’interno della bilancetta, chiusa, fuori dalla cella».
Il successivo art. 8 (Uso dei fornelli personali autoalimentati) consente l’utilizzo dei fornelli personali (a gas, fino alla completa installazione in tutti istituti di fornelli ad induzione elettrica) solo per riscaldare cibi già cotti, nonch per la preparazione di bevande calde e cibi di facile e rapido approntamento, ivi compresi i generi surgelati precotti.
Precisa tale disposizione che «il fornello a gas sarà consegnato al detenuto/internato al momento dell’apertura della porta blindata della camera e sarà ritirato alla chiusura del medesimo».
Il primo comma dell’art. 6 citato esplicitamente giustifica le limitazioni imposte al detenuto in relazione a certe tipologie di oggetti in ragione della loro pericolosità e potenziale offensività «per loro natura», aggiungendo che possono essere previste «limitazioni ulteriori a tutela dell’incolumità della salute del detenuto/internato».
Il combinato disposto degli art. 6 e 8 della menzionata Circolare consente, in sostanza, al detenuto soggetto al regime differenziato di avere a disposizione pentolame e fornello a gas «per riscaldare cibi già cotti, nonché per la preparazione di bevande calde e cibi di facile e rapido approntamento» dalle ore 7 del mattino alle ore 20 di sera, quindi, per tredici ore al giorno.
5. Tanto premesso sul piano della regolamentazione amministrativa, va osservato che, se è vero, da un lato, che il diritto all’alimentazione sana del detenuto rientra in quella posizione giuridica attiva, non riducibile per effetto della carcerazione e azionabile, perché meritevole di protezione diretta, attraverso lo strumento del reclamo di cui all’art. 35-bis Ord. pen. (Sez. 1 n. 50731 del 20/10/2023, Ministero della giustizia, non mass.; Sez. 1, n. 33917 del 15/07/2021, Ministero della giustizia, Rv. 281794), è altrettanto vero, dall’altro, che tale diritto è garantito dalla varietà dei prodotti alimentari acquistabili e dalla loro idoneità a corrispondere ai bisogni nutritivi di un individuo sano (Sez. 1, n. 23731 del 17/05/2024, Ministero della giustizia, Rv. 286672 – 01, in motivazione) e non dalla necessaria assunzione del cibo in una determinata fascia oraria.
Nel prospettare una lesione del diritto soggettivo del detenuto a una sana alimentazione, conseguente al divieto di utilizzazione di pentolame e fornello a gas dalle ore 22 alle ore 7 del mattino successivo, il difensore, di fatto, sembra teorizzare, peraltro in modo assolutamente generico e assertivo, sprovvisto di qualsivoglia base medico-scientifica, che la “sana” alimentazione conseguirebbe
esclusivamente all’assunzione di cibo in orario notturno, ossia in un orario abitualmente destinato al riposo.
Come correttamente, seppur sinteticamente, affermato nel provvedimento impugnato, la Circolare più volte menzionata, con le due disposizioni esaminate, non impone affatto, nei confronti dei detenuti sottoposti a regime differenziato, limitazioni irragionevoli sul piano trattamentale, tali da risolversi in un supplemento di ingiustificata afflittività o, addirittura, destinate a connotarsi in termini di contrarietà al senso di umanità, come riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2018 e, ancor prima, nella sentenza n. 351 del 1996, ma obbediscono, come già detto, alla esigenza di tutela dell’incolumità della salute del detenuto/internato, dei compagni di cella e degli operatori penitenziari, da preservare in un orario, come quello notturno, in cui, per intuibili ragioni, la vigilanza degli addetti è meno stringente.
La difesa di COGNOME, tra l’altro, trascura di considerare che la giurisprudenza di legittimità, anche in relazione alle tredici ore giornaliere in cui è consentito al detenuto in regime differenziato di utilizzare pentolame e fornello a gas, ha ritenuto ragionevole e legittima la disposizione del regolamento d’istituto che, incidendo sulle sole modalità di esercizio del relativo diritto, stabilisca il divieto di cottura dei cibi in determinate fasce orarie, a condizione che siffatto divieto trovi plausibile giustificazione in determinate esigenze logistiche ed organizzative dell’Amministrazione penitenziaria e non si traduca, invece, in un mezzo per ottenere, attraverso la differenza di regolamentazione, una maggiore afflittività della detenzione (Sez. 1, n. 43528 del 28/06/2023, Rv. 285204 – 01).
Nella appena descritta situazione, così come, a maggior ragione, in quella di cui si duole il ricorrente, le limitazioni previste non incidono sulla sussistenza del diritto soggettivo ad una sana alimentazione, adeguatamente esercitabile nell’ampia fascia temporale di tredici ore già indicata, ma si risolvono in ragionevoli restrizioni capaci di incidere sulle sole modalità di esercizio del diritto de quo.
In conclusione, il giudice di merito ha correttamente qualificato come generico, ai sensi dell’art. 35, comma 1, n. 5), Ord. pen., il reclamo proposto dal detenuto, sicché va, di conseguenza, dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione dal medesimo proposto.
Dalla declaratoria di inammissibilità discende la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di ipotesi di esonero, al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo indicare in euro tremila.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente