Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7529 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7529 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso presentato da NOME COGNOME nato a Siracusa il 16/07/1970 avverso l’ordinanza emessa l’11/07/2024 dal Tribunale di Sorveglianza di Sassari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 9 maggio 2024 il Magistrato di sorveglianza di Nuoro, per quanto qui d’interesse, aveva accolto il reclamo presentato, ai sensi dell’art. 35bis legge 26 luglio 1975 n. 354 (Ord. pen.), da NOME COGNOME, sottoposto al regime speciale di cui all’art. 41bis Ord. pen., avente ad oggetto il diritto a detenere il pentolame per l’intero arco della giornata e respinto quello avente a oggetto la restituzione della somma di 450,00 euro, relativa al risarcimento dei danni causati dal detenuto alla Casa circondariale di Nuoro.
A ragione dell’accoglimento aveva osservato che in detto istituto di pena vi era disparità di trattamento tra i detenuti comuni, che potevano detenere gli attrezzi per la cottura dei cibi stabilmente nelle camere di sicurezza, e i detenuti sottoposti al regime differenziato, a tanto non ammessi; differenziazione che, siccome non sorretta da motivazioni di ordine e sicurezza, era del tutto ingiustificata.
Quanto, invece, alla restituzione della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno, dopo avere ricostruito analiticamente la vicenda che l’aveva originato (allagamento con acqua saponata della Sezione dove Attanasio era ristretto, con grave pericolo per gli operatori penitenziari e danni alla struttura), aveva evidenziato come il detenuto avesse sottoscritto il verbale di risarcimento del danno, contenente l’espressa indicazione dei danni stimati dall’Ufficio ragioneria e del relativo ammontare, chiedendo la rateizzazione della somma che veniva autorizzata dalla Direzione. A fronte di tanto riteneva inconferente qualsivoglia circostanza fattuale lamentata dal detenuto, non
potendo egli pretendere d’imporre all’Amministrazione come e quando intervenire per il ripristino delle strutture danneggiate.
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di sorveglianza di Sassari ha accolto il reclamo proposto dall’Amministrazione penitenziaria riguardo all’affermato diritto a detenere pentolame per l’intero arco della giornata. Ha, a tal fine, richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità che ha escluso che la predisposizione di fasce orarie per la cottura il riscaldamento dei cibi si risolva, per i detenuti in regime differenziato, nella violazione di un loro diritto soggettivo, precisando che la regolamentazione dell’orario di utilizzo dei fornelli risponde a precise esigenze organizzative inerenti alla cognizione di età della vita detentiva, non precludendo ai detenuti di poter cucinare alimentarsi, ma incidendo esclusivamente sulla modalità di esercizio del loro diritto. Nello specifico, ha poi valorizzato l’obiettiva differenza dei detenuti comuni, le cui celle multiple possono divenire disagevoli e insalubri in caso di contemporanea cottura dei cibi.
Lo stesso Tribunale ha, di contro, dichiarato inammissibile il reclamo di COGNOME concernente la ripetizione della somma versata a titolo di risarcimento del danno, osservando che lo stesso costituiva mera riproposizione di analoga questione vagliata con le ordinanze del 21 marzo 2024 e del 23 maggio 2024, in assenza d’indicazione, con il reclamo di cui si discute, di fatti nuovi.
Ricorre per cassazione COGNOME per mezzo del difensore di fiducia, e deduce due motivi, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Con il primo denuncia violazione di legge in punto di omessa risposta da parte del Tribunale di sorveglianza alla memoria del detenuto in data 3 giugno 2024, allegata agli atti, nella quale si rappresentava la peculiarità della sua situazione: posto che egli svolgeva attività lavorativa di porta-vitto all’interno dello stesso Istituto di pena, con inizio della prestazione lavorativa alle ore 7:00 del mattino, orario coincidente con quello della consegna del fornello e del pentolame, ciò gli impediva di fare colazione prima di iniziare a lavorare. L’omessa valutazione della memoria difensiva, per pacifica giurisprudenza di legittimità, integrerebbe una nullità, riverberante i propri effetti sul provvedimento.
Sotto altro profilo, lamenta la non pertinenza delle sentenze poste dal Tribunale di sorveglianza a fondamento dell’accoglimento del reclamo, inerenti alla questione delle fasce orarie per la cottura dei cibi, dovendo venire qui in rilievo gli arresti, citati dal Magistrato di sorveglianza e dal ricorrente, secondo cui il potere dell’Amministrazione penitenziaria di disciplinare le modalità orarie di esercizio dell’attività di cottura dei cibi all’interno delle camere di detenzione non deve tradursi in una differenziazione del regime penitenziario comune da quello speciale tale da rendere quest’ultimo carattere vessatorio.
3.2. Con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’articolo 666, comma 2, cod. proc. pen. riguardo alla declaratoria d’inammissibilità del reclamo del detenuto in punto di ripetizione della somma versata a titolo di risarcimento del danno.
Il ricorrente denuncia l’erroneità dell’affermazione contenuta nel provvedimento secondo cui la questione era già stata valutata con precedenti ordinanze, poichØ il reclamo si basava su fatti nuovi e, segnatamente, la denunciata violazione dell’articolo 72, comma secondo, d.P.R. n. 230 del 2000, l’allegazione della circostanza che la presenza del danno non fosse per nulla pacifica, nonchØ di quella che i lavori di tinteggiatura erano stati eseguiti ancor prima che egli giungesse nel carcere di Nuoro; tutte questioni il cui carattere di novità impediva la declaratoria di inammissibilità del reclamo.
Il Sostituto Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta depositata in data 28
ottobre 2024, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
E’ manifestamente infondato il primo motivo, nella sua duplice articolazione.
1.1. ¨ principio affermato in sede di legittimità (Sez. 1, n. 4030 del 04/12/2020, dep. 2021, Gallo, Rv. 280532; Sez. 1, n. 21120 del 15/02/2021, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 8560 del 17/12/2019, dep. 2020, COGNOME, non mass.) che la posizione giuridica soggettiva relativa all’ambito di accesso del detenuto all’attività di cottura dei cibi e all’acquisto di generi alimentari, anche in sopravvitto, rientri nell’esplicazione del suo diritto di alimentarsi: le relative facoltà, infatti, costituiscono aspetti aventi immediato riflesso su quel diritto del detenuto, il cui esercizio rileva per preservare, pure sotto tale profilo, la propria salute; fermo restando che eventuali, irragionevoli limitazioni sul piano trattamentale, risolvendosi in un supplemento d’ingiustificata afflittività, sono comunque destinate a connotarsi in termini di contrarietà al senso di umanità, come riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2018.
Nondimeno, costituisce ormai ius receptum , che dalla condizione detentiva non possano non derivare limitazioni anche significative alla sfera dei diritti soggettivi dei ristretti, assunte a partire dall’adozione di provvedimenti organizzativi dell’Amministrazione penitenziaria volti a disciplinare la vita degli istituti garantendo l’ordine e di sicurezza interna e, con essi, l’irrinunciabile principio del trattamento rieducativo; misure che, ove adottate nel rispetto dei fondamentali canoni di ragionevolezza e proporzionalità, incidono legittimamente sulla originaria posizione soggettiva, degradandola a mero interesse legittimo. Pertanto, deve condividersi il rilievo dell’Amministrazione ricorrente secondo cui la regolamentazione degli orari relativi alla cottura dei cibi incide essenzialmente sulle modalità di esercizio del diritto, affidate alla discrezionalità dell’Amministrazione penitenziaria in funzione delle esigenze di ordine e disciplina interne, in una logica di ragionevole bilanciamento tra le differenti esigenze in rilievo, che connotano la vita in comune.
Dunque, proprio perchØ, alla base, Ł configurabile un’originaria situazione di diritto soggettivo, Ł possibile, per il detenuto, investire, attraverso lo strumento del reclamo giurisdizionale, il magistrato di sorveglianza il cui sindacato, circoscritto al solo profilo dei vizi di legittimità dell’atto amministrativo, deve ritenersi estensibile – vertendosi in materia di diritti fondamentali – anche al piano della ragionevolezza e della proporzione della scelta dell’Amministrazione, senza tuttavia sconfinare nel merito, rimesso esclusivamente alla valutazione dell’Amministrazione penitenziaria stessa.
La giurisprudenza di legittimità citata ha, poi, integrato tali considerazioni con un’ulteriore precisazione: se Ł vero che l’Amministrazione penitenziaria può legittimamente disciplinare le modalità orarie di esercizio dell’attività di cottura dei cibi all’interno delle camere di detenzione, Ł altrettanto innegabile che occorre evitare che si crei, tra i detenuti comuni e quelli sottoposti al regime detentivo di cui all’art. 41bis , ord. pen., un’ingiustificata differenziazione del regime penitenziario tale da assumere, in concreto, un carattere sostanzialmente vessatorio per questi ultimi.
Il parametro di riferimento per stabilire la legittimità della regolamentazione dell’esercizio del diritto per i detenuti soggetti al regime differenziato diventa, dunque, il trattamento riservato ai detenuti comuni ristretti presso il medesimo istituto. Ma, si Ł precisato, che ciò che Ł censurabile in sede giurisdizionale, perchØ elusivo della pronuncia n. 186 del 2018 della Corte Costituzionale, non Ł la previsione in sØ di fasce orarie di cottura dei cibi per i detenuti al 41bis differenziate rispetto a
quelle riservate ai detenuti comuni, ma la individuazione di fasce orarie di cottura dei cibi differenziate senza ragioni apprezzabili che giustifichino tale differenziazione, e quindi con l’unica finalità di ottenere, attraverso di esse, una maggiore afflittività della detenzione nel regime speciale rispetto a quella in regime comune (Sez. 1, n. 36940 del 28/06/2022, Ministero della Giustizia in proc. Crea, n.m.; Sez. 1, nn. 38401 del 6/05/2022, Ministero della Giustizia in proc. Bolognino, n.m.).
1.2. In tale cornice, venendo al caso che ci occupa, Ł incontestato che la previsione di fasce orarie Ł stata circoscritta, all’interno dell’Istituto penitenziario in cui Ł allocato il ricorrente, ai soli detenuti sottoposti al regime differenziato e non anche ai detenuti appartenenti agli altri circuiti.
E, tuttavia, il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato la ragione della diversità di trattamento tra detenuti comuni (celle multiple, con inevitabili problemi di salubrità dell’ambiente in caso di cottura temporanea e per tale ragione autorizzati a cucinare liberamente nel corso della giornata) e quelli a regime differenziato, escludendo che se ne dovesse inferire l’inevitabile necessità di garantire anche a coloro che sono ristretti nel regime dell’art. 41bis la possibilità di cucinare cibi a qualsiasi ora, previsione che sarebbe contraria alle regole di qualsiasi organizzazione complessa, anche non penitenziaria, in cui v’Ł coesistenza di persone e condivisione di ambienti comuni.
Dal canto suo, il ricorrente non ha fornito adeguate ragioni per le quali la definizione delle fasce orarie nel corso delle quali Ł consentito cucinare ai detenuti assoggettati al regime differenziato, avrebbe costituito una scelta esorbitante dal ragionevole contemperamento tra il riconoscimento della possibilità di riscaldare liquidi e cibi già cotti e di preparare cibi di facile e rapido approntamento nelle camere detentiva, ai sensi dell’art. 13, comma 4, d.P.R. n. 230 del 2000 (all’esito della pronuncia della Corte costituzionale n. 186 del 2018), e le ulteriori, evidenti, esigenze di organizzazione interna degli istituti penitenziari. Non Ł stato, cioŁ, evidenziato per quali specifiche ragioni la previsione di fasce orarie, stabilita solo per i detenuti assoggettati al regime differenziato, dovesse in concreto considerarsi esorbitante dall’esercizio del potere organizzatorio dell’Amministrazione penitenziaria, perchØ del tutto avulso dal perseguimento delle esigenze connotanti il regime differenziato stesso, tale da comportare una diversificazione di disciplina priva di giustificazioni e, in tal caso, avente carattere irragionevole, perchØ discriminatorio.
1.3. Del pari inammissibile Ł la censura di mancata valutazione della memoria, alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui, se Ł ben vero che «L’omessa valutazione di una memoria difensiva non determina alcuna nullità, ma può influire sulla congruità e sulla correttezza logico-giuridica della motivazione del provvedimento che definisce la fase o il grado nel cui ambito sono state espresse le ragioni difensive» ( ex multis Sez. 1, n. 26536 del 24/06/2020, Cilio, Rv. 279578), si Ł del pari chiarito che la parte che deduce l’omessa valutazione di memorie difensive ha l’onere di indicare, pena la genericità del motivo di impugnazione, l’argomento decisivo per la ricostruzione del fatto contenuto nelle memorie e non valutato dal giudice nel provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 24437 del 17/01/2019, COGNOME, Rv. 276511). Ciò che il ricorrente non ha fatto, limitandosi a lamentare genericamente l’omessa valutazione della memoria.
Il secondo motivo di ricorso Ł inammissibile per a-specificità e, comunque, manifestamente infondato.
Secondo la tesi del ricorrente il reclamo di cui si controverte allegava fatti nuovi e, come tale, non avrebbe potuto essere dichiarato inammissibile.
E, tuttavia, a fronte della specifica motivazione del Tribunale che richiama i due provvedimenti con i quali la questione Ł già stata affrontata, il carattere di novità Ł meramente affermato da COGNOME che non si confronta con l’affermazione, rimasta incontrastata, dell’avvenuto riconoscimento del debito nei confronti dell’Amministrazione penitenziaria, sicchØ ogni questione
relativa al momento in cui quest’ultima, danneggiata, provveda a riparare il danno (che potrebbe anche decidere di non riparare) resta una questione squisitamente civilistica.
Come anticipato, per le ragioni sin qui espresse, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile e il ricorrente dev’essere condannato al pagamento delle spese processuali e, per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000), di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 15/11/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
EVA TOSCANI