Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14978 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14978 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/10/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a CARINI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a MONCALIERI il DATA_NASCITA
avverso il decreto del 09/03/2023 del TRIBUNALE di PALERMO
udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato da NOME COGNOME e la declaratoria di inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
1.Con il decreto impugnato il Tribunale di Palermo sezione Misure di prevenzione, decidendo a seguito di rinvio disposto da questa Corte con sentenza della sezione Quinta penale n. 11576 – 2022, del 25 gennaio 2022, ha rigettato la richiesta di revoca della confisca avanzata nell’interesse di NOME COGNOME, erede del proposto NOME COGNOME e di suo marito, NOME COGNOME, relativamente all’immobile sito in Carini alla INDIRIZZO.
1.1.L’originario provvedimento annullato con rinvio disposto con la descritta sentenza rescindente, emesso in data 20 maggio 2021, aveva rigettato l’incidente di esecuzione promosso nell’interesse di NOME COGNOME, nella qualità di erede di NOME COGNOME, deceduto il 3 marzo 2012, e di NOME COGNOME, coniuge della predetta, riscontrando la circostanza secondo cui il decesso del proposto era intervenuto dopo la discussione in sede di appello, senza svolgere alcuna considerazione dell’altro aspetto segnalato, inerente alla mancata notificazione del decreto di appello all’erede e, quindi, alla mancata conoscenza dello stesso da parte dell’erede istante. Circostanza, questa, che nella prospettazione difensiva imponeva, quanto meno, la rimessione in termini per impugnare il decreto di conferma della confisca.
Il Tribunale, al riguardo, si era limitato a rilevare che il decreto era stato gi impugnato dal coniuge del proposto, laddove ad agire – secondo quanto la medesima ricorrente prospettava – sarebbe la figlia del proposto.
1.2.La sentenza rescindente ha ribadito il principio di diritto secondo il quale è ammissibile il ricorso per cassazione proposto dal difensore degli eredi di persona nei cui confronti potrebbe essere disposta la confisca, sia nell’ipotesi in cui la richiesta di applicazione della misurai patrimoniale sia stata formulata direttamente nei confronti dell’erede, sia nell’ipotesi in cui il procedimento sia proseguito nei confronti dell’erede del proposto, deceduto quest’ultimo, nel corso del procedimento.
In tal caso, infatti, il soggetto interessato, ai sensi dell’art. 4, comm undicesimo, legge n. 1423 del 1956 (attualmente art. 10, comma terzo, d. Igs. n. 159 del 2011) è solo l’erede, al quale, in virtù del rinvio alla discipli codicistica (previsto dagli art. 4, u.c della legge n. 1423 del 1956 e 10, comma quarto, d. igs. n. 159 del 2011) deve applicarsi la previsione di cui all’art. 571, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 136 del 14/10/2015, dep. 2016, Rv. 265676 – 01).
Sicché, in caso di decesso del proposto durante la pendenza del procedimento questo prosegue nei confronti dell’erede al quale sono trasferite tutte le facoltà spettanti al de cuius, compresa quella di impugnare il provvedimento di confisca o la sua conferma.
La pronuncia indicata, nell’affermare la non necessità della procura speciale ai fini della proposizione del ricorso per cassazione, ha precisato che la posizione dell’erede nel procedimento di prevenzione non può essere equiparata tout court a quella di soggetti portatori di un interesse civilistico (Sez. 5, n. 12220 de 12/12/2013, dep. 13/03/2014, Siccone, Rv. 259861) essendo allo stesso riconosciuti, come ha rilevato la giurisprudenza costituzionale, i mezzi probatori e i rimedi impugnatori previsti per il de CUIUS (Corte cost., sentenza n. 21 del 2012) e ha aggiunto che, in altri termini, nel procedimento in questione parti sono i successori a titolo universale o particolare del «soggetto nei confronti del quale potrebbe essere disposta e non quest’ultimo (Corte cost., sentenza n. 21 del 2012).
Sicché, il soggetto interessato di cui al penultimo comma dell’art. 4 legge n. 1423 del 1956 (oggi, art. 10, comma 3, d. Igs. n. 159 del 2011) è – solo l’erede, al quale, in forza del rinvio alla disciplina codicistica previsto dal disposizioni appena richiamate (art. 4, ultimo comma, legge n. 1423 del 1956; art. 10, comma 4, d. Igs. n. 159 del 2011) deve applic:arsi la richiamata previsione dettata dall’art. 571, comma 3, cod. proc. pen.
1.3.Con il provvedimento impugnato, il Giudice del rinvio ha ritenuto la legittimazione di NOME COGNOME in qualità di erede del proposto a richiedere la revoca della confisca dell’immobile sito in Carini alla INDIRIZZO, ritenendo applicabile l’art. 7, comma 2, legge n. 1423 del 1956. Ciò in considerazione del fatto che si tratta di procedimento per il quale, alla data dell’entrata in vigore del d. Igs n. 159 del 2011, era già stata formulata la proposta.
Il Giudice del rinvio ha, inoltre, escluso la natura di prova nuova alla scrittura privata, priva di data certa (e apparentemente risalente al 5 giugno 2003) sottoscritta da NOME COGNOME, dalla moglie, oltre che dalla figlia NOME COGNOME, in cui il proposto dichiarava di essere proprietario, unitamente alla moglie, del terreno sito in Carini alla INDIRIZZO, ma di non avere alcun diritto di proprietà sul cespite per non aver apportato alcunché dal punto di vista finanziario.
Si rileva che si tratta di documento rispetto al quale, secondo il provvedimento impugnato, non vi è prova che sia stato redatto in data anteriore al sequestro.
Inoltre, si tratta di documento che la moglie del proposto si è limitata a controfirmare senza aver, in alcun modo, disposto del suo diritto di proprietà sul terreno e sul fabbricato.
Si rileva, poi, che i ricorrenti non hanno prodotto alcun documento volto a confutare le argomentazioni poste a fondamento della confisca quanto alla mancanza di sufficienti risorse lecite in capo al nucleo familiare del proposto.
Con riferimento alla posizione di COGNOME l’istanza è stata ritenuta inammissibile per carenza di legittimazione attiva.
Unici eredi del proposto in base alla dichiarazione di successione allegata all’istanza, sono stati ritenuti dal Tribunale la moglie e la figlia del COGNOME dalla scrittura privata prodotta, datata 5 giugno 2003, non è stato ricavato alcun titolo di proprietà sul terreno in capo a COGNOME.
2.Avverso detto provvedimento propongono tempestivi ricorsi, con atti separati, COGNOME e COGNOME, denunciando i medesimi vizi, di seguito riassunti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il ricorso di NOME COGNOME denuncia violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 24 e 18, comma 2, d. lgs. n. 159 del 2011.
Il Tribunale, a fronte della richiesta della difesa di declaratoria d inefficacia del provvedimento di confisca emesso in grado di appello, onde consentire agli eredi di partecipare al giudizio o, in via gradata, di rimessione in termini per impugnare il provvedimento di secondo grado, non ha acquisito il fascicolo di secondo grado relativo al procedimento di merito in grado di appello, per consentire l’attuazione della previsione cP cui all’art. 18, comma 2, d. Igs n. 159 del 2011.
Il Tribunale ha ritenuto applicabile al caso in esame l’art. 7, comma 2, d. 1gs. n. 159 del 2011, ledendo così la previsione di cui all’art. 24 Cost., perché non ha consentito all’erede alcuna partecipazione al giudizio di appello e, comunque, di proporre ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte di appello che ha deciso sulla confisca dell’immobile.
Quindi, si insiste per l’annullamento del provvedimento impugnato, affinché la COGNOME, nella qualità di erede del de cuius, unitamente a COGNOME, nella qualità di avente causa da NOME COGNOME, possano esercitare, previa notifica del provvedimento della Corte di appello, del 18 maggio 2012, le proprie difese ivi compreso il diritto di impugnare con ricorso per cassazione il provvedimento.
3.11 Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha fatto pervenire requisitoria scritta con la quale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’impugnato decreto per quanto riguarda NOME COGNOME e la declaratoria di inammissibilità del ricorso di COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile, mentre quello di NOME COGNOME deve essere accolto, per le ragioni e nei limiti innanzi illustrati.
Il Tribunale, con il provvedimento impugnato, giunge a respingere l’istanza di COGNOME perché reputa non documentata la sua, necessaria, qualità di erede.
A fronte di tale espressa ratio decidendi (cfr. p. 6 del decreto) il ricorso non è non specifico tenuto conto che l’impugnazione si incentra sull’originaria richiesta di rimessione in termini per impugnare, da parte dell’erede a titolo universale, senza affrontare, in alcuna parte, il sollevato problema della legittimazione attiva di COGNOME.
Invero, il Tribunale ha concluso per la carenza di tale legittimazione in capo al ricorrente, risultando dalla dichiarazione di successione allegata all’istanza, quali eredi del proposto, soltanto la moglie, NOME COGNOME e sua figlia NOME, escludendo, peraltro, valore probatorio alla scrittura privata del 5 giugno 2003, allegata in copia, quanto alla titolarità, in capo a COGNOME, di un diritto reale sull’immobile confiscato.
Se ne ricava la genericità dell’impugnazione perché non si confronta con la motivazione e le ragioni, in fatto e in diritto, poste a base del rigetto del revoca della confisca pronunciato nei confronti del ricorrente, peraltro con ragionamento del tutto in linea con la giurisprudenza di legittimità.
Questa, invero, ha ripetutamente affermato che il terzo che vanti un diritto reale di garanzia su un bene sottoposto a confisca, ai sensi dell’art. 2-ter L. 31 maggio 1965 n. 575, ha l’onere di provare, nel procedimento di esecuzione avente ad oggetto la confiscabilità del medesimo bene, tra l’altro, la titolarità del diritto, sulla base di un atto di data certa anteriore al sequestro di cui al cita art. 2-ter (Sez. 1, n. 43715 del 13/11/2008, Rv. 242212 – 01; Sez. 1, n. 2501 del 14/01/2009, Rv. 242817 – 01).
Inoltre si è rilevato (Sez. 5, n. 33888 del 24/04/2018, Rv. 273890 – 01) che In tema di misure di prevenzione patrimoniale, i terzi sprovvisti di titolo da opporre alla confisca, ex art. 2-ter legge n. 575 del 1965, non possono investire il giudice dell’esecuzione al fine di accertare l’esistenza del loro diritto ottenere, in tal modo, la revoca della confisca, poiché la questione attinente alla formazione del titolo deve essere devoluta alla cognizione del giudice civile.
3.Quanto al ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME si osserva, preliminarmente, che è pacifico che il proposto è deceduto dopo lo svolgimento del giudizio avente ad oggetto l’appello avverso il provvedimento di confisca di primo grado, però prima della decisione finale, quindi secondo il
dictum della sentenza rescindente, andava affrontato il tema dell’impugnabilità, con il ricorso per cassazione, da parte della COGNOME, del decreto della Corte di appello di conferma di quello di primo grado.
Su tale specifico punto, come richiesto dal Sostituto Procuratore generale, si deve disporre l’annullamento con rinvio del decreto impugnato, stante il vincolo derivante dal contenuto della sentenza rescindente, in base al quale deve essere riconosciuto il diritto dell’erede all’impugnazione del decreto di conferma della confisca del 2012, mai notificato alla COGNOME.
In definitiva, la sentenza rescindente ha affermato che I comma 2 dell’art. 18 d. Igs. n. 159 del 2011, anche alla luce dell’interpretazione già fornita dalla giurisprudenza di legittimità, garantisce all’erede sia la sua partecipazione al giudizio in corso, all’indomani del decesso del de cuius, sia, a maggior ragione, la notifica del provvedimento conclusivo affinché sia posto nelle condizioni di esercitare il suo autonomo diritto di impugnare.
Il Tribunale, invero, su tale punto devoluto, opera un distinguo assumendo che ben avrebbe potuto la ricorrente chiedere la rimessione in termini per impugnare il decreto, quanto meno al momento dell’avvenuta conoscenza del provvedimento adottato dalla Corte di appello, anche se mai notificatole. Ciò a far data dal 14 gennaio 2019, cioè dal momento della proposizione del deposito del primo ricorso per cassazione da parte della odierna ricorrente nel presente giudizio.
Tuttavia, questo Collegio deve riscontrare che dalla sentenza rescindente si ricava il dictum, vincolante per il giudice del rinvio, secondo il quale, nella specie, avrebbe dovuto essere notificato il decreto di appello e, quindi, rimessa in termini la COGNOME per impugnare con il ricorso per cassazione il decreto di conferma della confisca.
Secondo la sentenza rescindente, infatti, nella qualità di erede questa doveva essere destinataria della notifica, carenza che non si traduce nell’inefficacia di quel decreto ma nel diritto a chiedere la rimessione in termini per impugnare il decreto di appello.
Invero, la sentenza di annullamento con rinvio ha esposto che, nel caso, come quello di specie, in cui il procedimento è proseguito nei confronti dell’erede del proposto, deceduto nel corso di questo, il soggetto interessato, ai sensi dell’art. 4, comma undicesimo, legge n. 1423 del 1956 (attualmente art. 10, comma terzo, D.Lgs. n. 159 del 2011), è solo l’erede, al quale, in virtù del rinvio alla disciplina codicistica previsto dagli art. 4, u.c. legge n. 1423 del 1956 e 10, comma 4, d. Igs. n. 159 del 2011), deve applicarsi la previsione di cui all’art. 571, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 136 del 14/10/2015, dep. 2016, Rv. 265676 – 01), con la conseguenza che, a fronte del decesso del proposto durante la pendenza del procedimento questo prosegue nei confronti dell’erede al quale
sono trasferite tutte le facoltà spettanti al de cuius, c:ompresa quella di impugnare il provvedimento di confisca o la sua conferma.
La pronuncia ha ribadito che la posizione dell’erede nel procedimento di prevenzione non può essere equiparata tout court a quella di «soggetti portatori di un interesse civilistico» (Sez. 5, n. 12220 del 12/12/2013, clep. 2014, Siccone, Rv. 259861) essendo allo stesso riconosciuti’ come ha rilevato la giurisprudenza costituzionale, «i mezzi probatori e i rimedi impugnatori previsti per il de cuius» (Corte cost., sentenza n. 21 del 2012), e ha aggiunto che, in altri termini, nel procedimento in questione parti sono i «successori a 1:itolo universale o particolare» del «soggetto nei confronti del quale potrebbe essere disposta» e non quest’ultimo (Corte cost., sentenza n. 21 del 2012), sicché il soggetto «interessato» di cui al penultimo comma dell’art. 4 I. n. 1423 del 1956 (oggi, art. 10, comma 3, d. Igs. n. 159 del 2011) è solo l’erede, al quale dunque, in forza del rinvio alla disciplina codicistica previsto dalle disposizioni appena richiamate (art. 4 u.c. I. n. 1423 del 1956; art. 10, comma 4, d. Igs. n. 159 del 2011), deve applicarsi la previsione dettata dall’art. 571, comma 3, cod. proc. pen.
Del resto, non si può non notare, come sottolineato dal Tribunale nel provvedimento impugnato che, in sostanza, si tratta di atto dal contenuto divenuto conosciuto dall’erede odierna ricorrente, quanto meno alla data del primo ricorso per cassazione, senza che sia stata chiesta la rimessione in termini.
Tuttavia, va tenuto conto che il decreto di conferma della Corte di appello è atto che, secondo la sentenza rescindente, non è inefficace ma, anzi, produce effetti direttamente in capo all’erede, a seguito del decesso del de cuius, effetti che, secondo il dictum della sentenza di annullamento con rinvio, si producono soltanto con la notifica del detto decreto onde rimettere in termini l’erede per impugnare, richiesta che, in via subordinata, risulta espressamente formulata nell’interesse dalla COGNOME, al Tribunale.
2.Deriva da quanto sin qui esposto, l’annullamento del decreto impugnato, con rinvio al Tribunale di Palermo, sezione Misure di prevenzione, quanto alla posizione della COGNOME, nonché la declaratoria di inammissibilità del ricorso di COGNOME, con la condanna del ricorrente alle spese processuali e al pagamento dell’ulteriore somma indicata in dispositivo, in favore della Cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, importo che si ritiene di determinare equitativamente, tenuto conto dei motivi devoluti.
Annulla il decreto impugnato in relazione a COGNOME NOME e rinv per nuovo giudizio al Tribunale di Palermo sezione Misure di Prevenzione. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME e condanna il ricorrente pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore del Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 ottobre 2023
Il Presidente estensore